Autovelox sì, controlli su strade e autostrade per verificare le condizioni dell’asfalto no: nessuna ispezione per vedere in che stato si trovano ponti e viadotti. Ma la sicurezza al volante non sono solo le multe spesso inflitte con l’obiettivo impellente di rimpinguare casse pubbliche esauste: mille autovelox non tengono su le campate dei viadotti e non cambiano di una virgola la pericolosità di un tragitto dissestato o di curve disegnate male. Con tutte le conseguenze a corredo: in alcuni casi morti e feriti, sempre lo spreco di dover ricostruire di sana pianta un’infrastruttura che si sarebbe potuta salvare con una spesa mille volte meno elevata. Per tenere in efficiente sicurezza strade, ponti e viadotti ci vorrebbe una buona manutenzione e prima ancora bisognerebbe sapere dove e come concentrare gli interventi necessari. Invece soprattutto sulle strade statali e locali in Italia si investe poco in manutenzione e per quanto riguarda le ispezioni preventive è ancora peggio: non sono mai partite.
Eppure avremmo dovuto farle queste ispezioni non solo per una questione di elementare buon senso, ma anche perché “ce lo chiede l’Europa“. E in questo caso non si trattava di una richiesta burocraticamente astrusa o socialmente vessatoria, ma una direttiva approvata nel 2008. L’Europa voleva vederci chiaro sulle condizioni delle strade del continente, a partire da quelle della rete Ten, le arterie transnazionali. Voleva che ispettori ministeriali, cioè soggetti terzi rispetto ai gestori delle strade, pubblici o privati che fossero, andassero materialmente sul posto per verificare chilometro dopo chilometro com’era messo l’asfalto, le condizioni delle barriere protettive laterali, la visibilità dei segnali, la stabilità dei ponti e dei viadotti, le cause dell’alta incidentalità in alcuni punti specifici, i cosiddetti black point.
La prescrizione europea è stata recepita dall’Italia con la solita calma, tre anni dopo con il decreto legislativo numero 35 del 2011. Da allora, però, nemmeno un ispettore è stato inviato sulle strade. I controlli dovevano essere a tappeto e riguardare in via prioritaria le arterie nevralgiche, i circa 6mila chilometri di autostrade date in Italia dallo Stato in concessione ai privati e oltre a queste dovevano essere controllate le vie equiparate alle strade transnazionali, come la Salerno-Reggio Calabria, oltre 400 chilometri di autostrada rimasta in gestione all’Anas. O la E45, la statale Orte-Cesena, 250 chilometri tra i peggio tenuti di tutta la rete nazionale. Le ispezioni avrebbero poi dovuto essere estese a tutte le strade statali e infine alle decine e decine di migliaia di vie regionali, provinciali e comunali. Per quanto riguarda le autostrade perché il decreto passasse dalla carta all’asfalto era necessario tra le altre cose stabilire quanto avrebbero dovuto pagare i concessionari, cioè la tariffa per la remunerazione del lavoro degli ispettori. A distanza di sei anni però è ancora buio pesto e al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non hanno mai trovato il tempo di scrivere il regolamento attuativo.
Per quanto riguarda la rete locale il termine ultimo per le ispezioni è stato fissato al lontano 2021, nel frattempo le Regioni dovranno provvedere da un punto di vista regolamentare e c’è da sperare che lo facciano senza sforare i tempi. Infine per i 25mila chilometri di strade statali in gestione all’Anas lo Stato sembra essersi bendato per non voler vedere come stanno davvero le cose. In un primo tempo era stata fissata al primo gennaio 2016 la data per l’entrata in vigore del decreto di 5 anni prima sulle ispezioni. Ma al ministero dei Trasporti hanno trovato il modo di rinviare anche questa scadenza: proroga di altri due anni. Se tutto andrà bene, le prime ispezioni sulle strade statali inizieranno nel 2018.
Stando così le cose, in assenza di controlli esterni da parte di soggetti terzi e autorevoli, la manutenzione stradale in Italia resta di fatto affidata al buon cuore dei gestori pubblici e privati, Anas, Autostrade per l’Italia dei Benetton, la famiglia Gavio. Ma le strade sconnesse, la segnaletica cadente, le barriere di burro, i ponti e i viadotti che si sbriciolano su strade e autostrade dimostrano che il buon cuore non basta. In Italia gli interventi di conservazione stradale si fanno poco e male (senza considerare le ruberie che spesso accompagnano gli appalti dei lavori). La manutenzione è carente non sempre e non solo perché non ci sono i soldi, anzi, nel caso delle autostrade i soldi ci sarebbero, considerando i bilanci floridi che presentano i concessionari. Quel che lascia di stucco in questa storia delle ispezioni mancate è la pervicacia con cui lo Stato insiste a fregare se stesso.