Si è dimesso da consigliere comunale dopo pochi minuti dalla condanna in primo grado per peculato. I giudici gli contestano circa 6mila euro di rimborsi spese ingiustificati e Manes Bernardini, ex leader della Lega nord a Bologna, ha lasciato il suo scranno: “Mi dimetto, in osservanza di una legge che non commento – ha detto riferendosi alla legge Severino – ma che penso verrà cambiata, anche per un diverso trattamento tra gli eletti. Eletti di serie A i parlamentari, di serie B i consiglieri regionali o comunali”. Pur senza nominarlo, il riferimento di Bernardini è al recente caso di Augusto Minzolini e al voto contrario del Senato alla sua decadenza da parlamentare: in questo caso Palazzo Madama ha salvato il parlamentare condannato e interdetto dai pubblici uffici. La legge Severino in verità prevede una semplice sospensione per gli amministratori locali condannati in primo grado. Ma Bernardini ha deciso comunque di lasciare.
La procura della Repubblica di Bologna ha ottenuto per lui una pena a due anni e sei mesi (e l’interdizione per due anni dai pubblici uffici) per delle spese fatte dall’allora consigliere regionale e messe in conto come rimborsi al gruppo leghista in Regione Emilia-Romagna fra il 2010 e il 2011. Tra le contestazioni ci sono le spese relative all’acquisto di accessori informatici; a un abbonamento a una banca dati giuridica da 3.752 euro; a tre cd musicali di Jovanotti, Vasco Rossi e Cesare Cremonini; ad alcune cene e ad alcuni rimborsi chilometrici.
Infine c’è una consulenza da 1.500 euro affidata a una ragazza a cui fu fatto un contratto di collaborazione per conto del gruppo del Carroccio in Regione. La ragazza però lavorò nella sede del comitato elettorale di Bernardini, quando questi si candidò per la corsa a sindaco di Bologna per tutto il centrodestra nel 2011. Spese insomma che, secondo i magistrati, poco avevano a che fare con il mandato di consigliere. Di parte delle somme per cui è arrivata la condanna, i giudici hanno disposto la confisca. I 3.752 euro dell’abbonamento alla banca dati erano stati invece già restituiti da tempo da Bernardini (anche se a indagini già avviate).
La somma inizialmente contestata dal pm Morena Plazzi era di 44mila euro, ma già a processo le contestazioni si erano ridotte. La sentenza infine ha assolto Bernardini per altre spese, riducendo a circa 6mila euro la somma in questione. Sono stati assolti gli altri due imputati, Stefano Cavalli e Maurizio Parma. In udienza preliminare un altro ex consigliere, Roberto Corradi, aveva patteggiato un anno e sei mesi. Un altro imputato, Luigi Fogliazza, era stato prosciolto. “Certamente proporremo appello”, ha detto il professor Vittorio Manes, avvocato di Bernardini. “Siamo convinti che i criteri seguiti con rigore e che hanno condotto all’assoluzione di Stefano Cavalli, per cui c’è soddisfazione, se applicati coerentemente devono portare anche all’assoluzione di Manes Bernardini”.
Nel 2011 per Manes Bernardini, leghista della prima ora, dopo il 30% al primo turno da candidato contro la corazzata Pd, il salto alla ribalta nazionale sembrava certo. Ma le Politiche 2013 andarono male per i leghisti e Bernardini non riuscì a entrare in Senato. Poi l’arrivo di Matteo Salvini e nel 2014 Bernardini annunciava, dopo 25 anni di militanza, l’addio al Carroccio in polemica con il nuovo segretario.
Ma il consenso di Bernardini in città è ampio e così nel giugno 2016 alle Comunali è lui il vincitore morale. Da candidato sindaco con la lista centrista Insieme per Bologna prende il 10,4%, azzoppa la corsa della leghista Lucia Borgonzoni (che non appoggerà al ballottaggio) e lancia un segnale politico al Pd: l’argine alla leghismo salviniano è lui.
Ora la condanna. “Sono stra-certo che alla fine ne uscirò pulito. Io per la legge italiana sono innocente fino al terzo grado di giudizio”. Bernardini ha già annunciato che farà ricorso in appello: “Sono stato condannato in primo grado per una spesa complessiva di poche centinaia di euro (come detto, stando alle motivazioni, le spese sono tuttavia superiori, ndr), spese ritenute non adeguatamente documentate. Fossero anche solo 60 euro erano e sono soldi dei cittadini, quindi, al mio ottimo avvocato professor Vittorio Manes, che ringrazio, l’onere di dimostrare in secondo grado che quelle spese sono state perfettamente legittime”.