Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, in Italia i ginecologi obiettori, che non praticano l’interruzione volontaria di gravidanza (ivg) prevista dalla legge 194 del 1978, sono circa il 70%
“Preoccupa la difficoltà di accesso agli aborti legali in Italia a causa del numero dei medici che si rifiutano di praticare interruzione di gravidanza per motivi di coscienza”. A dirlo nelle sue osservazioni sulla situazione italiana è il comitato per i diritti umani dell’Onu. Preoccupazione è espressa anche per la distribuzione in tutto il Paese dei medici obiettori, e “il numero significativo di aborti clandestini”. “Lo Stato – sottolinea – dovrebbe adottare misure necessarie per garantire il libero e tempestivo accesso ai servizi di aborto legale, con un sistema di riferimento valido”.
Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, in Italia i ginecologi obiettori, che non praticano l’interruzione volontaria di gravidanza (ivg) prevista dalla legge 194 del 1978, sono circa il 70%. Un dato che si mantiene stabile. Le ivg, di contro, sono diminuite in modo significativo nel corso degli anni: nel 1983 erano pari a 233.976; nel 2013 sono più che dimezzate (102.760) e nel 2014 sono scese sotto le centomila, a 97.535. In 30 anni, quindi, le ivg sono calate di 131.216 unità, mentre i ginecologi non obiettori sono scesi di 117 unità.
Numeri però che secondo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, garantiscono l’applicazione della legge 194. Infatti, come di recente rilevato dallo stesso ministro, in trent’anni c’è stato un “dimezzamento del numero di ivg settimanali, a livello nazionale, a carico dei ginecologi non obiettori, che nel 1983 effettuavano 3,3 ivg a testa a settimana, mentre ne effettuano 1,6 nel 2013, e dalle Regioni non è giunta alcuna segnalazione di carenza di medici non obiettori”. Secondo il ministero, quindi, “il numero dei punti ivg appare più che adeguato rispetto al numero delle ivg effettuate”. Dati, però, più volte contestati dalla Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194 (Laiga), che sostiene come l’Italia sia tra gli ultimi Paesi in Europa per tutela della salute delle donne che vogliono abortire con otto regioni in cui la percentuale di medici obiettori oscilla tra l’80% e il 90%, come in Molise e Campania. Percentuali che, secondo la Laiga, pongono l’Italia quasi ai livelli dei paesi in cui l’aborto è vietato, ovvero Irlanda e Polonia, e ben lontana da paesi come la Francia dove l’obiezione è al 7%, il Regno Unito dove è al 10% o i paesi scandinavi dove l’obiezione di coscienza non si registra del tutto.
Lo scorso aprile, anche il Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa si era espresso pronunciandosi su un ricorso presentato dalla Cgil e affermando che le donne in Italia continuano a incontrare “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi d’interruzione di gravidanza, nonostante quanto previsto dalla legge 194 sull’aborto e che l’Italia viola quindi il loro diritto alla salute. Lo scorso luglio, tuttavia, in una risoluzione, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa si felicitava “per gli sviluppi intervenuti” in Italia dopo la condanna da parte del Comitato europeo e affermava di attendere “con interesse il rapporto che le autorità devono presentare al Comitato europeo dei diritti sociali nel 2017”.