Non potrebbero essere più diversi. Donald Trump e Angela Merkel intendono la loro leadership in modi opposti. Trump è un imprenditore ed ex star televisiva che ha fatto dell’imprevedibilità la sua qualità politica (e umana) più forte. Merkel è una leader tenace e navigata, educata nella vecchia DDR, abituata a soppesare ogni dichiarazione e scelta. Anche il momento personale che i due vivono è diverso. Trump è all’inizio della sua avventura, in cerca di conferme e di una fisionomia internazionale. Merkel è da undici anni sulla scena della Germania e del mondo e deve alle prossime elezioni affrontare la prima vera sfida al suo potere.

Eppure quando il presidente americano e la cancelliera tedesca si incontreranno, a Washington, differenze temperamentali e politiche dovranno essere messe da parte in nome della diplomazia e delle rispettive necessità. A prescindere infatti da un forse inevitabile allontanamento tra le due sponde dell’Atlantico (un elemento che si colloca sul lungo periodo e che è già stato percepito durante l’amministrazione di Barack Obama), Germania e Stati Uniti devono almeno cercare qualche forma di accordo sul breve periodo.

Le premesse non sono delle migliori. Per mesi Donald Trump ha accusato Merkel di “rovinare la Germania” accettando migliaia di rifugiati, arrivando anche a definire Hillary Clinton “l’Angela Merkel americana”. Non hanno aiutato altre prese di posizione. Per esempio i dubbi seminati da Trump sulla Nato, definita un’organizzazione “obsoleta”. O le aperture di Trump alla Russia di Vladimir Putin, percepita da Berlino come una minaccia al proprio confine orientale. Il punto più alto della diffidenza tedesca nei confronti di Trump è però sicuramente venuto in tema di Europa. L’appoggio esplicito a Brexit non è piaciuto a ai tedeschi e da Brexit in poi Trump è sempre stato percepito come un problema per la sopravvivenza dell’Unione.

Da parte sua, anche Merkel non ha scherzato in fatto di freddezza nei confronti di Trump. Negli anni, Merkel ha coltivato un rapporto personale di stima con Barack Obama e non era un mistero che la cancelliera tedesca avrebbe preferito la vittoria alle presidenziali di Hillary Clinton. Il messaggio di congratulazioni per Trump inviato a Washington il 9 novembre suonava tutt’altro che caloroso. “Germania e America sono legate da valori comuni – scriveva Merkel – democrazia, libertà, come pure il rispetto per il governo della legge e per la dignità di ogni persona, senza riguardo alla sua origine, colore della pelle, credo, genere, orientamento sessuale e opinione politica. E’ sulla base di questi valori che desidero offrire una stretta cooperazione”. Più che un messaggio di auguri, come si vede, quello di Merkel a Trump suonava come un avvertimento.

I mesi sono passati, il clima di campagna elettorale è svanito e ora i due Paesi sono costretti a collaborare. Una stabilizzazione delle relazioni serve del resto a entrambi. Per quanto riguarda Trump, il presidente americano ha bisogno di dare alcuni segnali precisi in politica estera. Oltre le intemperanze verbali (il telefono sbattuto in faccia al premier australiano) e dichiarazioni shock (l’abbandono della soluzione dei due Stati nel conflitto israelo-palestinese), la politica internazionale di Trump è stata segnata da scarsa chiarezza e molti punti interrogativi; in particolare, per gli europei, i punti interrogativi hanno riguardato il tipo di aperture che l’amministrazione Trump intende fare ai russi.

Sinora i collaboratori di Trump, in particolare il vice presidente Mike Pence e il segretario di stato Rex Tillerson, hanno cercato di buttare acqua sul fuoco delle dichiarazioni del presidente. Proprio Pence è andato all’incontro sulla sicurezza di Monaco rassicurando gli alleati sull’“impegno senza esitazioni” degli Stati Uniti a favore della Nato. E Tillerson ha spiegato che gli Stati Uniti continueranno a ritenere la Russia responsabile per la rottura delle sue promesse sull’Ucraina. Una maggiore stabilità nelle relazioni con la Germania serve quindi agli Stati Uniti di Trump per proiettare un’immagine di credibilità e maggiore stabilità sulla scena internazionale. Senza contare che Washington ha bisogno della Germania per fare pressione sugli altri alleati della Nato, chiedendo maggiori contributi per l’Alleanza Atlantica.

Anche Merkel da parte sua ha bisogno di arrivare a una normalizzazione delle relazioni. Nel momento in cui cerca di ottenere una nuova conferma alla guida della Germania, Merkel ha bisogno di sapere che fine faranno alcune delle iniziative internazionali costruite negli anni di collaborazione con Barack Obama: in particolare il trattato sul clima di Parigi e l’accordo sul libero commercio.

Proprio gli interessi commerciali sono del resto in cima all’agenda di Merkel a Washington. La cancelliera si presenta all’incontro portandosi dietro i ceo di Bmw e di Siemens, oltre ai rappresentanti di altre società con interessi negli Stati Uniti. La speranza è quella di mantenere aperto il canale di comunicazione commerciale tra i due Paesi, superando le minacce di isolazionismo economico di Trump e mostrando che, in fondo, mantenere aperte le frontiere conviene a tutti.

In questo senso va vista, per esempio, la dichiarazione fatta da Merkel proprio in occasione della conferenza sulla sicurezza di Monaco. In risposta a Trump, che si era lamentato per le troppe Mercedes in giro per la Fifth Avenue di New York, Merkel aveva notato tutti gli Iphone in uso presso i delegati di Monaco. “Noi tedeschi siamo orgogliosi dei nostri prodotti, proprio come lo sono gli americani”, aveva detto Merkel, nel tentativo di allontanare i rischi del protezionismo commerciale.

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