Andrea Agnelli si deve dimettere. Deve lasciare prima possibile l’incarico di presidente della Juventus Football Club. Deve subito abbandonare la poltrona numero uno della società bianconera. E deve farlo il più presto possibile. Anzi prima ancora. E non solo perché è stato deferito dalla procura Figc. Quello non c’entra niente. Andrea Agnelli deve dimettersi semplicemente perché da qualche settimana l’immagine della Juve è associata allo schifoso emblema della ‘ndrangheta. E questo, comunque finisca l’indagine federale – in quella penale i dirigenti bianconeri sono solo testimoni – è un elemento che non può essere ignorato. E non lo sarà, negli anni a seguire. Non in questo Paese, con la sua storia di morti ammazzati e vittime senza assassini, impuniti.

I fatti di cronaca che collegano – in un modo o nell’altro – il presidente bianconero al capo ultras Rocco Dominello sono stati narrati su questo giornale, e anche su altre testate. Il grande interrogativo che si pongono inquirenti, difese e persino i parlamentari della commissione Antimafia è uno solo: sapeva Agnelli Junior del curriculum criminale – o meglio di quello della famiglia – di Dominello e di altri capi ultras della Juve quando li incontrava? Secondo Giuseppe Pecoraro, ex prefetto di Roma e attuale capo della procura Figc “non solo” Agnelli era “consapevole dei rapporti strutturati e delle concessioni fatte in favore dei gruppi del tifo organizzato e di esponenti malavitosi, ma acconsentiva a tale condotta”. La difesa di Agnelli, chiaramente, respinge al mittente ogni accusa: “Siamo accusati di aver utilizzato, sapendolo, Rocco Dominello – dicono – della cui provenienza eravamo invece totalmente all’oscuro. Non avevamo motivo di avere il minimo sospetto”.

E siccome questa è una storia tutta italiana, ovviamente, ha impiegato pochi secondi a intorbidirsi. A corredo di alcune intercettazioni quantomeno imbarazzanti“Il problema è che questo ha ucciso gente”, ha detto Agnelli riferendosi a Loris Grancini, capo del gruppo di tifosi Viking, ritenuto vicino a uomini di Cosa Nostra e ‘ndrangheta – ne sono spuntate altre subito evaporate. Pallone, pallottole, mafia e veleno. “I due fratelli sono stati arrestati, Rocco è incensurato, parliamo con lui”, avrebbe detto sempre il presidente bianconero riferendosi alla famiglia Dominello. Frase che non sarebbe pervenuta alla commissione di Palazzo San Macuto, almeno stando a sentire il senatore dem Stefano Esposito, curiosamente attivo su questo fronte. In realtà quella frase era stata pronunciata non da Agnelli, ma da due altri dirigenti bianconeri. Al netto delle intercettazioni fantasma, dunque, l’interrogativo rimane: sapeva il presidente della Juventus di essere a colloquio con personaggi in fortissimo odor di ‘ndrangheta? Si vedrà. Saranno le indagini a stabilirlo.

Nel frattempo è indubbio che Andrea Agnelli debba dimettersi. Intanto per il cognome che porta: Giovanni e Umberto Agnelli non avrebbero mai consentito di trascinare la creatura di famiglia nel fango dei contatti con i mafiosi. Come se Platini e Del Piero fossero stati associati a Totò Riina.

Andrea Agnelli deve dimettersi, però, soprattutto perché, comunque vada l’indagine della procura federale, gli incontri con Dominello non sono addebitati né al direttore generale Marotta e nemmeno a capitan Buffon: è lui che ha incontrato gente che era meglio evitare. Quegli incontri – consapevoli o meno – imbarazzano oggi milioni di tifosi bianconeri che aspettano tutta la settimana per vedere Dybala e Higuain alla domenica senza sentirsi in colpa. Si dirà: la Juve è pure sempre quella di Calciopoli e della serie B. Vero. Ma in quel caso, nonostante sentenze sportive e federali passate in giudicato – e quindi da rispettare – le condotte imputate a Moggi e il resto della triade appaiono – almeno a chi scrive – di certo inferiori a quelle che vengono ipotizzate oggi. Se non altro da un punto di vista morale. Perché la mafia – sia che si presenti con il volto della ‘ndrangheta, di Cosa nostra e della camorra – è il peccato originale di questo Paese, un cancro in metastasi che ha contagiato ogni singolo anfratto della nostra nazione.

Il pallone, invece, è – o meglio, dovrebbe essere – una semplice e rilassata isola felice. Che c’entra la ‘ndrangheta, anche se solo presunta, con un pallone? Con le curve di uno stadio bello e vincente come lo Juventus Stadium? Che c’entra una società calcistica con una polemica al veleno che ha costretto perfino la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi a replicare ad alcune dichiarazioni di dirigenti Figc?

Andrea Agnelli ci pensi bene: si dimetta, anche solo per eliminare ogni alibi polemico da una situazione che sta trascinando sempre più nel fango la società che presiede. In un Paese in cui non si dimette mai nessuno, sarebbe quasi un atto rivoluzionario.

* Nota di trasparenza: l’autore del post è juventino.

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