Il boss di Cosa Nostra dichiarato colpevole dell'omicidio del chirurgo palermitano il 6 novembre del 1981. “Non era un medico a disposizione di Cosa nostra” ha raccontato il collaboratore di giustizia Francesco Onorato
Assolto in primo grado, condannato in appello per un omicidio di mafia commesso quasi 36 anni fa. È stata ribaltata in appello la sentenza per l’omicidio del medico Sebastiano Bosio, ucciso il 6 novembre 1981 a Palermo. La Corte d’assise d’appello del capoluogo siciliano ha condannato all’ergastolo il boss Nino Madonia. Durante l’interrogatorio il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, di recente, aveva confermato il motivo dell’uccisione: un intervento chirurgico non eseguito dal medico su un uomo d’onore. In primo grado Madonia era stato assolto dall’accusa di aver assassinato il chirurgo.
Un nome gridato per farlo voltare, quattro colpi di una calibro 38 a rompere il silenzio di un tramonto d’autunno e una fuga neanche troppo precipitosa: quella di Bosio fu un’esecuzione in piena regola, come tante altre avvenute a Palermo in quegli anni ’80 intrisi di sangue e violenza. Solo che Bosio non è un mafioso e non è neanche un magistrato: è un medico, fa il primario di chirurgia vascolare all’ospedale Civico e con certi personaggi che si muovono nei corridoi del nosocomio palermitano dimostra di non volere avere rapporti.
“Bosio non era un medico a disposizione di Cosa nostra” ha raccontato il collaboratore di giustizia Francesco Onorato. “A me – ha spiegato il pentito durante la sua deposizione al processo – lo disse Salvatore Micalizzi, al bar Singapore. A ucciderlo fu Nino Madonia. Infatti Micalizzi mi disse: u dutture si futtio u dutture (il dottore ha ucciso il dottore). Perché Nino Madonia veniva chiamato il dottore per la sua cultura”. Durante il processo di primo grado l’accusa aveva chiesto il cambio d’imputazione per Madonia, che da esecutore materiale è stato indicato anche come mandante del delitto, dato che all’epoca era il reggente del clan mafioso di Resuttana.
Il processo a Madonia è iniziato nel 2011, dopo la richiesta di rinvio a giudizio del pm Lia Sava avanzata a seguito della perizia eseguita dei carabinieri sui proiettili utilizzati dai sicari. L’arma utilizzata per freddare Bosio, una calibro 38, sarebbe la stessa che nel giugno 1982 esplose i colpi che uccisero due meccanici a Passo di Rigano, Francesco Chiazzese e Giuseppe Dominici. Un duplice omicidio per il quale Madonia è stato condannato, dopo aver incassato l’assoluzione in primo grado.