Carabinieri e polizia stanno verificando se gli autori dei messaggi siano stati ripresi dall’impianto di videosorveglianza della città. Quelle offese sui muri contro il fondatore di Libera e contro gli "sbirri", infatti, rappresentano un segnale inquietante. E non solo perché arrivano poche ore dopo l'intervento del presidente della Repubblica, in un territorio diventato famoso negli anni ottanta per i sequestri di persona
Il fascicolo sulle scritte contro don Luigi Ciotti è già sulla scrivania della Direzione distrettuale antimafia. Carabinieri e polizia stanno verificando se il gesto sia stato ripreso dall’impianto di videosorveglianza della città di Locri, dove si stanno recando i tecnici di una società di Lamezia Terme che hanno in gestione le telecamere a circuito chiuso. Non è escluso che, nel giro di poche ore, gli investigatori possano avere già il nome di chi ha imbrattato diversi muri della cittadina. Solo da lì si può partire per capire di chi è la mano che ha tracciato frasi come: “Don Ciotti è sbirro. È più sbirro il sindaco. Siete tutti sbirri”.
Il messaggio è chiaro anche se occorre sciogliere un interrogativo: si tratta della reazione della ‘ndrangheta alla scelta di Libera di organizzare proprio a Locri la giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia? O è stata un’iniziativa di quell’area grigia, che subisce il fascino delle ‘ndrine e giustifica la presenza della ‘ndrangheta con l’assenza del lavoro? Un “falso storico” quello del lavoro che manca, utilizzato per coprire omicidi, estorsioni, sequestri di persona e il traffico di tonnellate di cocaina che mensilmente le famiglie della Locride fanno arrivare dal Sudamerica.
In ogni caso quelle scritte sui muri contro don Ciotti e contro gli “sbirri“, rappresentano un segnale inquietante. E non solo perché arrivano poche ore dopo l’intervento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che con il suo discorso ha incarnato uno dei momenti più alti per il movimento antimafia nella zona. Locri è il cuore pulsante di un territorio diventato famoso negli anni ottanta per i sequestri di persona. Ma è noto soprattutto per una storica faida familiare: quella tra i Cordì e i Cataldo che ha insanguinato la cittadina di provincia lasciando a terra i cadaveri di boss e gregari della ‘ndrangheta. Un esempio su tutti: l’omicidio di Cosimo Cordì nel 1997, addirittura omaggiato dalla squadra di calcio locale, che scese in campo con il lutto al braccio.
Ma Locri è anche la città di Franco Fortugno, l’ex vicepresidente del Consiglio regionale ucciso nell’ottobre 2005 al seggio delle primarie dell’Ulivo. Sono stati scoperti e condannati i responsabili materiali del delitto, ritenuti vicini agli ambienti della cosca Cordì, ma ancora non si è arrivati a scoprire il famoso “terzo livello” di un omicidio che, nelle sentenze passate in giudicato, è stato definito “politico-mafioso”.
Sull’onda dell’emozione provocata dai cinque colpi di pistola sparati addosso a Fortugno, all’epoca era nato anche il movimento “Ammazzateci tutti” di Aldo Pecora. Un’associazione che aveva promesso il massimo impegno in un territorio ad alta densità mafiosa come quello della Locride. L’entusiasmo, però, si è affievolito con la candidatura di Rosanna Scopelliti a Montecitorio, appoggiata dall’ex governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti, oggi indagato per reato connesso in uno stralcio dell’inchiesta “Mamma Santissima”.
Non c’è solo l’omicidio Fortugno, però, a rendere tristemente famosa la zona. Nel maggio 2005 a pochi chilometri da Locri, a Siderno, è stato ucciso l’imprenditore Gianluca Congiusta. Mario, suo padre, da 12 anni aspetta giustizia e una condanna definitiva per il boss Tommaso Costa. Il processo, dopo l’ergastolo inflitto in primo e secondo grado, si è impantanato in Cassazione con un rinvio che rischia di far crollare tutto l’impianto accusatorio a causa di un vuoto legislativo che impedisce ai magistrati l’utilizzabilità delle lettere che il mafioso ha scritto e ha ricevuto in carcere.
Mario Congiusta ha visto suo figlio crivellato di colpi, vittima innocente di uno scontro tra Tommaso Costa e la cosca Commisso. Da mesi un padre senza giustizia sta chiedendo un incontro con il ministro Andrea Orlando senza ricevere alcuna risposta. Due giorni fa gli ha scritto una lettera aperta e domani il guardasigilli sarà a Locri per la marcia organizzata da Libera.
Non va meglio nei comuni della zona. L’anno scorso è andata in scena la pantomima delle elezioni a Platì e San Luca, ritenute la culla ‘ndrangheta. Il Partito democratico non ha presentato la lista nonostante un anno di promesse, di circoli aperti e chiusi il giorno dopo, di candidati che dovevano portare la democrazia nei Comuni sciolti per mafia.Tra poche settimane a San Luca si torna al voto dopo diversi anni di commissariamento. Ad oggi non ci sono segnali sulle intenzioni del Pd che, a questa latitudine, sembra avere abdicato alle cosche.
Ritornando alle frasi comparse stamattina sui muri di Locri, il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria , Federico Cafiero de Raho, non ha dubbi: “Una scritta di questo tipo corrisponde esattamente alla strategia della ‘ndrangheta che vuole addossare ad altri l’assenza di lavoro. Il lavoro manca perché la ‘ndrangheta impedisce alle imprese di investire. Perché ogni volta che arriva un’impresa, questa viene costretta a subire condizionamenti e pressioni soprattutto economiche. Un esempio? L’impresa che stava ristrutturando i locali della Corte d’Appello. È fuggita all’improvviso. È in questo modo che la ‘ndrangheta toglie il lavoro”.
Sul punto De Raho non accetta discussioni: “Smettiamola di dire cose di questo tipo. Chi le scrive quelle frasi è funzionale agli interessi della ‘ndrangheta, non agli interessi delle persone che vogliono lavorare. La denuncia contro la ‘ndrangheta forse creerà occasioni di lavoro consentendo alle imprese di investire e tornare sul territorio, cosa che oggi non fanno”.
Intanto le scritte sono state cancellate e il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, le ha fatte sostituire con uno striscione dell’amministrazione comunale. “Orgogliosamente sbirri per il cambiamento” c’è scritto fuori dal palazzo del comune. “Condanniamo in modo netto e chiaro – afferma Calabrese – il gesto che qualche deficiente ha portato avanti questa notte imbrattando i muri della città contro don Ciotti e le iniziative di Libera. Quelle scritte sono l’ennesima mortificazione per Locri, dopo che ieri si è parlato in termini positivi della città con un’accoglienza civile del presidente della Repubblica. Questi barbari vogliono mettere in ginocchio Locri. Non lo accettiamo. Noi siamo la Magna Grecia”.