L'armatore di Moby, che ha comprato l'ex compagnia di navigazione pubblica, deve ancora pagare una tranche all'amministrazione straordinaria della bad company. Poche settimane fa i commissari hanno proposto ad alcuni fondi di investimento di acquistare il credito. Tra loro c'è Beniamino Caravita di Toritto, giurista che ha assistito Moby nelle sue maggiori controversie legali
Cosa pensereste se foste azionisti di una società il cui cda affida il compito di tutelarne un credito di 180 milioni di euro all’avvocato storico del vostro debitore? E se questo avvocato, invece di agire in giudizio, cercasse di ‘rivendere’ il credito (a prezzi di saldo) a fondi di private equity? È quanto sta accadendo a Tirrenia in amministrazione straordinaria, la bad company pubblica, cioè nostra, che ha in pancia gli 800 milioni di euro di debiti frutto delle dissennate gestioni dell’epoca precedente la privatizzazione del 2012. Per ripagare i quali, le attività (navi, personale, rotta) dell’ex compagnia di navigazione di bandiera furono cedute nel 2012 a Cin – Compagnia Italiana di Navigazione, cordata partecipata al 40% (e poi dal luglio 2015 controllata al 100%) da Vincenzo Onorato.
Armatore di Moby, storica concorrente di Tirrenia, Onorato è imprenditore fumantino, amico del Beppe Grillo prepolitica, avvicinatosi in anni più recenti a Matteo Renzi. Della cui Fondazione Open, come raccontato dal Fatto Quotidiano, è il maggior sostenitore individuale. Un buon investimento, dato che, a valle di una querelle trascinatasi per mesi con il rivale Emanuele Grimaldi, presidente dell’omonimo gruppo armatoriale nonché di Confitarma, in autunno è diventato legge (sub iudice a Bruxelles) un controverso provvedimento, fortemente voluto da Onorato, con cui si orientano gli incentivi alla categoria a favore di chi, come lui, è costretto per i servizi offerti a imbarcare personale comunitario.
È addirittura ultradecennale, invece, il rapporto fra Onorato e l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto. Giurista di fama, componente della commissione per le riforme costituzionali del governo Letta, Caravita ha assistito con successo Moby nelle sue maggiori controversie legali, dalla vertenza con l’Antitrust sul “caro–traghetti” all’acquisizione della compagnia pubblica toscana Toremar, con cui Onorato ha cementato la propria leadership nei collegamenti nell’arcipelago toscano, in barba alle pretese antimonopolistiche dei concorrenti. Malgrado ciò, un mese dopo l’insediamento del governo Renzi, il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi affiancò all’allora commissario straordinario di Tirrenia Giancarlo D’Andrea proprio Caravita, nello stesso periodo ingaggiato dalla Regione Basilicata in due delicatissimi contenziosi avviati proprio dal governo contro questo ente in tema di royalty petrolifere e di competenza in materia energetica. Preso il controllo di Cin, alla fine del 2015, conformemente al contratto di cessione delle attività di Tirrenia, dei 380 milioni complessivi Onorato deve ancora pagare 180 milioni in tre rate equivalenti (scadenti nell’aprile del 2016, del 2019 e del 2021) e una tranche da 62 milioni, cui, scorporata dall’acconto iniziale e dilazionata al 2020, erano però state legate a garanzia, con ipoteca di secondo grado, le navi della flotta.
A dicembre 2015 Cin comunica di voler pagare anticipatamente questa posta, con tanto di interessi. In cambio chiede la cancellazione delle ipoteche sulle navi Tirrenia. L’amministrazione straordinaria, autorizzata dal Mise, accetta e l’11 febbraio 2016 Cin paga. Lo stesso giorno il Gruppo Onorato annuncia di aver concluso una complessa operazione di rifinanziamento da 560 milioni di euro. Resa fattibile dalla rinnovata possibilità di iscrivere ipoteche sulle navi Tirrenia? Non è chiaro, ma quando due mesi dopo scade la prima rata dei 180 milioni, Cin non salda, adducendo una clausola contrattuale legata alla mancata conclusione del procedimento avviato nel 2011 dalla Commissione europea sugli aiuti di Stato percepiti dall’ormai ex compagnia di bandiera. A questo punto l’amministrazione straordinaria – lo si apprende dall’ultima relazione pubblicata, risalente all’ottobre 2016 – decide di chiedere ai giuristi Natalino Irti e Roberto Mastroianni un parere sulla possibile azione legale. Qui si interrompono comunicazioni e documenti ufficiali. Dei pareri non c’è traccia ma, secondo le indiscrezioni raccolte da ilfattoquotidiano.it, proprio poche settimane fa l’amministrazione straordinaria ha sottoposto ad alcuni fondi d’investimento l’acquisizione del credito residuo nei confronti di Cin-Onorato ed è in attesa di risposta.
Risposte che meriterebbero anche i contribuenti e i creditori (fra cui molti lavoratori) della vecchia Tirrenia, cui il Mise dovrebbe spiegare su che basi di pubblico interesse Caravita e gli altri commissari (l’ex presidente dell’ordine dei commercialisti Gerardo Longobardi e l’avvocato Stefano Ambrosini, specialista in ottimi rapporti con l’esecutivo che nel 2015 lo volle nella commissione per la riforma della legge fallimentare) abbiano optato, se così è, per la vendita in saldo del credito da 180 milioni in luogo di un’azione contro Cin volta al pieno recupero della somma. Da ministero e amministratori straordinari, però, silenzio assoluto.
di Andrea Moizo