Il ddl per il quale le Acli avevano raccolto 10 mila firme fermato con 40 voti. Walter Baumgartner, eletto nel Sudtiroler Volkspartei, è andato in pensione con 652mila euro e vitalizio di 4.100 euro. È solo uno dei tanti
Alzi la mano chi ha ricevuto o prevede di ricevere, al momento in cui conclude un lavoro durato quindici anni, una liquidazione di 652 mila euro netti, originata da una base di partenza, prima delle imposte, pari a un milione 63 mila euro. Pochissime persone, salvo i super-manager, possono trovarsi in una condizione del genere. A questi livelli stratosferici arrivano invece i consiglieri regionali del Trentino Alto Adige, i cui vitalizi costituiscono un capitolo un po’ intricato, ma esemplificativo dei benefici di cui continua a godere, nonostante le promesse di riduzioni e di tagli, la casta della politica. Anche perchè, in base al calcolo della previsione di durata della vita, possono incassare una liquidità anticipata.
L’ultimo caso, in ordine di tempo, riguarda Walter Baumgartner, ex consigliere provinciale di Bolzano e regionale del TAA, che, essendo nato a Chiusa il 13 settembre 1956, ha compiuto i 60 anni a fine estate dello scorso anno. E’ così scattato per lui il diritto a percepire il trattamento vitalizio e le indennità di fine mandato previsti nella ricca regione a statuto speciale dove elargizioni e prebende hanno, per l’appunto, un trattamento altrettanto speciale. Una somma non da poco che Baumgartner, della Sudtiroler Volkspartei, ha maturato grazie ai 14 anni, 6 mesi e un giorno di attività politica (1998-2008, 2011-2013 e contribuzione obbligatoria a completamento della legislatura). Il 7 febbraio il presidente del consiglio regionale, Thomas Widmann, ha firmato il decreto che gli assegnava un vitalizio mensile di 4.127 euro e 72 centesimi. Poi è venuto il calcolo del “valore attuale medio” di oltre un milione di euro lordo, una somma da liquidare dopo aver decurtato il 10 per cento di contributo di solidarietà e la tassazione Irpef per 304 mila euro.
La pubblicità di questo caso, a Bolzano e Trento, è caduta nel bel mezzo della bocciatura da parte del consiglio regionale di un disegno di legge di iniziativa popolare presentato dalle Acli. Non sono bastate 10 mila firme per ottenere l’avvio dell’iter per tagliare le indennità (da 9.800 euro a 7.500 euro lordi) e della pensione complementare. Con soli 10 voti a favore, 40 contro e 4 astensioni è stato bocciato il passaggio alla discussione articolata. Commento amaro di Luca Oliver, presidente delle Acli trentine: “L’iniziativa era nata per superare la frattura tra cittadini e politica. Si è persa un’occasione”. Paul Köllensperger (M5S): “Di cattivo gusto aver bocciato la proposta senza discuterla nel merito”. Filippo Degasperi (M5S): “Lo scollamento e la lontananza tra Palazzo e cittadini sono ormai evidenti. Ancora una volta si è voluto chiudere ermeticamente il pentolone”. Non la pensa allo stesso modo Alessio Manica, del Pd: “I consiglieri del Trentino Alto Adige sono tra i più virtuosi, quanto a indennità, a fronte di maggiori competenze”.
Tutto resterà uguale al passato, quindi. E le reazioni non vengono solo dalla politica, ma anche dalla società civile, ad esempio i gruppi che aderiscono al “Forum anti vitalizi” e all’”Associazione contribuenti sudtirolesi”, che hanno deciso di darsi appuntamento in aprile per una sonora contestazione del consiglio regionale. “Lo stipendio, così alto come in Alto Adige, è un insulto nei confronti della gente. I tagli sbandierati in queste settimane dal consiglio provinciale sono ridicoli”, dice Hansi Kofler, a capo del Forum. Alois Pirone aggiunge: “Tre anni dopo, nessuna delle nostre richieste è stata messa in atto”.
L’apparato politico sostiene che i vitalizi sono calati. Ma è davvero così? La questione è annosa. Nel 2014 una legge regionale aveva previsto un taglio medio del 29 per cento dei vitalizi anticipati a 87 ex consiglieri regionali, a cui veniva chiesto di restituire 10 milioni e 148 mila euro di troppo già incassati in base alle norme del 2012. Era il punto di arrivo del dibattito provocato dal Movimento Cinquestelle che aveva quantificato come per 130 persone si fossero spesi 96 milioni di euro: 24 milioni di anticipi, 31 milioni destinati al Fondo Family, oltre 6 milioni per Irap e 31 milioni per l’Irpef. “Ma la legge del 2014 è stata una riforma finta, si sono ridotti gli assegni mensili, ma anche chi non aveva ancora il vitalizio ha ricevuto anticipi che tenevano conto dell’aspettativa di vita e di un tasso di sconto troppo basso” spiega Degasperi. “I maxi anticipi rimangono in essere con limature ridicole frutto non della buona volontà di Pd-Svp-Patt-Upt che hanno voluto la pseudo riforma, ma della Procura della Repubblica che ha indicato chiaramente come i parametri utilizzati fossero stati fraudolentemente manipolati in favore dei consiglieri. E ciò ha dato vita a un procedimento penale ancora in corso”.
Ma è proprio al caso Baumgartner che Degasperi fa riferimento visto che il ricalcolo, tanto pubblicizzato, ha ridotto la somma erogata del 6 per cento. “Hanno solo sbandierato le restituzioni. Nel 2014 la presidenza del consiglio dichiarava: ‘Abbiamo recuperato 45 milioni di euro’. In realtà, al raggiungimento del requisito anagrafico dei 60 anni, tolto qualche arrotondamento, tutto tornerà nelle mani dei consiglieri. E’ una colossale presa in giro dei cittadini”.
Ecco le cifre. In base alla legge del 2012, 87 consiglieri avevano maturato il vitalizio prima della legge 2014, con il diritto al pagamento di 35 milioni di euro quale “valore attuale netto complessivo”, di cui 17,7 milioni anticipati e 17 milioni del Fondo Family. La legge del 2014 aveva poi ridotto i 35 milioni a 24,5 milioni di euro, gli anticipi erano stati ricalcolati in 13,2 milioni di euro e il Fondo Family a 11,6 milioni di euro. Di conseguenza, gli ex consiglieri avrebbero dovuto restituire 10 milioni 148 mila euro. Trascorsi tre anni, le restituzioni delle somme troppo alte anticipate o liquidate sono state di soli 5 milioni e mezzo di euro.
C’è poi la pattuglia dei 40 consiglieri regionali che non avevano maturato il diritto al vitalizio nel 2014 e che quindi dovevano restituire le somme già anticipate dalla Regione. Si tratta di quasi 5 milioni di euro, che potranno incassare al compimento del 60. anno di età, come è accaduto per Baumgartner. Ma soltanto 3 milioni sono stati restituiti. La cifra di 14 milioni risulta invece accantonata nelle quote del Fondo Family attribuite a ciascuno.
In questo meccanismo ci sono degli autentici Paperoni, nonostante le riduzioni. Tra gli 87 ex consiglieri, ecco i principali beneficiari (sopra il mezzo milione di euro): Erich Achmuller 540 mila euro, Johann Karl Berger 525 mila, Margherita Cogo 501 mila, Mauro Delladio 860 mila, l’ex governatore Luis Durnwalder 733 mila, Werner Frick 764 mila, Giorgio Holzmann 632 mila, Mario Malossini 574 mila, Siegfrid Messner 554 mila, Pino Morandini 792 mila, Oskar Peterlini 665 mila, Roberto Pinter 536 mila, Otto Saurer 613 mila. Da quell’elenco emergono non pochi ex consiglieri che devono ancora restituire somme importanti ricevute anticipatamente.
Come Baumgartner, hanno incassato nel 2016 anche Eva Klotz (946 mila euro, meno 17,3%) e il trentino Marco Benedetti (483 mila, meno 28,4%). Ma c’è anche chi rifiuta. Ad esempio l’ex consigliere Vincenzo Passerini che ha annunciato la rinuncia ai 2.000 euro mensili che per lui scatteranno a dicembre 2017. “Nel 2014 restituii spontaneamente quasi 50 mila euro di anticipi sui vitalizi. Ora voglio destinare i 150-200 mila euro dei contributi versati che mi dovrebbero essere restituiti vista la mia rinuncia, a cinque organizzazioni che si occupano di poveri, disoccupati, anziani, persone non autosufficienti, profughi”. La motivazione? “Questa mia scelta vuole essere un atto di giustizia, non di carità, di fronte allo scandalo delle crescenti diseguaglianze e povertà, nella nostra società”.