Nell'appartamento di Mario Castagnacci, considerato dagli inquirenti l'autore del colpo che ha causato il decesso di Emanuele Morganti, la sera prima erano stati rinvenuti anche 150 di crack e 600 di hashish. Il gip aveva confermato il provvedimento senza provvedimenti restrittivi. L'avvocato: "Di buona famiglia, con un lavoro fisso. Siamo riusciti a dimostrare che non doveva spacciare per vivere". Un investigatore: "Scelta azzardata, ma non estranea alla normativa"
Se la legge fosse stata applicata in maniera diversa, probabilmente Mario Castagnacci la notte tra il 24 e il 25 marzo si sarebbe trovato rinchiuso in una cella o agli arresti domiciliari, lontano dal Mirò music club di Alatri. E forse Emanuele Morganti sarebbe ancora vivo. Perché quello che gli inquirenti ritengono uno dei protagonisti del pestaggio costato la vita al 20enne è stato fermato insieme a tre amici la sera prima, il 23 marzo. Durante un’operazione in un appartamento che il 27enne divide con gli altri tre ragazzi (estranei all’omicidio di Morganti) in zona Pigneto, infatti, i carabinieri di Roma hanno trovato 300 dosi di cocaina, 150 di crack e 600 di hashish. E’ scattato l’arresto immediato per i quattro. Ma il giorno dopo il gip, pur convalidando il provvedimento, ha rimesso in libertà il gruppo senza richiedere l’osservanza di nessun tipo di obbligo. In sostanza il giudice ha accolto la tesi difensiva: quella grossa quantità di droga non doveva essere spacciata, perché gli arrestati provengono tutti da buone famiglie, hanno un lavoro e uno stipendio fisso. Secondo il gip, quindi, era destinata solamente al “consumo di gruppo“. Non hanno pesato nemmeno i precedenti specifici di Castagnacci, che ha già tre procedimenti aperti sempre legati agli stupefacenti. La sera stessa della scarcerazione, il 27enne – che stando alle indagini è l’autore del colpo mortale – insieme al fratellastro Paolo Palmisani (fermato anche lui) e ad altri amici, sotto l’effetto di alcol e droga, ha partecipato al massacro di Emanuele Morganti. Ammazzato di botte e sprangate davanti al Mirò music club. Per “futili motivi”. Nell’indifferenza generale.
Ma perché Castagnacci è stato scarcerato nonostante sia stato trovato con tutta quella droga? “La legge lo prevede, devi però riuscire a dimostrare che il quantitativo che possiedi è proporzionato alle tue disponibilità economiche e non è destinato allo spaccio. Sta poi alla dicrezionalità del giudice applicare o meno misure cautelari. In questo caso la scelta mi sembra stata azzardata, ma non posso entrare in merito della decisione” dice al fattoquotidiano.it un investigatore dell’Antidroga che per ovvie ragioni chiede l’anonimato.
Intanto Mario Castagnacci dovrà trovare un altro avvocato per difendersi dall’accusa di aver partecipato al massacro di Emanuele Morganti. Il suo legale Tony Ceccarelli, che lo ha difeso in tutti gli altri procedimenti, ha infatti rinunciato all’incarico: “Voglio precisare che la mia scelta è stata autonoma, a prescindere dagli atti dell’indagine. E non è stata influenzata da fattori esterni (il riferimento è alle presunte minacce subite dagli avvocati di altri indagati, ndr). Per quanto riguarda la scarcerazione di Castagnacci – continua Ceccarelli al telefono con il Fatto.it – posso solo dire che il giudice non ha ritenuto opportuno applicare misure cautelari perché sono riuscito a dimostrare che la droga trovata non era destinata allo spaccio. Il mio cliente, infatti, proviene dalla Roma bene. La sua famiglia possiede negozi di calzature all’ingrosso e Castagnacci, così come gli altri tre arrestati, ha un impiego stabile e un buono stipendio. Insomma, nessuno deve spacciare per vivere. E’ stato ritenuto che la droga trovata servisse veramente per essere consumata dai quattro. E inoltre è stata riconosciuta la non elevata quantità dello stupefacente, bensì la sua elevata purezza. Può sembrare strano ma le 300 dosi di cocaina trovate equivalgono a 15 grammi“. E perché non hanno pesato i precedenti specifici di Castagnacci? “Il mio cliente poteva restare libero in attesa di un procedimento perché secondo il giudice non rappresentava un pericolo“.