“Chi è stato assunto illegittimamente in Atac sarà licenziato”. Il Campidoglio conferma la notizia anticipata da Ilfattoquotidiano.it due mesi fa e annuncia provvedimenti drastici nei confronti di 33 persone entrate nell’azienda dei trasporti di Roma fra il 2009 e il 2010, durante il mandato dell’ex sindaco Gianni Alemanno. La decisione è arrivata dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza con cui il tribunale di Roma il 15 dicembre ha condannato in primo grado quattro ex dirigenti, fra cui l’allora ad Adalberto Bertucci. In realtà, le assunzioni contestate erano 41, ma 3 di queste sono state considerate “valide” in quanto i dipendenti avevano i titoli e l’esperienza necessaria per ricoprire i rispettivi ruoli, mentre altre 6 persone sono già uscite dall’azienda negli scorsi anni. Per gli altri, “diventa doveroso da parte dei soggetti competenti provvedere al ripristino della legalità”. I provvedimenti sono stati ritenuti “non solo illegittimi ma anche illeciti“.

Il “pentito” e l’effetto domino: tutti contro tutti
In realtà potrebbe essere solo l’inizio. A ilfattoquotidiano.it, infatti, arriva la testimonianza di uno dei 33 lavoratori in procinto di essere cacciati, che per motivi di sicurezza preferisce non dare l’assenso alla pubblicazione del nome: “A un collega nella mia situazione hanno già sfasciato i vetri della macchina, temo per la mia incolumità”, si giustifica. Dice che il suo avvocato ha già pronta la bozza del ricorso e che è intenzionato a chiedere di esaminare la posizione “di almeno altre 250 persone assunte dopo il 2009, ovvero dopo l’entrata in vigore della legge Brunetta”, a cui per altro fa riferimento la sentenza del tribunale. “E’ dal 2000 che in Atac si entra senza concorso pubblico, ma per chiamata diretta – ammette – Fra le giunte Veltroni e Alemanno avranno fatto entrare anche 3mila persone. Io ho mandato il curriculum e sono stato assunto, peraltro con una laurea mi hanno dato un inquadramento da licenzia media”.

Il “così fan tutti” non può bastare. Ma la domanda è: quanti sono questi “tutti”? “Io come gli altri – racconta – paghiamo il fatto aver visto il nostro nome pubblicato sui giornali. I pm hanno agito, legittimamente, raccogliendo gli articoli giornalistici che hanno avuto la funzione di notitia criminis. Ma sui quotidiani ci siamo finiti in 40, quando di assunti in quel modo dopo la Brunetta ce ne sono quasi 300. E allora io dico: muoia Sansone con tutti i filistei”. Che significa? “Vuol dire che stiamo istruendo il ricorso facendo leva su tutte le altre assunzioni effettuate. E se non verranno prese in considerazione, presenteremo esposti su cui la magistratura sarà obbligata a lavorare. O andiamo via tutti, o non va via nessuno”. Poi una parziale difesa: “Io sono entrato al minimo dello stipendio, 1.200 euro, e ho sempre lavorato onestamente. Altri invece hanno preso compensi da quadri, assegni ad personam e non sono finiti sui giornali per caso o perché chi ha spifferato i nomi ai cronisti aveva interesse a proteggerli”.

Nelle pieghe della legge Brunetta
Determinante è l’applicazione della legge Brunetta del 2009 che per la prima volta ha introdotto concorsi obbligatori per l’ingresso nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende pubbliche e partecipate. Per essere applicata nelle municipalizzate, tuttavia, ha bisogno di “un indirizzo specifico” da parte dell’azionista – in questo caso il Comune di Roma – indirizzo che l’allora giunta Alemanno affidò regolarmente alle sue aziende. “L’inadeguatezza dei profili di per sé non è motivo sufficiente per licenziare i lavoratori – spiega Ignazio Cozzoli, consigliere capitolino di centrodestra e esperto di diritto del lavoro – E’ la modalità con cui sono stati individuati e selezionati gli assunti che conta. A questo punto dovrebbe essere rivista la legittimità di tutte le assunzioni effettuate, cosa che porterà a un disastro occupazionale e a una situazione di incertezza”. Secondo Cozzoli “è un modo per colpire l’anello più debole della catena”.

La scelta per il nuovo direttore generale
Nel frattempo, in Atac prosegue l’esame dei curricula per la scelta del nuovo direttore generale, figura che dovrà traghettare Atac verso la scadenza del 2019 entra la quale deve avvenire l’apertura al mercato privato. Fra le candidature già pervenute sulla scrivania dell’amministratore unico Manuel Fantasia c’è quella di Gianluca Ponzio, ex dirigente di Alitalia e della stessa Atac, coinvolto e poi “assolto” nel caso Parentopoli; fra i papabili anche Carlo Pino, già a capo della Anm di Napoli e Filippo Allegra, ex amministratore della Ratp Italia, divisione della società parigina che avrebbe voluto gestire la Roma-Lido prima del “niet” pronunciato dalla Regione Lazio. Si parla poi insistentemente di Bruno Rota, manager in uscita dall’Atm di Milano, molto gradito all’assessore alle Partecipate, Massimo Colomban, che venerdì 31 marzo a sua volta dovrebbe finalmente esporre, in una riunione di Commissione ad hoc, il suo piano per la riorganizzazione delle municipalizzate capitoline.

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