Annalisa amava Napoli e il suo quartiere Forcella ma sognava un futuro lontano dalla sua città. Una ragazza sveglia “che teneva gli occhi bene aperti per capire cosa le accadeva intorno e si faceva fin da piccola un sacco di domande”. Si era chiesta perché sua cugina Luisa era costretta a lavorare in un laboratorio nascosto in uno scantinato. Si era domandata perché nessuno facesse nulla per quei ragazzi che lasciavano i banchi di scuola troppo presto. Interrogativi rimasti senza risposta perché un pomeriggio di tredici anni fa la sua vita è terminata nel suo quartiere vittima innocente di un regolamento di conti tra clan. Un giovane camorrista, durante una sparatoria tra clan, si è fatto scudo con il corpo della ragazza. Annalisa, raggiunta al capo, è caduta in una pozza di sangue tra le urla delle cugine. Inutile la corsa all’ospedale più vicino, l’Ascalesi. Il nosocomio non era attrezzato per questo tipo di assistenza e la ragazza, ormai in coma irreversibile, venne trasportata al Loreto Mare. Qui i sanitari non poterono fare altro che constatarne il decesso. I genitori autorizzarono l’espianto degli organi. Aveva 14 anni.
Mafie
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