Secondo i rappresentanti sindacali dei giornalisti, sostituire le attuali convenzioni con una gara europea (come previsto dal codice dei contratti) comporterà "pesanti ripercussioni sul piano occupazionale e grave pregiudizio per un bene pubblico fondamentale come l’informazione". Nel 2015 l'allora sottosegretario all'Editoria aveva deciso di prorogare le convenzioni, ma quella direttiva è stata bocciata dal Tar
Tutti contro la decisione di Palazzo Chigi di fare un bando europeo per selezionare le agenzie di stampa che forniranno i loro notiziari al governo. Le agenzie di stampa italiane hanno annunciato lo stop dei loro lanci “per qualche ora”, a partire dalle 14 di martedì: i giornalisti si riuniranno in assemblea per discutere del nuovo sistema. Secondo i loro rappresentanti sindacali (cdr), il bando Ue che sostituirà le attuali convenzioni (che costano oltre 30 milioni di euro l’anno e sono state prorogate di sei mesi lo scorso 31 dicembre) “rischia di mettere in crisi il settore dell’informazione primaria, con pesanti ripercussioni sul piano occupazionale e grave pregiudizio per un bene pubblico fondamentale, qual è appunto l’informazione”.
Il cdr dell’Ansa parla di “errore politico e strategico” e definisce la gara europea “strumento palesemente inadatto a regolare un regime di concorrenza su un settore intimamente legato alla difesa del pluralismo e della democrazia, che non può essere considerato alla stregua di qualunque altra merce e pertanto non può essere sottoposto al rischio di dare troppo peso a fattori meramente economici“. Inoltre, notano i rappresentanti sindacali, “la gara europea indetta dal governo è un caso senza precedenti in Europa. Nessun altro Paese infatti ha mai invitato l’Ansa, che pure è fra le 5 più importanti agenzie del mondo, a partecipare a una gara per l’assegnazione di fondi statali. L’informazione primaria su quanto avviene nel nostro paese ora rischia di non essere più prodotta in Italia ma – in parte – confezionata altrove”.
“E’ la prima volta che l’intero comparto dell’informazione primaria italiana si ferma in contemporanea”, aggiungono i colleghi dell’AdnKronos. “Il nuovo sistema pregiudica la tenuta di aziende già gravemente fiaccate dalla crisi, può consegnare l’informazione primaria italiana ai grandi operatori stranieri, senza peraltro un regime di reciprocità”, e “tutto questo rischia di tradursi in una consistente perdita di posti di lavoro in un comparto fondamentale per la tenuta di tutto il sistema dell’informazione italiana e per gli istituti che garantiscono il welfare di tutta la categoria”.
Va detto che la decisione di mettere a gara il servizio risponde alle indicazioni dell’Autorità nazionale anticorruzione, il cui presidente Raffaele Cantone la settimana scorsa ha spiegato: “Siccome l’agenzia svolge un servizio per conto pubblico e quel servizio non viene assicurato da una agenzia, ma lo possono fare 10, vuol dire che è fungibile e si deve andare a gara, lo prevede il codice dei contratti“. Ma ha anche specificato che “si può utilizzare la gara aperta o, se ricorrono i presupposti, anche la procedura negoziata. Il codice prevede varie tipologie di procedura e spetta al governo stabilire come. Però quello è un appalto di servizio e gli appalti di servizio nel nostro Paese si possono fare solo utilizzando il codice dei contratti”. Quanto al bando europeo, “dipende dall’entità e dalla qualità“.
Il governo, del resto, si è deciso a fare la gara solo a valle di una sonora bocciatura arrivata dai giudici amministrativi. Nel giugno 2015 Luca Lotti, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio con deleghe all’editoria, aveva infatti firmato una direttiva che prevedeva di portare avanti le convenzioni concluse senza bando, pur fissando nuovi criteri che le agenzie avrebbero dovuto rispettare (per esempio avere almeno 50 giornalisti assunti a tempo indeterminato e a tempo pieno e fare 15 ore di trasmissione al giorno per sette giorni a settimana). Il 25 gennaio di quest’anno però il Tar del Lazio ha annullato ha annullato la direttiva accogliendo un ricorso proposto da Agv News, società editrice dell’agenzia di stampa Il Velino, sentenziando che non era chiaro “il modo in cui i nuovi criteri si conciliano con il rispetto del pluralismo”. Per uscire dal vicolo cieco, il governo Gentiloni a febbraio ha deciso di invertire la rotta e emanare un bando di gara europeo. Aperto, in quanto tale, a tutti i competitor degli altri 26 Paesi.
Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi (il sindacato dei giornalisti) ha espresso “pieno sostegno ai giornalisti delle agenzie di stampa e alle iniziative che sono pronti a mettere in campo per difendere i posti di lavoro”. Secondo Lorusso auspica “uniformarsi all’Europa deve significare mettere a punto e approvare in tempi brevi una legge di sistema, come già avvenuto in altri Paesi, e non certo procedere con un bando di gara europeo. È pertanto opportuno che, pur nel rispetto della normativa vigente, il governo si assuma la responsabilità politica di presentare alle Camere un ddl da approvare in tempi brevi, facendo in modo che le nuove norme per il settore entrino in vigore dal primo gennaio 2018 e prevedendo un regime transitorio per il secondo semestre del 2017”.
Il centrodestra si è schierato contro il bando europeo, così come Sinistra Italiana. Il Pd renziano difende la decisione di Palazzo Chigi, mentre Francesco Boccia, schierato con lo sfidante alla segreteria Michele Emiliano, invita alla “riflessione”: secondo il presidente della Commissione Bilancio della Camera “la gara europea non è un obbligo ma farla comporterebbe il rischio di umiliare le professionalità italiane. Anche l’Anac sostiene che la gara non è obbligatoria, dunque c’è una via di soluzione a portata di mano. Basta la volontà politica”.