Catia Silva nel 2009 aveva raccontato sul quotidiano il Giornale la presenza di uomini delle ’ndrine nel comune di Peppone e Don Camillo che un anno fa è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Dopo pochi giorni era stata oggetto di intimidazioni per costringerla a rettificare: "Ti metto la pistola in bocca e ti ammazzo", alcune delle frasi pronunciare. La donna non aveva mai ritrattato le sue affermazioni
Tra coloro che minacciarono la consigliera comunale della Lega nord di Brescello – il paese emiliano di Peppone e don Camillo la cui amministrazione è stata sciolta per infiltrazioni mafiose un anno fa – c’era anche colui che i giudici hanno ritenuto uno dei capi della cosca emiliana. Ora arrivano cinque condanne in primo grado. Condanne lievi, ma altamente simboliche perché per quasi tutti i capi di imputazione è stata riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso. La vittima, Catia Silva (difesa dall’avvocato Gianluca Vinci), nel 2009 aveva denunciato sul quotidiano il Giornale la presenza di uomini delle ’ndrine nel suo comune. Pochi giorni dopo la consigliera leghista era stata avvicinata da Salvatore Grande Aracri e Alfonso Diletto. Il primo, 37 anni, è nipote di quello che è considerato dai pm capo della omonima ’ndrina originaria di Cutro, Nicolino Grande Aracri. Il secondo, Diletto, è già stato condannato in primo grado per associazione mafiosa a 14 anni e due mesi nel processo in rito abbreviato seguito alla maxi operazione della Dda di Bologna Aemilia. Secondo i giudici è elemento di spicco della cosca proprio nella zona di Brescello.
Stando a quanto ricostruito dall’inchiesta, Salvatore Grande Aracri dopo la pubblicazione dell’articolo minacciò Silva: “Ti metto la pistola in bocca e ti ammazzo. Neanche tuo figlio ti potrà salvare, non sarà certo tuo figlio a difenderti”. A questo punto era intervenuto Alfonso Diletto, lì presente. Quest’ultimo avrebbe detto a Catia Silva che i calabresi non la avevano presa bene e avrebbe cercato di indurre la segretaria locale del Carroccio a fare un comunicato per rettificare quanto detto in quello e in altri articoli. Catia Silva però non ha mai rettificato nonostante nei mesi, secondo quanto ricostruito dai magistrati, le minacce siano continuate.
Secondo la ricostruzione dei magistrati, altri cutresi avevano infatti avvicinato, fra dicembre 2009 e marzo 2010, la consigliera. Carmine e Girolamo Rondinelli (rispettivamente del 1947 e del 1979) e Salvatore Frijo (del 1966) le avrebbero rivolto frasi del genere: “Ti incaprettiamo. Vedrai quello che ti succede, vedrai cosa ti può succedere quando esce Grande Aracri dal carcere, leghista di merda, ti facciamo fuori”, mimando anche gesti come il taglio della gola.
Il Tribunale di Reggio Emilia ha condannato Diletto, Grande Aracri e Carmine Rondinelli a sei mesi ciascuno, Girolamo Rondinelli e Salvatore Frijio a 4 e 15 giorni di reclusione ciascuno. Per Diletto l’accusa era di tentata violenza privata, per gli altri minacce. Frijio e i due Rondinelli sono stati assolti dalla accusa di ingiurie. Gli avvocati difensori Alessandro Sivelli, Maurizio Colotto, Liborio Cataliotti e Giuseppe Migale Ranieri, che avevano chiesto l’assoluzione per i loro assistiti, mentre il pm della Dda Enrico Cieri aveva chiesto l’assoluzione per Frijio.
Ma di Brescello nell’ultima settimana non si è discusso solo nell’aula bunker di Reggio Emilia. Il 22 marzo il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dell’ex sindaco Marcello Coffrini, contro lo scioglimento dell’amministrazione comunale per infiltrazioni mafiose. Coffrini (che, va precisato, non è mai stato indagato) era stato eletto in quota Pd nel 2014, dopo essere stato in precedenza assessore comunale. A Brescello – si legge nelle pagine della relazione che un anno fa aveva portato allo scioglimento – negli anni si è sviluppata “una situazione di vero e proprio assoggettamento al volere di alcuni affiliati alla cosca, nei cui confronti il Comune, anche quando avrebbe dovuto, è rimasto ingiustificatamente inerte”.