Non firmo sempre tutti gli appelli che mi vengono inviati, ma questo di Avaaz contro l’annuale massacro delle balene in Norvegia l’ho firmato convintamente.
Sull’inutilità e sulla stupidità della caccia alle balene non vale nemmeno la pena di soffermarsi. Così come non vale la pena di spendere parole sulle motivazioni scientifiche che sorreggerebbero quella giapponese.
Piuttosto, quello che mi piace sottolineare è come le crudeltà sugli animali nel mondo trovino apparente giustificazione nella tradizione che le sorreggerebbe. Quasi che il richiamo alla tradizione potesse giustificare qualsiasi nefandezza.
Nelle isole Faroe è tradizione massacrare i delfini; in Spagna la corrida è un’usanza secolare; in Cina le pinne di squalo sono considerate un piatto succulento; sempre in Cina è tradizione mangiare i cani o i pangolini oppure far soffrire gli orsi; in Canada uccidere a bastonate (perché così non si rovina la pelle) i cuccioli di foca; sempre la Cina solo a partire da gennaio 2017 ha bandito il commercio legale di zanne di elefante. Tuttavia, solo fino a non molti decenni addietro l’avorio era utilizzato per far girare delle palle su un tappeto verde.
Sappiamo bene che la crudeltà è radicata nella natura umana, ma almeno potremmo fare lo sforzo di evitare quella completamente inutile e smettere di perpetrarla e giustificarla con il richiamo alla tradizione, come se un comportamento umano solo perché è nato da molto tempo debba essere mantenuto per sempre. Quasi che la storia fosse un monolite che non si modifica né aggiorna mai.