La surreale vicenda del cimitero e di un'area da riqualificare con al centro l'antico cimitero che fu venduto agli austriaci e poi allo Stato. Il suo destino si incunea nella mega riqualificazione dell'area progettata dall'architetto Boeri. I rabbini italiani disponibili, gli ortodossi di Usa e Canada non ci stanno e chiedono di fermare le ruspe
Un antico cimitero ebraico, risalente al 1442, si trova nel bel mezzo dell’area interessata a un progetto di riqualificazione urbana per il quale il Comune di Mantova ha già ottenuto un finanziamento pubblico di 18 milioni di euro, all’interno del cosiddetto ‘Bando Periferie’ emanato direttamente dalla Presidenza del Consiglio. Un’idea di rigenerazione urbana basata su un masterplan dell’architetto Stefano Boeri che coinvolgerà un’area di 25mila metri quadrati e che promette di trasformare una zona in forte stato di degrado e insicurezza nel fiore all’occhiello della città. In particolare, per l’area che comprende il cimitero ebraico, il progetto prevede una ‘Piazza della Terra’ con un centro di ricerca ambientale, uno spazio dedicato all’agricoltura e ai prodotti tipici locali e un settore riservato al reinserimento di persone svantaggiate.
Ma il progetto non piace ad alcuni influenti rabbini ortodossi, rappresentanti delle comunità ebraiche statunitensi, canadesi e israeliane che vorrebbero una tutela diversa per il cimitero di San Nicolò dove sono sepolti eminenti cabalisti della tradizione ebraica come Azariah Da Fano e Rabbi Moshé Zacuto. Il potente congresso Rabbinico Centrale di Stati Uniti e Canada, nel febbraio scorso, ha anche inviato una lettera al presidente del consiglio Paolo Gentiloni per scongiurarlo di fermare il piano poiché, a dir loro, equivarrebbe a una profanazione di un luogo sacro. La lettera è l’ultimo atto di una diatriba che sta coinvolgendo anche l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Comunità Ebraica locale e, ovviamente, il Comune di Mantova.
Tutto inizia nel dicembre scorso quando Rav Shmaya Levi, influente rabbino ortodosso israeliano e studioso della storia dell’ebraismo, viene a sapere che il Comune di Mantova ha approvato un maxi piano di riqualificazione urbana su un’area all’interno della quale sorge l’antico cimitero ebraico di San Nicolò autorizzato da Francesco Gonzaga nel 1442 e chiuso da Giuseppe II nel 1786. Il cimitero era stato venduto dalla Comunità ebraica al genio militare austriaco nel 1852 ma, come riportato da alcuni documenti storici presenti nell’Archivio di Stato, il contratto di vendita riportava alcune clausole come quella che il terreno dovesse rimanere libero da costruzioni e a disposizione della Comunità ebraica per nuove sepolture. Nel corso degli anni su una parte dell’area sono stati costruiti cinque capannoni militari e una polveriera napoleonica e nel corso della Seconda Guerra mondiale la caserma è stata trasformata in campo di concentramento per i militari italiani. In questi mesi si sta concludendo il passaggio di proprietà dal Demanio al Comune. Il rabbino israeliano, nonostante tutte queste trasformazioni subite dall’area che è divenuta oramai una selva incolta, ritiene che il piano di recupero del Comune non sia consono e chiede di incontrare il sindaco.
“Nel corso di quell’incontro – spiega l’assessore all’ambiente Andrea Murari – l’amministrazione comunale diede la massima disponibilità a trovare un punto di incontro con i rabbini che prevedesse un’idea progettuale condivisa di tutela del cimitero ebraico. Ma allo stesso siamo stati chiari nel dire che non potevamo fermare tutto e rinunciare a 18 milioni di euro di finanziamenti pubblici”. Nel frattempo il primo cittadino di Mantova chiede e ottiene di incontrare Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei. L’incontro avviene a gennaio del 2017 nella sede comunale di Mantova e sono presenti anche il presidente della Comunità ebraica locale, il sovrintendente ai beni paesaggistici e architettonici e i rappresentanti degli ebrei ortodossi. “In quell’occasione – spiega ancora Murari al fattoquotidiano.it – abbiamo gettato le basi per una collaborazione operativa prevedendo il coinvolgimento dei rappresentanti della Comunità ebraica nel momento in cui si sarebbe arrivati a pensare e progettare una ‘Casa della Memoria‘ nell’area. All’Ucei e alla Comunità ebraica locale abbiamo assicurato che sarà riservata la massima attenzione all’area e che gli interventi saranno rispettosi e non invasivi. Si è anche stabilito che, prima di definire nei dettagli le modalità di tutela, si sarebbero attivati interventi di indagine sotterranea utili a stabilire cosa ancora fosse presente nel sottosuolo. Il tutto a carico del Comune”.
Dall’incontro escono tutti soddisfatti, come conferma anche Noemi Di Segni: “Con l’amministrazione comunale si è convenuto di lavorare nella direzione della tutela dell’area cimiteriale attraverso una serie di passaggi che prevedono il coinvolgimento dei rappresentati della nostra comunità. Alle Comunità ebraiche estere deve essere chiaro che il soggetto istituzionale di riferimento in casi come questo è l’Ucei. In Italia ci sono delle leggi e dei percorsi istituzionali da seguire e siamo noi, come Ucei, che dobbiamo confrontarci con il Comune di Mantova per assicurare che l’area del cimitero di San Nicolò sia adeguatamente tutelata e valorizzata all’interno di un progetto di riqualificazione che non deve essere fermato”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Emanuele Colorni, presidente della Comunità ebraica di Mantova che non esita a definire “assurde” le richieste dei rabbini ortodossi. “La Comunità ebraica di Mantova- precisa Colorni – è estranea alla vicenda, poiché se ne deve occupare l’Ucei. Ma gli ebrei americani e canadesi avanzano pretese che non condivido”.
Ma, a quanto pare, il Congresso Rabbinico Centrale di Stati Uniti e Canada intende continuare a fare di testa propria e, come detto, nei giorni scorsi ha inviato una lettera al presidente Gentiloni. Nella missiva chiede al premier di attivarsi per salvare il cimitero ebraico e impedire che il piano pensato dal Comune di Mantova vada avanti. “Si tratta di un’iniziativa privata dei rabbini stranieri – precisa Noemi Di Segni – e so che non è l’unica. Hanno scritto anche alla Farnesina e alle ambasciate israeliane, statunitensi e canadesi in Italia. Ma l’Ucei vuole dare l’immagine di un ebraismo che si integra e interagisce con la comunità in cui vive. Noi non pensiamo in maniera meno religiosa dei rabbini stranieri, ma dobbiamo rispettare i percorsi istituzionali italiani e per la parte più strettamente spirituale ci avvarremo della consulenza del consiglio dei rabbini italiani. Se non rispettiamo le regole corriamo il rischio che ogni giorno un’associazione diversa vada in pellegrinaggio in Comune a Mantova per avanzar le proprie pretese sull’antico cimitero di San Nicolò e questo non è accettabile”.