Ci risiamo. S’avvicinano le celebrazioni, sabato 25 marzo, del 60° anniversario della firma a Roma, nel 1957, nella Sala della Protomoteca, in Campidoglio, dei Trattati istitutivi delle allora Comunità economiche europee. E gli europeisti, che già sono quattro gatti, invece di unire le forze per fare sentire la loro voce si dividono disegnando sentieri dell’integrazione che forse non saranno mai percorsi e moltiplicano gli eventi e gli appuntamenti, tutti di segno leggermente diverso l’uno dall’altro.
E, intanto, media e forze dell’ordine polarizzano l’attenzione non sugli eventi ‘pro integrazione’, che, ciascuno modesto se non marginale per numero di partecipanti, si svolgeranno un po’ ovunque in città, ma sulle manifestazioni anti-europee, che s’annunciano turbolente e potenzialmente violente, perché catalizzano la presenza di sovranisti, no global, black block, no tav e quant’altri ‘guerriglieri’ anti-Ue.
Così, fra tante, troppe Europe, rischia di vincere l’anti-Europa. Istituzioni, saggi, partiti, movimenti, organizzazioni della società civile, centri studi, Università, ciascuno ha la sua Unione da proporre. Ma nessuno, da solo, ha ovviamente la forza di realizzarla. Così, si moltiplicano documenti, appelli, dichiarazioni. E proprio chi lavora per l’Unione accresce la sensazione di vivere nella Torre di Babele..
Domenica, a Roma e a Genova micro flash mob #pulseofeurope hanno inaugurato la serie d’eventi di cui la Capitale, in particolare, sarà teatro per tutta la settimana, tornando ad essere, come 60 anni fa, fulcro dell’integrazione. #pulseofeurope è un movimento di base, spontaneo e apartitico, che, nato a Francoforte, si sta sviluppando da alcuni mesi, specie in Germania e in Francia, per rendere percettibile la presenza di solito silenziosa di quanti sostengono il progetto europeo, non lasciando quindi campo libero a quanti contestano l’Unione.
Tra le sigle più conosciute dell’europeismo, come i Federalisti europei – pure divisi al loro interno – o il Movimento europeo, vi sono differenze sull’Europa da realizzare e su come realizzarla: puntare in alto, senza paura dell’utopia, o accontentarsi di risultati possibili, soffocando l’idealismo? Badare al sodo o al metodo? Essere ‘puristi’ o prammatici? Un dato comune c’è: tutti gli europeisti saranno delusi dalla dichiarazione che i capi di Stato e di governo dei Paesi dell’Ue approveranno a Roma, minimo comune denominatore tra istanze nazionali e prudenze politiche, tra paralisi elettorali – francesi e tedesche – e paure diffuse (l’economia, l’immigrazione, la sicurezza). Nell’attesa, o meglio nella speranza, che venga un autunno migliore di questa primavera.
Praticamente impossibile dare l’elenco completo di convegni, manifestazioni, appuntamenti politici e culturali in chiave europea di questi giorni a Roma. La rete ‘la nostra Europa’ e la coalizione ‘Cambiamo rotta all’Europa’ hanno lanciato mobilitazioni parallele verso il 25 marzo: più moderata, o almeno accomodante, la rete, più massimalista la coalizione, che, nelle parole d’un suo animatore, il presidente del Cime, il Comitato italiano del Movimento europeo, Pier Virgilio Dastoli, chiarisce: “Il nostro bersaglio non è l’Ue, ma l’Europa intergovernativa; il nostro obiettivo è l’Europa federale, democratica e solidale, tre elementi indissolubili; il nostro metodo è quello democratico costituente; la nostra agenda guarda alle elezioni europee del 2019; siamo contro l’Europa delle ‘più lentezze’, siamo per l’Europa degli innovatori e contro l’Europa degli immobilisti”.
Difficile, per un europeista, non condividere, magari con distinguo sui tempi e sui metodi. Difficile soprattutto non capire che gli interlocutori sono le Istituzioni dell’Ue e i Governi dei 28 presto 27; e che gli avversari non sono i vicini di banco nella classe dell’Europa, pur se non ti stanno simpatici, ma i sovranisti di sinistra (‘eurostop’) e di destra, quelli che vogliono uscire dall’euro o s’inventano la lira parallela, quelli che ‘prima era meglio’ e dopo sarà peggio.
*La foto in evidenza di piazza del Popolo a Roma il 19 marzo è di Livia Liberatore
Giampiero Gramaglia
Giornalista, docente di giornalismo alla Sapienza
Zonaeuro - 21 Marzo 2017
Trattati di Roma, i pochi europeisti si dividono sull’Unione europea
Ci risiamo. S’avvicinano le celebrazioni, sabato 25 marzo, del 60° anniversario della firma a Roma, nel 1957, nella Sala della Protomoteca, in Campidoglio, dei Trattati istitutivi delle allora Comunità economiche europee. E gli europeisti, che già sono quattro gatti, invece di unire le forze per fare sentire la loro voce si dividono disegnando sentieri dell’integrazione che forse non saranno mai percorsi e moltiplicano gli eventi e gli appuntamenti, tutti di segno leggermente diverso l’uno dall’altro.
E, intanto, media e forze dell’ordine polarizzano l’attenzione non sugli eventi ‘pro integrazione’, che, ciascuno modesto se non marginale per numero di partecipanti, si svolgeranno un po’ ovunque in città, ma sulle manifestazioni anti-europee, che s’annunciano turbolente e potenzialmente violente, perché catalizzano la presenza di sovranisti, no global, black block, no tav e quant’altri ‘guerriglieri’ anti-Ue.
Così, fra tante, troppe Europe, rischia di vincere l’anti-Europa. Istituzioni, saggi, partiti, movimenti, organizzazioni della società civile, centri studi, Università, ciascuno ha la sua Unione da proporre. Ma nessuno, da solo, ha ovviamente la forza di realizzarla. Così, si moltiplicano documenti, appelli, dichiarazioni. E proprio chi lavora per l’Unione accresce la sensazione di vivere nella Torre di Babele..
Domenica, a Roma e a Genova micro flash mob #pulseofeurope hanno inaugurato la serie d’eventi di cui la Capitale, in particolare, sarà teatro per tutta la settimana, tornando ad essere, come 60 anni fa, fulcro dell’integrazione. #pulseofeurope è un movimento di base, spontaneo e apartitico, che, nato a Francoforte, si sta sviluppando da alcuni mesi, specie in Germania e in Francia, per rendere percettibile la presenza di solito silenziosa di quanti sostengono il progetto europeo, non lasciando quindi campo libero a quanti contestano l’Unione.
Tra le sigle più conosciute dell’europeismo, come i Federalisti europei – pure divisi al loro interno – o il Movimento europeo, vi sono differenze sull’Europa da realizzare e su come realizzarla: puntare in alto, senza paura dell’utopia, o accontentarsi di risultati possibili, soffocando l’idealismo? Badare al sodo o al metodo? Essere ‘puristi’ o prammatici? Un dato comune c’è: tutti gli europeisti saranno delusi dalla dichiarazione che i capi di Stato e di governo dei Paesi dell’Ue approveranno a Roma, minimo comune denominatore tra istanze nazionali e prudenze politiche, tra paralisi elettorali – francesi e tedesche – e paure diffuse (l’economia, l’immigrazione, la sicurezza). Nell’attesa, o meglio nella speranza, che venga un autunno migliore di questa primavera.
Praticamente impossibile dare l’elenco completo di convegni, manifestazioni, appuntamenti politici e culturali in chiave europea di questi giorni a Roma. La rete ‘la nostra Europa’ e la coalizione ‘Cambiamo rotta all’Europa’ hanno lanciato mobilitazioni parallele verso il 25 marzo: più moderata, o almeno accomodante, la rete, più massimalista la coalizione, che, nelle parole d’un suo animatore, il presidente del Cime, il Comitato italiano del Movimento europeo, Pier Virgilio Dastoli, chiarisce: “Il nostro bersaglio non è l’Ue, ma l’Europa intergovernativa; il nostro obiettivo è l’Europa federale, democratica e solidale, tre elementi indissolubili; il nostro metodo è quello democratico costituente; la nostra agenda guarda alle elezioni europee del 2019; siamo contro l’Europa delle ‘più lentezze’, siamo per l’Europa degli innovatori e contro l’Europa degli immobilisti”.
Difficile, per un europeista, non condividere, magari con distinguo sui tempi e sui metodi. Difficile soprattutto non capire che gli interlocutori sono le Istituzioni dell’Ue e i Governi dei 28 presto 27; e che gli avversari non sono i vicini di banco nella classe dell’Europa, pur se non ti stanno simpatici, ma i sovranisti di sinistra (‘eurostop’) e di destra, quelli che vogliono uscire dall’euro o s’inventano la lira parallela, quelli che ‘prima era meglio’ e dopo sarà peggio.
*La foto in evidenza di piazza del Popolo a Roma il 19 marzo è di Livia Liberatore
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Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "La balla della privacy con cui la maggioranza e il governo giustificano la loro lotta senza quartiere alle intercettazioni, oltre ad essere una motivazione del tutto falsa e smentita dai fatti, ormai non regge più nemmeno rispetto alle azioni dello stesso centrodestra. Infatti, mentre alla Camera demoliscono le intercettazioni, al Senato portano avanti l'articolo 31 del Ddl Sicurezza che consentirà ai Servizi segreti la schedatura di massa dei cittadini". Lo afferma la deputata M5S Valentina D'Orso, capogruppo in commissione Giustizia.
"Non sono più credibili nemmeno quando accampano motivazioni di comodo, si smentiscono con i loro stessi provvedimenti che in realtà rispondono a un disegno ormai chiaro: indebolire gli strumenti di indagine della magistratura che possono dar fastidio ai colletti bianchi e allo stesso tempo creare un brutale sistema di repressione del dissenso e controllo sui cittadini comuni".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - La Camera è riunita in seduta notturna per finire l'esame degli emendamenti al ddl intercettazioni, quindi le dichiarazioni di voto e il voto finale che dovrebbe arrivare nella serata. I lavori sono previsti fino alle 24.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "L'Italia ha ribadito che continueremo a sostenere l'Ucraina anche nel documento approvato oggi alla Camera e ieri al Senato. E' un impegno che noi manteniamo, continueremo a fare la nostra parte. Noi non siamo mai stati in guerra con la Russia e non abbiamo mai autorizzato l'uso di nostre armi da parte degli ucraini in territorio russo". Lo ha detto Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Mi pare che la telefonata Trump-Putin sia un segnale positivo così come quella tra Trump e Zelensky. Noi abbiamo chiesto che l'Ucraina fosse coinvolta e questo è accaduto. Noi incoraggiamo tutte le iniziative che portano alla pace. Non è facile ma qualche speranza c'è". Lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Si tratta di garantire la sicurezza dell'intera Unione europea. C'è bisogno di rafforzare la sicurezza europea ma questo non significa essere guerrafondai. Per garantire la pace serve un equilibrio delle forze in campo per garantire la sicurezza dell'Europa e dell'Italia. Stiamo lavorando in questa direzione come un buon padre di famiglia che mette le finestre blindate perchè la sua famiglia sia al sicuro". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno. "Bisogna avere il coraggio di andare avanti: l'Europa è l'unico modo per essere sicuri".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Meloni non ha attaccato Altiero Spinelli. Mi sembra una tempesta in un bicchier d'acqua. Spinelli è un personaggio illustre della storia europea, lo rispetto e la presidente Meloni non lo ha mai offeso". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - Sarà una 'magia comunicativa' delle sue, come dicono in Transatlantico dalle parti della maggioranza, quella di Giorgia Meloni che con l'attacco oggi in aula al Manifesto di Ventotene ha sviato l'attenzione dalle tensioni del centrodestra. Ma lo stesso effetto, la premier lo ha provocato anche nel campo avversario: le opposizioni divise, che si sono presentate in aula con 6 risoluzioni diverse, sono tornate a parlare con una sola voce nella difesa del Manifesto antifascista di Ventotene, testo fondante dell'Unione europea, sul quale la presidente del Consiglio ha detto di non riconoscersi: "Quella non è la mia Europa".
Duro il commento di Elly Schlein: "Giorgia Meloni ha deciso in aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia". Scrive Matteo Renzi sui social. "La Meloni non ama Ventotene perché la storia di Ventotene dice il contrario della storia di Giorgia Meloni. Le prossime elezioni saranno un referendum tra chi crede nelle idee di Ventotene e tra chi crede in Giorgia Meloni. Noi non abbiamo dubbi su da che parte stare".
L'effetto delle parole della premier si è visto anche nel voto delle risoluzioni. Dopo le divisioni nel Pd sul piano ReArm Eu, composte in una lunga mediazione, si temevano comunque 'scarti' rispetto alle indicazioni di voto. Non si sono verificati. "Tutto il gruppo ha votato compatto", si fa sapere. E i tabulati lo confermano. Unica eccezione Lorenzo Guerini, che oltre alla risoluzione del Pd, ha votato a favore anche a quelle di Azione e Più Europa, meno critiche rispetto al testo dem sul piano ReArm Eu.
Nel dettaglio, il Pd ha votato ovviamente la sua risoluzione, bocciato quella della maggioranza, dato voto favorevole al punto del testo Avs in cui si dice no all'espulsione dei palestinesi da Gaza e contro, invece, alla richiesta sempre di Alleanza Verdi e Sinistra di interrompere l'invio di forniture militari a Kiev. Su quest'ultimo punto ci sarebbe stata qualche non partecipazione al voto tra i dem. Insomma, un risultato 'ordinato' dopo giorni di tensione nel Pd.
Altro punto che è stato rimarcato da tutte le opposizioni è stata l'assenza in aula, al momento delle dichiarazioni di voto, della premier Meloni. Dopo l'attacco al Manifesto di Ventotene, in aula si è accesa la polemica. Tra gli interventi è già virale sui social quello appassionato del dem Federico Fornaro. "Non è accettabile fare la caricatura di quegli uomini, lei presidente Meloni siede in questo Parlamento anche grazie a loro, questo è un luogo sacro della democrazia e noi siamo qua grazie a quei visionari di Ventotene che erano confinati politici. Si inginocchi la presidente del Consiglio di fronte a questi uomini e queste donne, altro che dileggiarli", ha gridato commuovendosi in aula.
Dopo le tensioni, il timing dell'aula è slittato di diverse ore, quando ormai Meloni era già in partenza per il Consiglio europeo a Bruxelles. Di fronte alle proteste per l'assenza della presidente del Consiglio è intervenuto in aula il sottosegretario Alfredo Mantovano: "I governo ha massimo rispetto nei confronti del Parlamento, e in particolare la presidenza del consiglio e la presidente del consiglio, che però aveva presente il programma originario dell'Aula che avrebbe concluso i lavori nel primo pomeriggio e in questo momento è già in volo per Bruxelles".
Una precisazione che non ha convinto le opposizioni. "Giorgia Meloni -attacca Elly Schlein- è fuggita di nuovo, non la vedevamo dal dicembre scorso e le volte che si è palesata in aula si contano sulle dita di una mano. Si è chiusa per mesi nel silenzio imbarazzato di chi non sa cosa dire o non vuole dire cosa pensa". E poi Giuseppe Conte: "Avete cambiato idea su Ventotene, ma sfiorate l'irriconoscenza. Presidente Meloni adesso è volata a Bruxelles, non vedeva l'ora, eppure poteva rimanere". Quindi Angelo Bonelli: "Questo è il manifesto di Ventotene, glielo avrei regalato alla presidente ma lei fugge dal dibattito parlamentare, anche perché ha un problema con la Lega".
Al netto delle posizioni diverse all'interno del campo delle opposizioni, tutti i gruppi di minoranza evidenziano di contro quelle presenti nelle maggioranza. E stamattina il capogruppo leghista Riccardo Molinari ha servito un assist su questo parlando in tv. Lo rilancia Schlein: "La Lega ha sostanzialmente commissariato la presidente Meloni dicendo che non ha mandato per esprimersi al Consiglio Ue". La segretaria Pd insiste nelle divisioni della maggioranza: "Nella vostra risoluzione, per non dividervi in tre posizioni diverse, avete fato sparire la difesa comune e il piano di riamo di Ursula von der Leyen, l'avete scritta con l'inchiostro simpatico. Facile far sparire le proposte divisive, ci credo che siete compatti, non avete scritto nulla".
Rimarca Maria Elena Boschi: "La Lega ha linea chiara, e l'ha detto: lei non ha mandato per andare al Consiglio Ue". E poi Riccardo Magi: "Meloni è scaltra e furba. Vuole farci parlare delle sue oscene parole e della sua esegesi sbagliata e truffaldina del Manifesto di Ventotene per nascondere che non ha una linea di politica estera e non ha una maggioranza in politica estera. Non lo dico io ma lo ha detto il capogruppo della Lega, Molinari". Ed ancora Bonelli: Meloni "oggi ha fatto scientemente quest'operazione" su Ventotene "perché Molinari lo ha detto chiaramente che non ha il mandato per dire sì a Rearm Europe". Infine Matteo Richetti di Azione: "Mentre discutevamo è uscita una dichiarazione di Molinari in cui dice che Meloni non ha il mandato per trattare: con tanti saluti per la risoluzione di maggioranza...".