Nel 1961 pubblicò il suo poema più famoso, Babi Yar, che denunciava il massacro degli ebrei di Kiev. E nel 1968 si schierò contro l’occupazione sovietica di Praga. Candidato al Nobel nel 1963, era noto anche come drammaturgo. Nel 1991, deluso dal nuovo corso di Boris Eltsin, si trasferì negli Stati Uniti. Ma ha chiesto di essere sepolto a Mosca
Il poeta e romanziere Evgenij Aleksandrovic Evtushenko è morto a 85 anni negli Stati Uniti per un problema cardiaco. Candidato al Nobel nel 1963, era noto anche come drammaturgo. Fu uno dei maggiori rappresentanti della generazione di scrittori sovietici che rifiutarono di aderire alla dottrina del socialismo reale. Tuttavia in seguito diventò lui stesso uno strumento di propaganda del Cremlino: nel 1962 il suo poema “Gli eredi di Stalin” venne pubblicato dalla Pravda, organo centrale del Partito comunista dell’Unione sovietica (Pcus) nel quadro della campagna di destalinizzazione voluta da Nikita Krusciov e fu decorato da Leonid Breznev dell’Ordine della bandiera rossa. Sempre nel 1962 l’agenzia sovietica Tass diffuse il suo poema “Le idee leniniste vivono e trionfano”, che celebra il volo del cosmonauta sovietico Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio.
Nato il 18 luglio 1932 nel villaggio di Zima, in Siberia, il letterato soffriva da tempo di problemi di salute: nel 2013 gli era stata amputata una gamba, mentre nel 2015 aveva subito un intervento al cuore. Secondo la Tass, era ricoverato nella città di Tulsa, in Oklahoma, dal 12 marzo. “E’ morto in pace, circondato dalla sua famiglia”, ha dichiarato la vedova, Maria Novikova. Secondo Serguéi Vínnikov, produttore di un festival che si sarebbe dovuto tenere a Mosca in onore del poeta, Evtushenko ha espresso il desiderio di essere sepolto nel cimitero russo degli scrittori Peredélkino, vicino a Boris Pasternak.
Evtushenko esordì nel 1952 con una prima raccolta di poesie, “Gli esploratori dell’avvenire”, grazie alla quale, a soli 20 anni, divenne il il membro più giovane dell’Unione Sovietica degli Scrittori. Negli anni Sessanta fu una delle figure di riferimento degli intellettuali critici verso il sistema. Nel 1961 pubblicò il suo poema più famoso, Babi Yar, che denunciava il massacro degli ebrei di Kiev, stigmatizzando le distorsioni storiche e l’antisemitismo sovietici. E nel 1968 si schierò contro l’occupazione sovietica di Praga. Negli anni successivi verrà però accusato da altri intellettuali come Josef Brodsky di essere sempre rimasto nei limiti “accettabili” della protesta per il regime.
“E’ il poeta ufficiale di tutti i disgeli fittizi”, affermava il dissidente ed ex prigioniero politico Vladimir Bukovsky. Nel 1983, in un’intervista alla stampa francese, Evtushenko affermò che non c’erano prigionieri politici nell’Urss. Nello stesso anno fu decorato da Breznev. “La sua funzione è d’indurre in errore gli stranieri” diceva di lui Nadejda Mandelstam, vedova del poeta Ossip Mandelstam, morto nei campi staliniani. “Mi si dice che sono coraggioso. Non è vero, non mai peccato di eccessivo coraggio. Non ho tentato di riformare il mondo”, ha scritto lo stesso Evtushenko in un poema.
Nel 1991, deluso dal nuovo corso di Boris Eltsin che aveva inizialmente sostenuto, si trasferisce negli Stati Uniti. Negli ultimi anni è spesso tornato in Russia e ha chiesto di essere sepolto a Mosca.