La vicenda del plagio dell’onorevole e professore associato di Economia aziendale Francesco Boccia sta assumendo tratti farseschi, anche grazie all’autodifesa del protagonista. In estrema sintesi e con parole sue: “A Campobasso ho fatto semplicemente un trasferimento dalla mia precedente università”; “Ho presentato una lista di pubblicazioni, non ricordo neppure quali, ma escludo categoricamente che ci siano cose non mie”; “Una di queste era un paper senza alcuna valenza scientifica (…), indicato a un seminario interno nell’allora centro di ricerca, come ‘lettura consigliata’”; “La lista l’ho mandata d’ufficio, non ho nemmeno controllato, perché avrò almeno 20-25 pubblicazioni”.
Nella vasta casistica del plagio accademico questa è forse la prima volta in cui a discolpa echeggia la tesi scajoliana dell’“a mia insaputa”. Purtroppo la puntuale ricostruzione di Elena Ciccarello non lascia zone d’ombra sull’evidenza della scopiazzatura, e sembra per giunta emergere una goffa manovra di tentata dissimulazione. Ma procediamo con ordine.
Il presunto “trasferimento” accettato per “aiutare un’Università del sud a fare un po’ di attività scientifica” non è affatto tale. Si tratta di una procedura aperta e competitiva per un posto di professore associato cui hanno partecipato altri docenti, alcuni dei quali assai qualificati e non in aspettativa. Uno di loro insegna all’estero e tutti superano i requisiti fissati nel 2016 dal ministero per ottenere l’abilitazione scientifica nazionale da professore associato, a differenza di quanto emerge per il vincitore Boccia (già professore associato all’Università Carlo Cattaneo (Liuc) di Castellanza, nel Varesotto, dal 2002, ma secondo le vecchie regole) in base al curriculum presentato. L’On. Prof. Boccia sostiene poi di aver inviato “d’ufficio” (espressione di cui sfugge il senso) ai commissari la preziosa e ristretta lista di 12 pubblicazioni da valutare includendovi anche quella plagiata, pur potendo scegliere tra ben 20-25, ma consapevole che era “senza alcuna valenza scientifica”. Condotta inspiegabilmente autolesionista quello che non era un inesistente “trasferimento”, bensì un concorso che si doveva immaginare competitivo, visti gli agguerriti concorrenti.
Ma veniamo al passaggio cruciale: “Escludo categoricamente che ci siano cose non mie”. Purtroppo non è così, e lo sancisce un atto ufficiale. La dichiarazione “che quanto contenuto nel Cv allegato corrisponde al vero” sottoscritta dall’On. Prof. Boccia il 21 luglio 2016 e ancora agli atti del concorso molisano è falsa: il paper Liuc del 2004 che ha contribuito (in quale misura lo sanno solo i membri della commissione giudicatrice) a fargli vincere il concorso dell’Università del Molise è in realtà il collage di due diversi lavori giù pubblicati anni prima da tre studiosi americani. Soltanto nel dicembre 2016, a concorso concluso e vinto, dopo ben 12 anni dalla sua pubblicazione qualcuno ha tentato assai poco scientificamente di cancellare le tracce del plagio. Il vecchio paper (di cui rimangono ancora copie cartacee ed elettroniche) è stato ritirato dal sito della Liuc per riproporlo nell’incredibile versione “consigli di lettura”, tra l’altro citando sbadatamente solo uno dei due lavori plagiati. Stessa ripulitura sul curriculum online di Boccia, amputato della paternità del paper ma ancora consultabile nella vecchia versione. Del resto, chiunque abbia un minimo di familiarità con pubblicazioni accademiche e curriculum sa che la formula “letture consigliate” è un puro nonsense, un’espressione da teatro dell’assurdo.
Questa è la storia, purtroppo non nuova nel mondo accademico italiano, spesso inerte nel reagire quando non omertoso rispetto a una pratica che rappresenta un vero e proprio furto di idee e parole, un tradimento della fiducia della comunità scientifica che sulla titolarità di quelle pubblicazioni fonda i criteri di validazione dei contributi individuali al progresso della conoscenza. Il professore plagiario si macchia di una colpa di indegnità, ma se titolare di incarichi pubblici il “tradimento” è duplice, si estende naturalmente anche alla sua responsabilità di fronte alla comunità politica che gli ha delegato quei poteri. In Ungheria, Croazia e Germania negli ultimi anni altissime cariche dello Stato, ministri e Presidenti, si sono dovute dimettere perché era stato dimostrato il plagio di parti delle loro tesi. Ma il caso Boccia è più grave: ha utilizzato una pubblicazione frutto di plagio nell’ambito di un concorso pubblico attribuendosene falsamente la paternità, danneggiando così concorrenti meritevoli, ingannando i commissari, violando le disposizioni del codice etico dell’Università che l’ha assunto. Ritengo come docente universitario e come cittadino che questo dovrebbe bastare per spingere l’On. Prof. Boccia a un passo indietro almeno dall’incarico pubblico di più elevato profilo istituzionale che ricopre e per indurre l’Università del Molise e il ministero dell’Università a riesaminare gli atti di un concorso dagli esiti ingiustamente falsati.
Perciò mi sono permesso di utilizzare questo spazio pubblico per indirizzare all’On. Boccia una lettera aperta, che provvederò a inoltrargli anche per email al suo account ufficiale, iniziativa che spero altri abbiano voglia e tempo di condividere.
Oggetto: richiesta di dimissioni
Gentile On. Prof. Francesco Boccia,
l’evidenza del Suo plagio in una pubblicazione (Liuc paper su “The regulation of public local services…” del 2004) da Lei utilizzata nell’ambito di un concorso pubblico dell’Università del Molise e la falsa dichiarazione da Lei sottoscritta con la quale se ne attribuiva la paternità mi inducono a chiederLe di prendere in considerazione la possibilità di offrire le Sue dimissioni almeno dall’incarico di Presidente della Commissione Bilancio della Camera. Al riguardo mi permetta di utilizzare un argomento al quale, in virtù del suo ruolo istituzionale, sarà probabilmente sensibile. Un nostro collega, il prof. Lucio Picci dell’Università di Bologna, mediante una stima econometrica ha calcolato in circa 585 miliardi di euro il reddito che – a parità di altre condizioni – l’Italia potrebbe produrre in più ogni anno se solo colmasse lo “spread etico” che la separa dalla Germania, raggiungendone gli stessi livelli di integrità nella gestione della cosa pubblica. Converrà con me che il plagio è una delle forme più nocive di corruzione accademica, un vero e proprio “abuso di potere a fini privati” che inquina e distorce i processi di selezione meritocratica dei ricercatori, ostacolando un reale avanzamento della conoscenza scientifica. Se vogliamo iniziare a colmare quel differenziale con la Germania dobbiamo garantire il medesimo rigore nella risposta a vicende analoghe alla Sua: mi consenta di ricordarLe le pronte dimissioni del ministro tedesco della Difesa Karl-Theodor Guttenberg nel marzo 2011 e della ministra tedesca dell’Istruzione e della Ricerca scientifica Annette Schavan nel febbraio 2013, imposte dall’opinione pubblica e dagli stessi colleghi di partito a seguito dell’evidenza di un plagio di parti delle loro tesi di dottorato. Voglio sperare che anche Lei, ben consapevole delle severe ristrettezze in cui da anni versano i bilanci dello Stato, non vorrà astenersi dall’offrire il più efficace contributo che come esponente politico e rappresentante delle istituzioni può oggi fornire al bene del nostro paese: si dimetta.
Saluti,
Alberto Vannucci
Università di Pisa