Carl Gustav Jung una volta scrisse: “Si può (…) mancare non soltanto la propria felicità, ma anche la propria colpa decisiva, senza la quale un uomo non raggiungerà mai la propria totalità”.
Siamo in un momento storico nel quale il male fa notizia e fioriscono trasmissioni con opinionisti vari in cui si parla di delitti e casi irrisolti; di ciò che è male, appunto. E si cerca la verità. Che la verità processuale debba essere individuata non v’è dubbio, che poi questa verità basti a placarci dentro in effetti di dubbi ve ne sono molti. Ancora Jung scrive: “Il dubbio è il coronamento della vita, perché, nel dubbio, verità ed errore si incontrano (…) Se si è in dubbio si ha la migliore possibilità di unire i lati oscuri e luminosi della vita”.
Mi sono chiesta se il progresso della società moderna o postmoderna come viene addirittura chiamata, abbia qualche connessione con questo pensiero e con questa antropologia. In fondo siamo in una era in cui tutto è possibile, in cui pare che ci sia spazio per tutti e gli stessi media sembrano aprire ogni sera discorsi su nuovi scandali che poi diventano normali. Cosa davvero può essere ritenuto inaccettabile oggi? Oggi nell’epoca della commistione dei contenuti, in cui la criminologa commenta i balli da sala del sabato sera e la donna di spettacolo dice la sua sull’ultimo delitto. Oggi dove tutto coesiste con tutto.
Corrisponde questa situazione al tema del dubbio e della tensione di cui parlavo prima? O forse spettacolarizzare il male è un modo, l’ennesimo, per posizionarlo fuori di noi? Perché c’è un’etica, sì, c’è un’etica in chi si assume in prima persona i termini del conflitto e accetta di viverli dentro di sé invece che metterli all’esterno. C’è qualcosa di noi nei vari autori dei delitti, in chi critichiamo, in chi giudichiamo? E se la madre che uccide il figlio o i figli che uccidono i genitori, a parte il fatto che l’atto vada sempre e comunque sanzionato, avessero l’atroce merito di evitare a noi di sentirci cattivi?
Nell’antropologia junghiana come nella tradizione alchemica e nella saggezza chassidica, vi è l’idea di un individuo che, posto in effetti di fronte alla sua individualità, piena di dubbi e di contraddizioni, così solo e libero, possa e debba assumersi la responsabilità di chi è, chi vuole essere, come vuole agire e gli inevitabili conflitti che ne deriveranno. Eppure oggi, mentre assistiamo allo show mediatico, dove ci illudiamo di essere investigatori, piuttosto che psicologi e così via, forse vogliamo solo guardare. In fondo questa società anela all’assenza del conflitto e della tensione e piuttosto che scegliere litiga, piuttosto che interrogarsi parla, piuttosto che osare si lamenta e poi alla fine tanto si consola con l’ultimo i-Phone.
Chi conosce le forze del bene e del male, e come si muovono, difficilmente va in televisione a parlarne per davvero. Perché il bene e il male le loro partite le giocano dentro di noi e lo spettacolo del loro fronteggiarsi è per pochi. Gli altri sembrano aspirare piuttosto all’assenza di tensione, all’esercizio del giudizio sull’altro e sul mondo esterno nella tipica dinamica della proiezione e se di conflitto si deve parlare allora che lo si faccia con uno spettacolo, che sia divertente, come dovrebbe essere divertente veder litigare persone per la politica o per il corteggiamento di un uomo o di una donna messi sul trono come dei sovrani.
E se fosse che il male fosse necessario? Nel mio ultimo libro Poìesis che nasce proprio da parole raccolte durante sedute di psicoterapia, dedico un capitolo al male. Questo diavolo, che arriva sotto forma di sintomi, di attacchi di panico, di pensieri ossessivi, tanto per fare alcuni esempi, e si porta via in un attimo le nostre sicurezze, il più delle volte lo vogliamo eliminare, guarire o almeno metterlo fuori di noi, negli atti di qualcun altro. Eppure, esso ci sottrae dalla mera osservanza della norma come radice di una normalità, di una uniformità che in fondo va uccidendo la vis creativa di una intera società.
Quel diavolo costringe alle domande che sono l’unica via di risveglio possibile e l’unica strada per andare oltre noi stessi, strada che nessuno può e deve percorrere al posto nostro. Dobbiamo imparare ad avere a che fare con il Male, perché, come dice ancora una volta Jung, esso vuole la sua parte nella vita. Allora, quando abbiamo accettato quanto è sottile il confine tra bene e male, l’etica torna ad essere un fatto da vivere in prima persona e un atto creativo del soggetto che di volta in volta lo compie. Bene e male formano un uno paradossale, nel quale il male è solo la metà di un tutto con il bene.
Esiste un male su cui non si può dire nulla, lo si può solo contemplare, ascoltare mentre muove in noi domande che allargheranno le maglie delle nostre certezze e ci costringeranno a pensare con la nostra testa invece che ripetere quello che abbiamo sentito dire. Questo non ci esime dal curare le vittime, non ci esime dal sanzionare i reati, ma ci costringe a non accontentarci di vedere le contraddizioni dell’umano in un programma tv.
Erica Poli
Psichiatra, Psicoterapeuta e Counselor
Società - 22 Marzo 2017
Psicologia, e se il male nelle nostre vite fosse necessario?
Carl Gustav Jung una volta scrisse: “Si può (…) mancare non soltanto la propria felicità, ma anche la propria colpa decisiva, senza la quale un uomo non raggiungerà mai la propria totalità”.
Siamo in un momento storico nel quale il male fa notizia e fioriscono trasmissioni con opinionisti vari in cui si parla di delitti e casi irrisolti; di ciò che è male, appunto. E si cerca la verità. Che la verità processuale debba essere individuata non v’è dubbio, che poi questa verità basti a placarci dentro in effetti di dubbi ve ne sono molti. Ancora Jung scrive: “Il dubbio è il coronamento della vita, perché, nel dubbio, verità ed errore si incontrano (…) Se si è in dubbio si ha la migliore possibilità di unire i lati oscuri e luminosi della vita”.
Mi sono chiesta se il progresso della società moderna o postmoderna come viene addirittura chiamata, abbia qualche connessione con questo pensiero e con questa antropologia. In fondo siamo in una era in cui tutto è possibile, in cui pare che ci sia spazio per tutti e gli stessi media sembrano aprire ogni sera discorsi su nuovi scandali che poi diventano normali. Cosa davvero può essere ritenuto inaccettabile oggi? Oggi nell’epoca della commistione dei contenuti, in cui la criminologa commenta i balli da sala del sabato sera e la donna di spettacolo dice la sua sull’ultimo delitto. Oggi dove tutto coesiste con tutto.
Corrisponde questa situazione al tema del dubbio e della tensione di cui parlavo prima? O forse spettacolarizzare il male è un modo, l’ennesimo, per posizionarlo fuori di noi? Perché c’è un’etica, sì, c’è un’etica in chi si assume in prima persona i termini del conflitto e accetta di viverli dentro di sé invece che metterli all’esterno. C’è qualcosa di noi nei vari autori dei delitti, in chi critichiamo, in chi giudichiamo? E se la madre che uccide il figlio o i figli che uccidono i genitori, a parte il fatto che l’atto vada sempre e comunque sanzionato, avessero l’atroce merito di evitare a noi di sentirci cattivi?
Nell’antropologia junghiana come nella tradizione alchemica e nella saggezza chassidica, vi è l’idea di un individuo che, posto in effetti di fronte alla sua individualità, piena di dubbi e di contraddizioni, così solo e libero, possa e debba assumersi la responsabilità di chi è, chi vuole essere, come vuole agire e gli inevitabili conflitti che ne deriveranno. Eppure oggi, mentre assistiamo allo show mediatico, dove ci illudiamo di essere investigatori, piuttosto che psicologi e così via, forse vogliamo solo guardare. In fondo questa società anela all’assenza del conflitto e della tensione e piuttosto che scegliere litiga, piuttosto che interrogarsi parla, piuttosto che osare si lamenta e poi alla fine tanto si consola con l’ultimo i-Phone.
Chi conosce le forze del bene e del male, e come si muovono, difficilmente va in televisione a parlarne per davvero. Perché il bene e il male le loro partite le giocano dentro di noi e lo spettacolo del loro fronteggiarsi è per pochi. Gli altri sembrano aspirare piuttosto all’assenza di tensione, all’esercizio del giudizio sull’altro e sul mondo esterno nella tipica dinamica della proiezione e se di conflitto si deve parlare allora che lo si faccia con uno spettacolo, che sia divertente, come dovrebbe essere divertente veder litigare persone per la politica o per il corteggiamento di un uomo o di una donna messi sul trono come dei sovrani.
E se fosse che il male fosse necessario? Nel mio ultimo libro Poìesis che nasce proprio da parole raccolte durante sedute di psicoterapia, dedico un capitolo al male. Questo diavolo, che arriva sotto forma di sintomi, di attacchi di panico, di pensieri ossessivi, tanto per fare alcuni esempi, e si porta via in un attimo le nostre sicurezze, il più delle volte lo vogliamo eliminare, guarire o almeno metterlo fuori di noi, negli atti di qualcun altro. Eppure, esso ci sottrae dalla mera osservanza della norma come radice di una normalità, di una uniformità che in fondo va uccidendo la vis creativa di una intera società.
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Esiste un male su cui non si può dire nulla, lo si può solo contemplare, ascoltare mentre muove in noi domande che allargheranno le maglie delle nostre certezze e ci costringeranno a pensare con la nostra testa invece che ripetere quello che abbiamo sentito dire. Questo non ci esime dal curare le vittime, non ci esime dal sanzionare i reati, ma ci costringe a non accontentarci di vedere le contraddizioni dell’umano in un programma tv.
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Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano afferma di aver colpito un "centro di comando appartenente alla Jihad islamica palestinese" a Damasco. L'attacco dimostra che Israele "non permetterà che la Siria diventi una minaccia per lo Stato di Israele", ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, aggiungendo che nella lotta "al terrorismo islamico contro Israele, non sarà dispensato né Damasco né altri".
Catania, 13 mar. (Adnkronos) - "La politica tende a minimizzare il ruolo dei clan all'interno delle comunità e della capacità che hanno di raccogliere consensi. Quindi c'è una minore consapevolezza in questa direzione. Farsi condizionare significa mettersi a disposizione" dei clan. E' il monito del Presidente della Commissione regionale antimafia all'Ars Antonello Cracolici conversando con i giornalisti a Catania dove oggi si è trasferita la Commissione per le audizioni. "La politica se si mette a disposizione - dice - è inevitabilmente subalterna alla criminalità".
Catania, 13 mar. (Adnkronos) - "Oltre il 20 per cento dei comuni del catanese sono coinvolti in fatti di infiltrazioni, è un dato di fatto. Comuni sciolti per mafia, o per cui è stato deciso l'accesso. O per il quale verrà chiesto ei prossimi giorni, come a Ramacca". E' il grido d'allarme lanciato dal Presidente della Commissione regionale antimafia all'Ars, Antonello Cracolici, a margine delle audizioni a Catania. "E' evidente che c'è una condizione sulla quale bisogna guardare con molta preoccupazione quello che sta avvenendo nei territori - dice parlando con i giornalisti-Anche perché la mafia ha cambiato pelle, ha cambiato persino anagrafe".
Il Cairo, 13 mar. (Adnkronos/Afp) - Egitto, Hamas e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) hanno accolto con favore le dichiarazioni di Donald Trump secondo cui “nessuno espellerà i palestinesi” dalla Striscia di Gaza, come il presidente americano ha dichiarato ieri alla Casa Bianca, in risposta a un giornalista che gli chiedeva se il piano di “espellere i palestinesi da Gaza” fosse stato menzionato durante le sue discussioni con il primo ministro irlandese, Michael Martin, in visita a Washington.
L'Egitto "afferma che questa posizione riconosce l'importanza di evitare il peggioramento delle condizioni umanitarie nella regione e la necessità di lavorare per soluzioni giuste e durature per la causa palestinese", ha affermato in una nota il Ministero degli Esteri egiziano.
Da parte sua, il portavoce di Hamas Hazem Qassem ha affermato che "le dichiarazioni di Trump sulla mancata espulsione dei residenti di Gaza sono state ben accolte". E apprezzamento è stato dichiarato anche dall'Olp: "Apprezziamo le dichiarazioni del presidente americano che conferma che gli abitanti della Striscia di Gaza non sono obbligati a lasciare la loro patria", ha scritto su X il segretario generale Hussein al-Sheikh.
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - "L’anno scorso la Commissione scientifica ed economia del Farmaco dell'Aifa ha riclassificato, dalla diretta alla convenzionata, le gliptine, farmaci antidiabetici di largo utilizzo. È stata fatta questa riclassificazione sulla base di criteri scientifici. È una classe omogenea di farmaci, ci sono evidenze scientifiche, si è fatta un’analisi dell’impatto e a distanza di un anno possiamo dire che l’esperimento comunque ha funzionato. Effettivamente questi farmaci sono farmaci antidiabetici oggi molto utilizzati, sono di largo impiego, hanno un profilo rischio-beneficio estremamente favorevole, ma il fatto che si siano riclassificati ha portato anche a una maggiore aderenza terapeutica". Lo ha detto il presidente dell'Agenzia italiana del farmaco Robert Giovanni Nisticò nel suo intervento da remoto oggi, al ministero, per l'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma' promosso dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.
"Il diabete - ha proseguito Nisitcò - è una patologia comunque cronica, che può portare a molte complicanze, quindi favorire l’aderenza, attraverso appunto canali distributivi che vadano verso la prossimità del paziente, è sicuramente una cosa importante. Quindi anche la rivalutazione della farmacia, della farmacia territoriale per raggiungere meglio il paziente, quindi della medicina di prossimità, della sanità di prossimità è sicuramente una cosa importante. Certamente il fatto di aver riclassificato farmaci, da un contenitore già molto sotto pressione a un altro, ci deve dire che sicuramente da un lato possiamo alleggerire quello che è il peso, la pressione del payback farmaceutico, dall’altro però ci sono nuove criticità che dobbiamo tutti insieme affrontare, ad esempio l’impatto sulle Regioni".
L'Aifa "rimane disponibile in tutto questo scenario e noi siamo chiaramente un’istituzione pronta a dialogare con tutti, per far sì che queste disposizioni della Legge di Bilancio abbiano poi la loro finalità, da un lato verso la salute dei pazienti, dall’altro anche verso la sostenibilità del Ssn" ha concluso.
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - "I numeri parlano chiaro: 9 ,7 milioni di risparmi per il Ssn, e da maggio a novembre 2024 le farmacie territoriali hanno dispensato oltre 2 milioni di confezioni di farmaci antidiabetici a base di gliptine. Tradotto in termini significa milioni di accessi in più a farmaci essenziali, senza file in ospedale, senza doppi passaggi in farmacia per la distribuzione per conto, senza barriere burocratiche. Abbiamo semplificato la vita a centinaia di migliaia di pazienti diabetici, soprattutto anziani, che oggi possono ritirare le loro cure direttamente nella farmacia sotto casa". Lo ha detto il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, nel suo intervento oggi, al ministero, per l'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma' .
"L'impatto economico del provvedimento è altrettanto significativo -sottolinea Gemmato - La spesa a carico del nostro Ssn è risultata inferiore rispetto a quanto si sarebbe verificato con la precedente modalità di distribuzione diretta e per conto, con un risparmio per il Ssn di 9,7 milioni di euro". Gemmato sottolinea l'importanza di quella che lui stesso definisce "una riforma gentile" che "consente al cittadino un migliore accesso alle cure e, di conseguenza, una migliore aderenza terapeutica", oltre "ad un risparmio per le casse dello Stato, mi sembra un ottimo risultato".
Sulla possibilità che altre classi di farmaci vengano riclassificate, come è successo per gli antidiabetici, Gemmato non ha dubbi: "Noi contiamo di spostare pezzo per pezzo - spiega - anno per anno, così come la legge prevede, con un monitoraggio di spesa, la maggior quantità possibile di farmaci, ma proprio per andare incontro al cittadino, ridurre il disagio, migliorare la compliance, l'adenza terapeutica". Ci sono alcuni farmaci che "ovviamente richiedono una dispensazione in ambiente protetto e controllato, quale è quell'ospedaliero, e quelli evidentemente non vengono toccati. Per tutta un'altra serie di farmaci, invece, si apre la possibilità dello spostamento e quindi anno per anno, con una logica di medio e di lungo periodo, sposteremo compatibilmente con il bilancio dello Stato, quindi tenendo sempre sotto controllo i conti dello Stato, sposteremo quante più categorie possibili".
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - "Rivedere il processo di distribuzione dei farmaci significa, poi, valorizzare il ruolo del farmacista nella promozione dell’aderenza terapeutica, contribuendo a una maggiore appropriatezza e costanza nelle terapie che nel caso dei tanti pazienti cronici, con più di una patologia, è molto significativo. Questo non solo migliora gli esiti clinici e riduce le complicanze, ma apporta benefici anche alla sostenibilità del servizio sanitario. Siamo quindi di fronte a un cambiamento atteso e, per molti aspetti, radicale, che richiede un monitoraggio costante. Dai dati il bilancio è positivo. La spesa per il Servizio sanitario nazionale risulta ridotta, offrendo margini concreti per proseguire su questa strada, con benefici tangibili per i pazienti". Lo ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci nel suo intervento oggi, al ministero, per l'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma' promosso dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.
"Proprio un anno fa ci siamo incontrati qui insieme a rappresentanti di istituzioni, società scientifiche, associazioni di pazienti e rappresentanti della filiera farmaceutica, per discutere questo significativo cambiamento: la possibilità per le farmacie convenzionate di dispensare farmaci precedentemente disponibili solo presso le strutture ospedaliere. Un passo in avanti che ha posto al centro le esigenze dei pazienti, semplificando il loro accesso alle cure - ha ricordato il ministro - Questo percorso ha radici lontane. Già nella precedente legislatura, grazie a un’indagine parlamentare promossa proprio dal sottosegretario Gemmato, era emersa la necessità di superare regole ormai datate, nate principalmente per contenere la spesa farmaceutica. Su queste basi è stata costruita la cornice normativa della Legge di bilancio 2024, con il coinvolgimento dell’Aifa e l’istituzione di un tavolo tecnico presso il ministero della Salute per monitorare gli effetti finanziari della misura e garantirne la sostenibilità".
"Le prestazioni farmaceutiche rappresentano un pilastro fondamentale dei Livelli Essenziali di Assistenza. Per questo, oltre all’analisi dell’impatto economico del provvedimento, è essenziale valutarne i benefici in termini di maggiore aderenza terapeutica, resa possibile da condizioni di accesso più semplice - ha aggiunto Schillaci - Le nuove disposizioni costituiscono un banco di prova della capacità del nostro servizio sanitario di innovarsi e rispondere con tempestività ai bisogni di salute cambiati dei cittadini. Abbiamo rafforzato il diritto dei cittadini ad accedere più facilmente ai farmaci; abbiamo risposto in particolare alle esigenze dei pazienti cronici e degli anziani che sono i principali fruitori della distribuzione diretta, e di chi vive nelle aree interne e più lontane dalle farmacie ospedaliere che osservano orari di lavoro limitati".
"Rivedere il processo di distribuzione dei farmaci significa, poi, valorizzare il ruolo del farmacista nella promozione dell’aderenza terapeutica, contribuendo a una maggiore appropriatezza e costanza nelle terapie che nel caso dei tanti pazienti cronici, con più di una patologia, è molto significativo. Questo non solo migliora gli esiti clinici e riduce le complicanze, ma apporta benefici anche alla sostenibilità del servizio sanitario", ha concluso.