FATTO FOOTBALL CLUB - Il match delle 12.30 da sempre indigesto al tecnico del Napoli. "Mi fa schifo", ha detto dopo la vittoria per 3-2 contro l'Empoli. Ma il futuro del nostro campionato è sempre più a Oriente, da dove arrivano gli investimenti. A noi non resta che abituarci
Trent’anni fa anticipi e posticipi erano quasi un’eresia rispetto al dogma delle partite delle 15, oggi sono tradizione. Magari lo diventerà pure l’anticipo di mezzogiorno. Perché il futuro della Serie A è a Oriente. In Cina, o comunque in Russia, nei ricchi emirati degli sceicchi, al massimo in America. Ovunque, ma non in Italia. Già tre club su 20 sono di proprietà straniera, mettiamoci pure il Palermo finito nelle mani di Paul Baccaglini (con tutte le incognite del caso), il Genoa di Preziosi in vendita (si è parlato di arabi), il Milan ammesso che diventi mai cinese. I soldi del pallone arriveranno sempre più dall’estero. E il nostro campionato si adegua. Anche se a qualcuno potrà non piacere.
“Abbiamo giocato in un orario in cui nessuno vuole giocare. Tutti lo pensano, io lo dico: a me fa schifo giocare alle 12.30, perché comporta tutta una serie di problemi in più”. Parole di Maurizio Sarri dopo la sofferta vittoria del suo Napoli sul campo dell’Empoli nell’anticipo di mezzogiorno. Un attacco da tifoso nostalgico, più che da addetto ai lavori. Al tecnico partenopeo, se non altro, va dato atto di essere coerente: non è la prima volta che si sbilancia sulla questione calendario.
Ma la sua uscita è semplicemente anacronistica, oltre che poco fondata. Perché l’evoluzione della Serie A come prodotto da vendere all’estero è inarrestabile. E proprio il suo presidente – quel De Laurentiis che sogna per il futuro la Super Lega europea (di cui non si capisce a che titolo dovrebbe fare parte il Napoli immaginando un torneo con le squadre più famose e titolate del continente) e nell’immediato spinge per aumentare i ricavi commerciali – ne è il suo fautore più accanito.
Prepariamoci al calcio spezzatino. Quello vero, in cui si gioca ogni giorno e ad ogni ora, e la fascia tradizionale delle 15 non sarà più che un orario come un altro per vedere una partita. Sono le linee guida dei pacchetti per la prossima asta dei diritti tv del campionato per il triennio 2018-2021. L’obiettivo è guadagnare ancora di più, sempre di più. I diritti televisivi rappresentano la principale fonte di entrate per le società calcistica. Sarà difficile migliorare la quota già raggiunta del miliardo di euro: l’unico vero margine di incremento è sul pacchetto dei diritti esteri, che nel 2014 hanno fruttato 186 milioni l’anno. Cifra in linea con gli altri principali tornei del continente (Liga, Bundesliga), ma molto inferiore ai 900 milioni della Premier League. Su questo si può lavorare. E allora via allo spacchettamento totale, per offrire anche agli appassionati stranieri partite ad ogni ora del weekend. Anche a mezzogiorno della domenica. Una rivoluzione. Che potrà scontentare qualche nostalgico dei tempi antichi: facile immaginare le proteste delle nonne italiane, che vedono messa a repentaglio la tradizione del pranzo di famiglia domenicale. Più difficile comprendere l’opposizione di un uomo di calcio come Sarri. Che da una parte vuole milioni di euro per blindare i suoi gioielli e rinforzare la squadra, dall’altro dice “no al calcio moderno” facendone parte a pieno titolo.
Per altro nemmeno la sua squadra sembra essere della sua stessa opinione: a Empoli il Napoli in fondo ha vinto, e se non fosse stato per il calo di concentrazione finale la trasferta in Toscana sarebbe stata archiviata come l’ennesima goleada partenopea. Proprio come l’unico precedente stagionale, Cagliari-Napoli 0-5 a dicembre. Di più: quest’anno un po’ tutte le big hanno sperimentato il turno di mezzogiorno, e a parte il Milan (0-1 in casa con la Samp) nessuna ha pagato dazio: non ci sono stati risultati a sorpresa, né partite dall’andamento anomalo. Insomma, giocare a quell’ora comporterà pure “tutta una serie di problemi”, ma numeri alla mano non è un fattore per il campionato.
Avanti tutta con lo spezzatino, allora. È solo l’inizio: fra un paio di settimane Inter-Milan il sabato di Pasqua alle 12.30 sarà praticamente una prova di futuro. Il derby di Milano dei cinesi (veri o presunti) nell’orario più appetibile per il pubblico con gli occhi a mandorla. Mentre i tifosi italiani dovranno rivoluzionare la propria routine, alzarsi prima per correre a San Siro e spostare il pranzo di famiglia, dall’altra parte del pianeta milioni di fan cinesi si godranno lo spettacolo in prima serata, comodamente seduti in poltrona. È anche legittimo: i soldi li mettono loro, e loro decidono quando si gioca. Il calcio a mezzogiorno “fa schifo”? Forse è anche vero. Ma ci abitueremo, si abituerà persino Sarri.
Twitter: @lVendemiale