Il blitz è stato eseguito nella notte. I quattro soggetti sono tutti cittadini originari del Kosovo e in Italia con regolare permesso di soggiorno. Controlli anche a Mestre e Treviso. Salvini: "Blindare i confini prima che sia troppo tardi". Il procuratore capo di Venezia D'Ippolito: "Sono stati sempre sotto controllo, non sono sfuggiti per un attimo alla nostra osservazione e abbiamo controllato ogni loro movimento e ogni loro rapporto"
“A Venezia guadagni subito il paradiso per quanti miscredenti ci sono qua. Metti una bomba a Rialto“. È in una intercettazione che investigatori hanno individuato l’intenzione di quattro cittadini kosovari di portare a termine un attentato nel capoluogo veneto e colpire uno dei luoghi simbolo della città lagunare conosciuto in tutto il mondo. “Non vedo l’ora di giurare ad Allah. Se mi fanno fare il giuramento sono già pronto a morire” si sente in un’altra conversazione captata dai detective. Un altro degli indagati, invece, definisce “un grande” un terrorista che in uno dei video di propaganda del Califfato prepara una bomba e la mette in uno zaino, per poi andare a farsi esplodere. Nei dialoghi, infine, gli indagati magnificano anche l’ultimo attentato compiuto a Londra.
I quattro, dopo le indagini di polizia e carabinieri, sono stati bloccati e arrestati con l’accusa di essere i componenti di una cellula jihadista. Tra i quattro c’è anche un minorenne sottoposto a fermo. Gli indagati erano in Italia con regolare permesso di soggiorno. Nell’ambito dell’operazione antiterrorismo sono anche state eseguite dodici perquisizioni: dieci nel centro storico, una a Mestre e una a Treviso. La Nuova Venezia scrive che i quattro arrestati hanno tutti meno di trent’anni e che due di loro lavoravano come camerieri. L’indagine è stata svolta dagli uomini del reparto operativo dei Carabinieri e dal personale dalla Digos di Venezia: dopo aver individuato la cellula, sono state ricostruite le dinamiche relazionali, la radicalizzazione religiosa dei vari soggetti, i luoghi che frequentavano. Secondo gli investigatori gli indagati guardavano video su come utilizzare coltelli. All’operazione hanno partecipato anche il personale della Direzione centrale della polizia di prevenzione, unità cinofile dei Carabinieri, il nucleo Artificieri della questura di Venezia e il personale della Polizia scientifica.
I tre kosovari arrestati sono Fisnik Bekaj, Dake Haziraj e Arjan Babaj. Il gruppo, hanno spiegato gli investigatori, era particolarmente ispirato nell’ultimo periodo dall’attentato terroristico avvenuto all’esterno del Parlamento britannico. L’ipotesi di reato contestata è di terrorismo in associazione, confermata dall’attività digitale con contatti in tutto il mondo e dal materiale trovato nelle due abitazioni a disposizione degli indagati. Durante le perquisizioni sono state trovate alcune pistole, di cui si sta ora valutando l’effettiva efficienza. Il procuratore Adelchi D’Ippolito ha puntualizzato che, comunque, l’elemento delle armi per gli jihadisti è “del tutto secondario”, in quanto il modus operandi è quello di procurarsi armi o esplosivo alla vigilia dell’azione programmata.
Il procuratore di Venezia D’Ippolito: “Sempre controllati”
“Sono stati sempre sotto controllo, non sono sfuggiti per un attimo alla nostra osservazione e abbiamo controllato ogni loro movimento e ogni loro rapporto” ha spiegato in conferenza stampa il procuratore capo di Venezia Adelchi D’Ippolito. Il magistrato ha spiegato che gli indagati si allenavano “per mantenere efficiente la forma fisica”. Gli indagati guardavano e commentavano i video “promozionali dell’isis” nei quali venivano spiegate le “tecniche di aggressione” come si uccide con coltelli e quali sono le tecniche aggressione più efficaci e veloci. Ma anche video sulla costruzione di bombe. In alcuni intercettazioni gli indagati si mostravano impazienti di agire: “Non vedo l’ora di prestare giuramento ad Allah”.
Tutta l’indagine e l’attività di intelligence sulla cellula è imperniata in abitazioni nel pieno centro della città lagunare, nella zona di San Marco, dove – ha spiegato il procuratore Adelchi d’Ippolito – gli arrestati incontravano simpatizzanti e pregavano. Inneggiavano all’Isis, parlando di ideologia rivoluzionaria, e ipotizzando una serie di attentati. Per i tre arrestati c’è già il provvedimento del Gip, mentre a carico del minorenne c’è un’ordinanza della Procura della Repubblica per i minori ora attesa della convalida del giudice. L’indagine è partita nel 2016 quando uno degli indagati è rientrato da un viaggio in Siria dove avrebbe combattuto nelle file di Isis. Polizia e Carabinieri, è stato sottolineato nel corso della conferenza stampa in Procura, hanno svolto un’attività serrata, e grazie all’intuito della Digos e hanno passato sotto la lente d’ingrandimento non solo tutti i contatti fisici degli appartenenti alla cellula, ma soprattutto quelli telematici. Ogni aspetto è stato seguito passo-passo dai reparti interforze, con il contributo determinante dei Gis e dei Nocs. “Questa notte sono stati assicurati alla giustizia quattro terroristi veramente pericolosi, che stava progettando una serie di attentati in Italia e all’estero” ha detto D’Ippolito.
Salvini (Lega Nord): “Blindare i confini”
Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha ringraziato le forze dell’ordine e ha parlato di “una pericolosa cellula jihadista“. Polemiche invece dal leader del Carroccio Matteo Salvini: “Cronache da Boldrinia”, ha scritto sulla sua pagina Facebook. “Terrorismo islamico, perquisizioni e arresti stanotte fra Venezia, Mestre e Treviso. Ma tranquilli, fra gli immigrati non si nascondono mica dei terroristi, ci dicono i buonisti. Cominciamo bene la giornata”. A questo proposito ha anche aggiunto: “Credo sia necessario blindare i confini del Paese, sigillarli e controllare chi entra e chi esce perché domani potrebbe essere troppo tardi”. “Credo sia necessario blindare i confini del Paese, sigillarli e controllare chi entra e chi esce perché domani potrebbe essere troppo tardi” dice il leader della Lega Salvini per cui è necessario “fare uno screening di tutte le realtà islamiche presenti abusivamente o meno in Italia oggi perché, come ho detto, domani potrebbe essere tardi”.