"L'organo esecutivo ha inteso disciplinare materie esulanti dall’ambito delle sue attribuzioni, e riservate, invece, alla competenza dell’organo assembleare", scrive il giudice Clelia Buonocore, accogliendo il ricorso del comitato Articolo 49. In pratica il commissario non avrebbe potuto riorganizzare i circoli capitolini, visto che questo potere spettava invece all'Assemblea. Il partito romano: "Faremo appello ma la delibera impugnata non è più in vigore"
Due anni fa avevano portato in tribunale il commissario del Pd romano, Matteo Orfini. Il motivo? Contestavano le modalità di rirganizzazione dei circoli dem nell’Urbe. E adesso che da quella denuncia sono passati meno di due anni il tribunale ha deciso di dargli ragione. La terza sezione civile del tribunale di Roma, infatti, ha accolto il ricorso presentato dal comitato Articolo 49 contro la ristrutturazione del partito decisa da Orfini nel giugno del 2015, dopo lo scandalo di Mafia capitale. Una sentenza che, però, secondo il Pd capitolino non avrebbe alcun effetto concreto perché superata da un nuovo regolamento. Ma andiamo con ordine.
A sancire che l’illegittimità della riorganizzazione dei circoli dem nella capitale è il giudice Clelia Buonocore che nella sua sentenza scrive:”L’organo esecutivo ha inteso disciplinare materie esulanti dall’ambito delle sue attribuzioni, e riservate, invece, alla competenza dell’organo assembleare”. In pratica Orfini da commissario non poteva riorganizzare il partito romano, visto che questo potere spettava invece all’Assemblea. “È riservata senz’altro all’organo assembleare la competenza a regolamentare le materie della delibera impugnata (iscrizione al Partito democratico Città di Roma, organizzazione dei Circoli della Federazione)”, si legge sempre nella stessa sentenza. “La circostanza che la delibera in contestazione sia stata adottata da organo incompetente vale di per sé a condurre al relativo annullamento“, conclude dunque la giudice, che ha anche condannato la Federazione romana del Pd al pagamento di 18.824 euro di spese processuali.
“In merito alla sentenza emessa in data odierna dal tribunale civile sulla delibera di organizzazione del giugno 2015, giova ricordare che detta delibera non è più in vigore. Da dicembre 2016 infatti è stata emanata una nuova delibera – di cui il giudice non poteva avere conoscenza – che regola la nostra vita interna. Gli effetti concreti della sentenza sulla organizzazione della federazione e del congresso sono dunque inesistenti. Per quanto riguarda il merito della sentenza, la federazione si riserva di proporre appello”, fanno sapere invece dal Pd Roma. Nel frattempo, però, i ricorrenti esultano. “Ora abbiamo una prima sentenza che ci dà ragione, e che afferma che il commissario del Pd Roma, nonché presidente nazionale del Pd, Matteo Orfini, ha impostato su una strada illegittima tutta la sua azione di riorganizzazione del partito romano”, dicono gli esponenti del comitato Articolo 49, chiamato così in omaggio al diritto di libera adesione dei cittadini ai partiti politici sancito dalla Costituzione.
“Siamo soddisfatti perché riteniamo di aver difeso valori di democrazia e di civismo” ma anche “dispiaciuti, perché siamo stati costretti a ricorrere alla via giudiziaria, ma i metodi arroganti e prevaricatori del commissario Orfini hanno impedito che ci fossero sedi di discussione serena all’interno del partito”, continuano i ricorrenti, che sono attivisti e dirigenti di alcuni circoli territoriali dem. E adesso con questa sentenza in mano e le primarie all’orizzonte cosa succede per il Pd a romano? “Noi ci auguriamo due cose – dicono dal comitato – la prima, che l’organizzazione e lo svolgimento del congresso cittadino tengano conto delle decisioni del giudice e non offrano ulteriori motivi di impugnazione; la seconda, che si eviti di far ricadere le conseguenze economiche della sentenza sulle già dissestate finanze del Pd romano e quindi sugli iscritti, dando un segno concreto di assunzione di responsabilità da parte di chi ha materialmente preso le decisioni sbagliate”.
Orfini era stato nominato commissario da Matteo Renzi nel dicembre del 2014 dopo l’esplosione dell’inchiesta su Mafia capitale. Dopo alcune denunce pubbliche sullo stato del partito nella Capitale, dunque, il presidente nazionale dem aveva annunciato il suo piano di rinnovamento cittadino. “Procederemo alla chiusura dei circoli cattivi e pericolosi– aveva annunciato – Abbiamo costituito 15 circoli territoriali, uno per municipio. Saranno il luogo dove si svolge il tesseramento e si celebrano i congressi. Gli attuali circoli diventano strutture organizzative di secondo livello che quindi continueranno la loro vita liberi da condizionamenti, ma non faranno tesseramento e non faranno congressi”. Una prospettiva sicuramente positiva, quella di riorganizzare il partito per depurarlo dalle scorie di Mafia capitale. Peccato che il tribunale ne abbia annullato le modalità. In attesa del processo d’appello