Da interprete o traduttore si ha senz’altro una sensibilità maggiore verso le proprie lingue di lavoro così come verso la cultura e l’attualità dei paesi con i quali si lavora.
Leggendo la stampa italiana capita regolarmente di trovare termini (più che traduzioni) che spesso e volentieri sono veri e propri neologismi o scelte traduttive stravaganti che non trovano corrispondenza nella lingua d’origine.
Qualche esempio dal francese: il partito Les républicains (ex Ump di Sarkozy), oggi capeggiato dal candidato alla presidenza François Fillon, è considerato in Francia di destra mentre in Italia, Fillon e il suo partito diventano di destra moderata – quasi ci fosse un timore ad attribuire quell’orientamento politico senza un “centro” o un qualcosa di più “rassicurante” accanto – valicate le Alpi. E ciò non solo quando viene comparato all’estrema destra di Marine Le Pen. Curioso che in Francia, invece, la droite modérée venga identificata con chi ha posizioni più centriste rispetto a Fillon e alla maggioranza del suo partito e non si riconosca in quest’ultimo.
Altro caso di traduzione non solo stravagante, ma anche errata arriva da altri giornali e siti che titolano sul presunto finanziamento illegale ricevuto da Sarkozy per le presidenziali del 2012, traslazione molto probabilmente causata da un calco sul francese financement illégal. Tutti però sappiamo che in Italia (e in italiano) si viene indagati per finanziamento illecito.
Sempre restando in tema di cronache politico-giudiziarie, i nostri media ci informavano tempo fa che “Sarkozy era stato messo in stato d’accusa“. Chi avrà qualche reminiscenza di diritto costituzionale saprà che in Italia (e in italiano) questa da noi è una possibilità prevista dall’Art. 72 della Costituzione da parte del Parlamento, nei confronti del Presidente della Repubblica. Certo, nulla osta all’esistenza di una procedura simile anche in Francia, con lo stesso nome ma con elementi diversi, peccato che a leggere bene apprendiamo che “L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy è stato messo in stato d’accusa da un giudice istruttore di Parigi per corruzione, traffico di influenze e violazione del segreto istruttorio“. In Francia, per gli stessi fatti, la stampa parla di mise en examen che non è uno stato d’accusa, ma quella che conosciamo come iscrizione nel registro degli indagati. Qui non si poteva neanche trattare di un calco linguistico visto che nessuno oltralpe ha mai scritto di un état d’accusation nei confronti dell’ex presidente francese.
Per concludere, passiamo a come, a seconda di chi sia oggetto di un provvedimento, si decida di usare un termine al posto di un altro, una sorta di traduzione classista. In Francia, quello che conosciamo come fermo di polizia o stato di fermo è chiamato garde à vue e i poliziotti e la magistratura fanno ricorso a questo strumento in misura molto maggiore rispetto all’Italia, tanto è vero che non passa giorno senza che si senta questo termine al telegiornale. Stiamo parlando di qualcuno spesso sospettato di aver commesso un reato, sul quale ci sono indizi o prove (o a volte solo sospetti), che viene fermato per 24/48 ore e rilasciato in mancanza di confessione o di indizi che giustifichino il prolungamento del fermo.
Probabilmente, è normale che ogni traduttore decida liberamente come rendere un termine nella propria lingua, e ogni parola ha una serie di sinonimi con lo stesso significato o con piccole sfumature (l’eterna questione del tradurre- tradire). Eppure, ci sono termini che, seppur con un significato simile o quasi identico portano con sé una connotazione maggiormente negativa per l’uso che se ne fa: mi riferisco al termine arrestato che, pur volendo significare fermato o in stato di fermo, è utilizzato in Italia soprattutto per chi, nell’opinione pubblica è praticamente già colpevole, perché deve scontare una pena in seguito ad una condanna o è stato colto in flagranza di reato ( “Ndrangheta, arrestato il latitante Antonio Pesce”). In questo caso, trova il suo equivalente francese in arrêté o en état d’arrestation.
Detto ciò, è alquanto curioso constatare che, se in Francia la stampa dà notizia di due persone o gruppi nella stessa situazione traduce garde à vue (stato di fermo), a prescindere dalla loro condizione socio-professionale (per esempio, operai inferociti che stanno per perdere il lavoro da una parte e un ex presidente della repubblica dall’altra saranno entrambi considerati oggetto di garde à vue); in Italia, molti giornali operano una distinzione lessical- classista. Gli esempi sarebbero innumerevoli, ma scegliamone alcuni: 5 sindacalisti arrestati (Il Giornale), cinque arresti (La Repubblica), cinque operai arrestati (Corriere). Invece, se si tratta di Sarkozy, parla di “Sarkozy in stato di fermo” (Il Giornale, Corriere della Sera) e “Sarkozy fermato” (La Repubblica).
Come ricordava Nanni Moretti, “le parole sono importanti”: i giornalisti cerchino e diano le notizie, ma le traduzioni forse sarebbe più opportuno lasciarle a chi fa questo di mestiere.