Ma il successo alle elezioni politiche del febbraio 2013 ha segnato il trionfo del Movimento Cinque Stelle o l’inizio della sua fine? È una domanda che dobbiamo porci tutti, soprattutto i tanti sostenitori entusiasti degli M5S. Senza pregiudizi. Senza partigianerie. Senza cadere negli insulti fascistoidi.
Lo abbiamo detto tante volte, ma lo ripetiamo: il Movimento ha grandi meriti. È riuscito a dare voce alla rabbia, senza sconfinare nella violenza, nel razzismo come è successo in Francia, Grecia, Olanda e Germania. Anzi, ha difeso la legalità e la Costituzione. Di più, ha riproposto nella politica tanti temi dimenticati: la lotta allo strapotere della finanza e alla corruzione, il contrasto di fenomeni come le slot, la tutela dell’ambiente.
Una sfida che poteva essere utilissima anche ai grandi partiti, come il Pd. Che, invece, l’hanno ignorata. Ma in quel giorno di febbraio è cominciata la vera sfida del Movimento: entrare in contatto con il potere, senza venirne corrotti. Senza cambiare faccia. Selezionare una classe dirigente nuova, dando finalmente spazio al merito e non alla sudditanza. Perché sono capaci tutti, o quasi, a restare puri quando sei forza di opposizione e non devi vedertela con le poltrone, le ambizioni.
Venerdì a Genova è andata in scena una delle pagine più oscure della breve storia del M5S. Questione di merito e di metodo, che in questo caso diventa anche sostanza. Il risultato delle selezioni online e la volontà dei militanti sono stati cancellati con un blitz che ha offerto la vittoria al candidato preferito dai vertici locali e nazionali del Movimento.
Siamo arrivati al punto che il candidato sindaco di Genova è stato eletto dai militanti di tutta Italia. Così il dissenso locale è stato cancellato e il primo cittadino genovese è stato scelto da altri. Un insulto alla città, non solo agli amici dei Cinque Stelle. Affari interni, potrebbe essere liquidata così la questione. E invece no, perché qui entra in gioco il destino di tutti. In questo caso di Genova e dei suoi cittadini.
Da mesi a Genova andava in scena uno spettacolo penoso: il Movimento si dilaniava tra correnti e ambizioni personali, dimenticando il destino di una città. Fino a dover ascoltare il candidato vincitore che in un discorso faceva un elogio dell’appartenenza rispetto alla competenza. Nemmeno Dc e Psi degli anni d’oro arrivavano a tanto. Proprio ciò che il M5S ha sempre detto di voler combattere.
Ecco il punto: barattare l’interesse di una città e della sua gente per quello di un partito. Se fosse così, sarebbe il tradimento più grave che una forza politica possa compiere. Il Movimento Cinque Stelle si è posto obiettivi ambiziosi nel programma. Ma ce n’è uno perfino più grande: rappresentare la speranza. Tradire una speranza, soprattutto se tanti cittadini la considerano l’ultima, sarebbe una colpa imperdonabile.