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Stragi naziste: Italia condanna, Berlino lascia impuniti. Il pm: “Frustrazione. Ma il problema è politico. Anche europeo”

Era il nemico giurato dei nazisti, oggi è un Don Chisciotte contro i mulini del Terzo Reich. Marco De Paolis è il magistrato che per 15 anni ha dato la caccia ai criminali del Führer, facendo finalmente celebrare i processi per stragi come Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto dopo che, per 60 anni, erano rimaste senza colpevoli. Nonostante 57 sentenze di ergastolo inflitte dai tribunali militari italiani, gli ultimi nazisti stanno morendo come hanno vissuto, liberi e impuniti. Nessuno ha mai scontato un solo giorno e sono morti di vecchiaia. Tranne otto, ancora in vita, che la Germania si tiene stretta. Delle tre cose che la giustizia tedesca avrebbe potuto fare – estradarli in Italia per farli arrestare, fargli scontare la pena in Germania o processarli per conto proprio – non ne ha fatta neanche una.

Il magistrato: “Fatto il possibile. Ora è un problema politico”
“Noi dal punto di vista giudiziario abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare. L’esecuzione delle condanne ormai è un problema politico”. Di quale politica? “Italiana, tedesca, forse europea”. Al telefono con ilfattoquotidiano.it, Marco De Paolis, a capo della Procura militare di Roma, parla di “frustrazione” e di “aspettativa negata”. Difficile da mandar giù per uno che ha investito tutto se stesso in questa missione. “Quanto impegno, quanto lavoro in questi quindici anni. Sono tanti” sottolinea. “I primi mandati d’arresto europei li feci per Sant’Anna nel 2008, 9 anni fa. Non è successo niente” dice. Ma “l’amarezza” più grande per lui è un’altra. “Abbiamo fatto tardi. Oggi parlare di esecuzione della pena per soggetti ultranovantenni è difficile. Ma già nel 1994 eravamo fuori tempo massimo”.

Nel 1994, alla Procura generale militare di Roma furono scoperti 695 fascicoli giudiziari sulle stragi nazifasciste in Italia, occultati dal 1960 in quello che il giornalista dell’Espresso Franco Giustolisi ribattezzò come l’Armadio della Vergogna. Di quei fascicoli, la maggior parte, cioè 214, fu inoltrata alla Procura militare di La Spezia, scalcagnata e sotto organico, ma con un capo determinato, De Paolis appunto, che si ritrovò a indagare, per competenza territoriale, sui casi più gravi: Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto-Monte Sole, San Terenzo Vinca. Ed è riuscito nell’impresa, istruendo 450 procedimenti in una corsa contro il tempo. “Considero comunque un successo aver affermato il principio di responsabilità penale dei colpevoli”.

Il sindaco di Stazzema: “Germania? Vuole occultare la Storia. Oppure riscriverla”
Non si capacita della posizione assunta dalla Germania fino ad oggi, il sindaco di Stazzema Maurizio Verona. Nella frazione di Sant’Anna nel 1944 le SS massacrarono 560 civili. Messa da parte la diplomazia, ha indirizzato una lettera al procuratore militare alla Corte d’Appello Antonio Sabino, che, all’apertura dell’anno giudiziario, ha letto i nomi degli ergastolani a piede libero in Germania. “La giustizia tedesca ha attivato una protezione antistorica di questi criminali” scrive il primo cittadino versiliese, che ce l’ha anche con l’Italia, colpevole di un “consapevole occultamento” durato 60 anni. In difesa di criminali, la giustizia tedesca ha adoperato “cavilli e controcavilli”, “perizie troppo di parte e lacunose”, scrive Maurizio Verona. “Facciamo fatica – conclude il sindaco – a rassegnarci a questa giustizia che vuole occultare o peggio riscrivere la storia”.

Lo storico-consulente: “Per la Germania siamo ancora traditori”
Ma qual è la storia “giusta”? Quello che a noi sembra limpido come il sole, per buona parte della Germania è discutibile. Lo spiega a ilfattoquotidiano.it Paolo Pezzino, lo storico che ha fatto da consulente nei più importanti processi contro i nazisti e che coordina il comitato scientifico per l’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia. “Non concedere l’estradizione dimostra a mio avviso un pregiudizio anti italiano ancora diffuso in alcune parti dell’opinione pubblica tedesca e nelle istituzioni, cioè che gli italiani erano in realtà traditori dell’alleanza con la Germania e questo tradimento fa comprendere, se non giustificare, le violenze fatte, durante l’occupazione, a un popolo, e non solo a un governo, quello di Badoglio, considerato inaffidabile e traditore”. De Paolis e Pezzino hanno scritto insieme La difficile giustizia (Viella, 168 pp., 20 euro) dedicato alla giustizia tardiva, a volte negata, nei processi fatti tra il 1943 e il 2013 ai criminali nazisti colpevoli delle stragi italiane. Il volume è solo il primo di dieci che, firmati dai due esperti, costituiranno una collana sui processi ai criminali nazisti. Il secondo è già uscito e si chiama Sant’Anna di Stazzema (184 pp. 22 euro), mentre i prossimi saranno dedicati ad altre stragi, tra cui quella di Cefalonia.

Uno degli altri punti controversi riguarda i partigiani. “La resistenza armata. Si sostiene che in fin dei conti i partigiani conducessero contro i tedeschi una guerra irregolare, contraria a i principi del diritto internazionale. Secondo questa visione, le stragi dei civili sono da considerare una reazione in eccesso, ma comunque giustificabile”. Si capisce così perché la Germania non ne vuole sapere di consegnare i suoi cittadini all’Italia. “Questo spiega pure perché hanno giudicato negativamente l’operato dei tribunali italiani, sostenendo che non rispondesse a criteri di diritto. Si sono anche rifiutati di accogliere le richieste italiane di far scontare la pena in Germania. Pena che, vista l’età, sarebbe stata non il carcere ma gli arresti domiciliari”.

E che dire dell’insabbiamento durato 60 anni? “Si decise di porre fine a una stagione processuale imbarazzante per molti. Imbarazzante per gli italiani, perché non si poteva sostenere che i tedeschi dovessero essere processati in Italia mentre i militari e politici italiani richiesti in Jugoslavia, in Grecia, non dovevano essere consegnati e peraltro neanche processati in Italia. Il secondo imbarazzo era per la Germania, che voleva riarmarsi nel blocco della Nato e per la quale non era più opportuno menzionare i crimini del passato tedesco” spiega Pezzino. Il nemico comune era diventato l’Unione Sovietica. Fu così che la ragion di Stato uccise due volte le vittime delle stragi.