Alla fine si è dimesso. O meglio ha presentato la lettera per chiedere di lasciare il suo seggio al Senato. Adesso sarà l’aula di Palazzo Madama a decidere se potrà farlo o meno. Sì perché paradossalmente il parlamentare pregiudicato Augusto Minzolini potrebbe essere salvato ancora una volta dai suoi colleghi senatori. “Oggi mi sono dimesso. Sono andato stamattina e ho presentato la lettera. Perché sono una persona seria e non prendo lezioni da altri. La lettera l’ho presentata alla presidenza del Senato”, ha detto l’ex direttore del Tg1 alla trasmissione L’aria che tira su La7.
“Quello che ho fatto l’ho fatto per coerenza – ha spiegato Minzolini – Mi sono dimesso oggi perché l’ho voluto io e non perché me lo hanno chiesto altri. Adesso voglio tornare a fare il giornalista”. La sua posizione, sotto il profilo dell’esecuzione della pena, sarà discussa davanti al tribunale di sorveglianza di Roma. I suoi difensori chiederanno che la pena a due anni e sei mesi a cui è stato condannato per peculato venga scontata alla Comunità di Sant’Egidio. “Ho raccolto in questi giorni la solidarietà e la vicinanza di più colleghi parlamentari – ha aggiunto il giornalista – anche di altri schieramenti. Ho presentato le dimissioni e adesso il Senato faccia quello che deve. Io intendo tornare al mio antico amore, il giornalismo. Fermo restando che considero importante e molto interessante l’esperienza vissuta da parlamentare”.
Quanto alle dimissioni da parlamentare, tuttavia, il regolamento del Senato anche in questo caso è chiaro: la revoca del mandato non è automatica per gli eletti che si dimettono, ma dovrà essere accettata dalla camera d’appartenenza. In fatti i Cinquestelle, con Carlo Martelli, chiedono al presidente Piero Grasso di calendarizzare “subito” la votazione. Il caso più celebre di dimissionario mai dimesso è quello del senatore Giuseppe Vacciano (eletto nel M5s e ora nel Misto) che non riesce a lasciare il suo seggio da più di 800 giorni: Palazzo Madama, infatti, ha respinto per tre volte la sua richiesta di dimissioni. Anche nel caso di Minzolini, quindi, il Senato, potrebbe votare contro le dimissioni, salvando nuovamente il parlamentare forzista, dopo l’imbarazzante performance del 16 marzo scorso. In quel caso Palazzo Madama aveva respinto il parere della Giunta per le Immunità favorevole alla decadenza di Minzolini da senatore, come previsto dalla legge Severino, dopo che la sua condanna per peculato a due anni e mezzo con interdizione dai pubblici uffici era diventata definitiva.
In pratica i senatori hanno votato contro l’applicazione di una legge da loro stessi emanata. Fondamentali in quel caso sono stati i 19 voti arrivati dal Pd – alcuni renziani ma anche “insospettabili”, come Rosaria Capacchione – e i 24 dem assenti. E adesso che il Senato avrebbe dovuto calendarizzare un’altra votazione sul futuro di Minzolini – quella sulla decadenza dovuta all’interdizione dei pubblici uffici – ecco che il giornalista presenta le sue dimissioni. Toccherà ai suoi colleghi decidere se salvarlo di nuovo o decretare finalmente che un pregiudicato non può sedere in parlamento. Dalla condanna definitiva per peculato, intanto, sono passati 502 giorni: 16 mesi costati a palazzo Madama circa 245mila euro in tutto. Fino ad oggi.