Tutti concordi sulla bontà della nuova normativa in materia di prevenzione del rischio e sulla trasparenza, ma pareri discordanti su altri aspetti e sui relativi effetti che la sua entrata in vigore avrà per i malati. Tra questi: i risarcimenti (che diventano indennizzi) e la dimostrabilità delle colpe a carico di strutture sanitarie, medici e infermieri
I medici sono contenti, le associazioni che tutelano i diritti dei malati molto meno. L’unica certezza è che la nuova legge 24/2017, che entra in vigore il 1 aprile, rivoluziona la disciplina della responsabilità degli operatori sanitari nelle cause intentate da pazienti. Cambiano le regole sia sul piano penale, sia su quello civile. Ma se il testo mette d’accordo tutti sul sistema di prevenzione del rischio clinico (sempre che i decreti attuativi trasformino in realtà ciò che è scritto sulla carta), non sono pochi i dubbi su altri aspetti della norma e sui relativi effetti che la sua entrata in vigore avrà per i pazienti. Primo fra tutti il nodo delle responsabilità dei singoli professionisti che, in caso di imperizia, non rispondono più penalmente se dimostrano di essersi attenuti alle linee guida. E poi quello sui risarcimenti. Approvata in seconda lettura dalla Camera dei deputati con 255 voti a favore, 113 contrari (Si, M5S e FI) e 22 astenuti (Lega) e pubblicata il 17 marzo in Gazzetta Ufficiale, la legge prevede ‘Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie’. Diciotto articoli che hanno diviso la politica, salutati con soddisfazione dalle associazioni di medici, in primis l’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) e la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), meno da quelle che tutelano i malati. In realtà la riforma Gelli sarà attuata completamente nei prossimi mesi, con l’emanazione di una serie di decreti.