Politica

Poletti e il nuovo Football Jobs Act

Non è colpa sua, è che lo disegnano così. A quanto pare però al disegnatore di Giuliano Poletti la penna sfugge di mano un po’ troppo spesso. Ieri, per esempio, l’illustratore delle Avventure del Collezionista di Gaffes si è distratto ancora una volta e ha insudiciato il foglio con l’ennesima chiazza d’inchiostro.

Durante un incontro all’istituto Manfredi Tanari sull’alternanza scuola-lavoro, tema a lui molto caro sin da quando c’informò che per gli studenti del liceo tre mesi di vacanze estive a vagabondare per le strade sono troppi, Poletti ha lasciato che l’enfatica perorazione degli stage formativi obbligatori gli prendesse un po’ troppo la mano e se n’è uscito così: «Il rapporto di lavoro è prima di tutto un rapporto di fiducia. È per questo che lo si trova di più giocando a calcetto che mandando in giro dei curriculum».

L’obiettivo del Collezionista di Gaffes, come lui stesso si è affannato a spiegare a seguito dell’inevitabile sequela di polemiche che ha generato la sua affermazione, era quello di evidenziare quanto sia importante la fiducia all’interno di un rapporto lavorativo e come le esperienze formative previste dall’alternanza scuola-lavoro siano un’occasione di costruire un rapporto privilegiato con quelle realtà professionali con le quali si viene a contatto.

Quello che sfugge a Giuliano Poletti è che se a dirci che creare un buon rapporto, il più informale possibile, in cui magari si va anche a bere una birra insieme e a fare due chiacchiere con la persona dalla quale ci piacerebbe essere assunti, è zio Mario, non c’è nessun problema: nulla di nuovo sotto il sole. Se invece a dirci che creare un rapporto confidenziale con un potenziale futuro datore di lavoro è un sistema molto più efficace per ottenere il posto che non avere una valida formazione e rivendicarla attraverso il proprio curriculum è il ministro del Lavoro in persona, la faccenda assume una connotazione un po’ diversa.

Che la mondanità, le cosiddette public relations siano purtroppo parte integrante del mondo lavorativo contemporaneo lo sappiamo tutti, così come sappiamo che l’attitudine salottiera spesso supplisce all’assenza di reali competenze; ci siamo persino abituati a coesistere passivamente con questa dinamica. Quando però l’incaricato ad occuparsi che la realtà lavorativa del nostro Paese funzioni e che si operi affinché ciascuno abbia la possibilità di trovare un impiego a seconda degli studi fatti e delle abilità riconosciute, ci fa l’occhiolino e ci fa capire che se riusciamo a farci amica la persona per la quale vogliamo lavorare abbiamo risolto, le braccia non possono che caderci per terra.

Perché, oltre la micro-realtà dei suoi adorati stage formativi, alla quale l’orizzonte visivo del ministro sembra fermarsi, esiste la macro-realtà del mondo lavorativo tutto, in cui molti ragazzi non hanno nessuna possibilità di crearsi un rapporto privilegiato con coloro da cui vorrebbero essere assunti. E’ per questo che prima di aprire bocca bisognerebbe ricordarsi che ruolo si ricopre e in base a questo che peso avranno le parole pronunciate.

Ma del resto Poletti il Collezionista è lo stesso che dei cervelli in fuga disse “Questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”. Piedi che oggi suggerisce di usare per un calcetto impiegatizio. Chissà che la prossima Riforma del lavoro non si chiami Football Jobs Act.