C’è voluta Libera e la Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime della mafia, per sentire un rappresentante dello Stato esprimersi con forza e chiarezza sull’argomento. “La mafia è forte e presente”, ha detto il Presidente della Repubblica ieri a Locri. Un intervento mediaticamente importante, finito su tutte le prime pagine, come se le singole lettere di quel termine fossero state passate a lucido, togliendo dal concetto di mafia quell’aria stantia, polverosa e anacronistica che spesso pare assumere nella cronaca.
Non importa che Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, ci ricordi tutti i giorni che la corruzione è una malattia nazionale, trasmessa più dai funzionari pubblici che dalle coppole. Passa sotto tono anche l’attenzione delle procure antimafia nei confronti dell’ultimo collaboratore di giustizia, Domenico Agresta, noto come Micu McDonald grazie al suo faccione da buongustaio. A soli 28 anni, questo rampollo di una potente famiglia rimasta illesa da faide e “infami”, è testimone e attore della fortunata esportazione della Ndrangheta al nord ed è finalmente disposto a raccontarcela. Assistiamo inermi anche allo sbarco di tonnellate di sostanze stupefacenti, un via vai continuo che ha sballato pure i narcos i quali, nell’ultima spedizione, hanno confuso Salerno con Palermo e forse solo per questo, nel porto campano sono stati intercettati 110 kg di cocaina.
Che negli ultimi 20 anni in Italia siano stati sciolti oltre 250 consigli comunali per mafia, è addirittura una non notizia, insieme al pizzo, una pratica che non è mai morta, ma che si è evoluta al punto da essere quasi legalizzata o comunque normalizzata, dentro le moderne realtà imprenditoriali. Se ne parli vuoi male alla “tua Palermo”, da oggi e per sempre capitale della cultura… altro che mafia!
Oggi però, di colpo si sono svegliati tutti, da Udine a Lampedusa, dalla politica alla Chiesa. Pure la ‘ndrangheta, solitamente silente e mimetizzata, disturbata nel cuore della sua fortezza, stamattina ha espresso la sua sui muri di Locri, dando a Don Ciotti e alla sua carovana dello sbirro e auspicando “più lavoro e meno sbirri” per tutti. Ancora una volta, la storia ci insegna che parlare di mafia, fa male alla mafia. Nonostante ciò, da domani l’argomento tornerà ad essere tabù, una fissa per pochi addetti ai lavori e noiosi cronisti che si ostinano a parlare di pizzo, racket, corruzione e spaccio. Gente pericolosa, che mina quella “sana” aria di ottimismo imposto che sta distorcendo il senso della realtà con buona pace di tutti. Media in primis.
Foto di Libera