Le regole attuali per il trattamento previdenziale dei parlamentari sono simili a quelle dei lavoratori ordinari. Il problema riguarda i vitalizi maturati prima del 2012: se non si interviene, continueranno a gravare a lungo sul bilancio pubblico.
di Simone Ferro (Fonte: lavoce.info)
La riforma del 2012
In parlamento si discute la revisione dei vitalizi dei parlamentari. Già nel 2012, però, è stata approvata una loro drastica riduzione con l’introduzione di principi contributivi. Rispetto al trattamento riservato ai normali contribuenti rimangono alcune differenze: per i parlamentari l’età pensionabile è di 65 anni dopo cinque anni di mandato (ridotta a 60 con due mandati), contro i 70 e 7 mesi previsti dalla legge Fornero per la pensione di vecchiaia o i 66 e 7 mesi per quella di anzianità; i coefficienti di trasformazione sono leggermente più favorevoli e non è previsto il tetto di 100mila euro sulla base imponibile. Al di là di questo, però, il sistema è identico a quello vigente per i lavoratori ordinari. A essere decisamente sproporzionati sono invece i vitalizi maturati prima della riforma e per ottenere risparmi significativi è su questi che bisogna intervenire.
L’applicazione delle regole contributive ai vitalizi è sicuramente utile a mantenere una giusta proporzione tra indennità e pensione, ma ha poco a che vedere con la sostenibilità del sistema. Le regole contributive, infatti, la garantiscono quando il contribuente e l’ente erogatore della pensione sono soggetti diversi. Per i vitalizi, invece, i contributi sono versati trattenendo una quota di circa un terzo dall’indennità dovuta al parlamentare. Di fatto, sono perciò pagati dal parlamento, lo stesso ente responsabile dell’erogazione del vitalizio. L’esercizio di bilanciamento tra contributi e spese è così puramente teorico, in quanto l’eventuale ammanco verrebbe ripianato dallo stesso ente che versa i contributi, ossia il parlamento e, in ultima istanza, dai contribuenti. L’equilibrio tra contributi e spesa è dunque semplicemente indice di proporzione tra indennità e pensione. Il vitalizio non svolge esclusivamente una funzione previdenziale, ma è garanzia di indipendenza nello svolgimento del mandato e di libero accesso alla politica, dunque le differenze che permangono tra il sistema previdenziale dei parlamentari e quello dei lavoratori ordinari non rappresentano sicuramente il problema principale, soprattutto date le enormi sproporzioni rimaste nei vitalizi ottenuti prima della riforma
Il rapporto tra indennità e vitalizi
Stando alle simulazioni riportate dal Fatto Quotidiano, secondo le regole vigenti, un parlamentare con un mandato ottiene il diritto a quasi mille euro di vitalizio netto (circa 1.500 con due legislature): molti soldi per i soli cinque anni di contributi. Va però precisato che gli assegni sono proporzionati alla base imponibile sulla quale sono calcolati. La ragione per la quale i parlamentari ottengono vitalizi importanti pur con pochi anni di contributi sono le indennità percepite durante la carica, non il sistema di calcolo della pensione. Se l’obiettivo è il contenimento dei costi, basta rivedere le indennità di carica: i contributi, e di conseguenza i vitalizi, ne risulterebbero proporzionalmente ridotti. Per quanto riguarda invece i numeri riportati da Oscar Giannino sul quotidiano Il Mattino e ribaditi al programma televisivo l’Arena, è doveroso precisare che sono errati, e non di poco. I dati indicati da Giannino come le cifre spettanti secondo le norme oggi vigenti sono in realtà riferiti a vitalizi dovuti secondo le norme precedenti la riforma del 2012. Le cifre reali sono decisamente inferiori ed invero paragonabili a quelle percepite dagli omologhi francesi o tedeschi. Se consideriamo le cifre corrette, il sistema di calcolo vigente per i mandati successivi al 2012 non risulta sproporzionato.
Rivedere marginalmente le regole equiparandole del tutto a quelle vigenti per i lavoratori ordinari non comporterebbe risparmi significativi e sarebbe una conquista meramente simbolica. Anche se si applicasse pedissequamente la legge Fornero ai parlamentari in carica oggi – come proposto dal Movimento 5 Stelle – gli assegni rimarrebbero alti perché calcolati su indennità molto generose. La proposta non andrebbe inoltre a toccare la vera fonte di iniquità: i vitalizi spettanti ai parlamentari in carica prima della riforma contributiva, che graveranno sul bilancio dello Stato per molti decenni. Che sia per un principio di equità o per razionalizzare la spesa pubblica, è sui diritti acquisiti prima del 2012 che bisogna agire. Il Pd propone un contributo di solidarietà triennale fortemente progressivo. La proposta non distingue però tra il reddito maturato con metodo contributivo e quello ottenuto con le norme precedenti la riforma. Una soluzione più equa e probabilmente compatibile con le sentenze emesse dalla Consulta consisterebbe nell’applicare un’imposta duale che discrimini tra il reddito ottenuto secondo regole contributive e quello calcolato col vecchio sistema, tassando in maniera più incisiva il secondo, come proposto su lavoce.info da Antonio Massarutto.
Lavoce.info
Watchdog della politica economica italiana
Palazzi & Potere - 1 Aprile 2017
Pensioni dei parlamentari, dove si annida l’iniquità
Le regole attuali per il trattamento previdenziale dei parlamentari sono simili a quelle dei lavoratori ordinari. Il problema riguarda i vitalizi maturati prima del 2012: se non si interviene, continueranno a gravare a lungo sul bilancio pubblico.
di Simone Ferro (Fonte: lavoce.info)
La riforma del 2012
In parlamento si discute la revisione dei vitalizi dei parlamentari. Già nel 2012, però, è stata approvata una loro drastica riduzione con l’introduzione di principi contributivi. Rispetto al trattamento riservato ai normali contribuenti rimangono alcune differenze: per i parlamentari l’età pensionabile è di 65 anni dopo cinque anni di mandato (ridotta a 60 con due mandati), contro i 70 e 7 mesi previsti dalla legge Fornero per la pensione di vecchiaia o i 66 e 7 mesi per quella di anzianità; i coefficienti di trasformazione sono leggermente più favorevoli e non è previsto il tetto di 100mila euro sulla base imponibile. Al di là di questo, però, il sistema è identico a quello vigente per i lavoratori ordinari. A essere decisamente sproporzionati sono invece i vitalizi maturati prima della riforma e per ottenere risparmi significativi è su questi che bisogna intervenire.
L’applicazione delle regole contributive ai vitalizi è sicuramente utile a mantenere una giusta proporzione tra indennità e pensione, ma ha poco a che vedere con la sostenibilità del sistema. Le regole contributive, infatti, la garantiscono quando il contribuente e l’ente erogatore della pensione sono soggetti diversi. Per i vitalizi, invece, i contributi sono versati trattenendo una quota di circa un terzo dall’indennità dovuta al parlamentare. Di fatto, sono perciò pagati dal parlamento, lo stesso ente responsabile dell’erogazione del vitalizio. L’esercizio di bilanciamento tra contributi e spese è così puramente teorico, in quanto l’eventuale ammanco verrebbe ripianato dallo stesso ente che versa i contributi, ossia il parlamento e, in ultima istanza, dai contribuenti. L’equilibrio tra contributi e spesa è dunque semplicemente indice di proporzione tra indennità e pensione. Il vitalizio non svolge esclusivamente una funzione previdenziale, ma è garanzia di indipendenza nello svolgimento del mandato e di libero accesso alla politica, dunque le differenze che permangono tra il sistema previdenziale dei parlamentari e quello dei lavoratori ordinari non rappresentano sicuramente il problema principale, soprattutto date le enormi sproporzioni rimaste nei vitalizi ottenuti prima della riforma
Il rapporto tra indennità e vitalizi
Stando alle simulazioni riportate dal Fatto Quotidiano, secondo le regole vigenti, un parlamentare con un mandato ottiene il diritto a quasi mille euro di vitalizio netto (circa 1.500 con due legislature): molti soldi per i soli cinque anni di contributi. Va però precisato che gli assegni sono proporzionati alla base imponibile sulla quale sono calcolati. La ragione per la quale i parlamentari ottengono vitalizi importanti pur con pochi anni di contributi sono le indennità percepite durante la carica, non il sistema di calcolo della pensione. Se l’obiettivo è il contenimento dei costi, basta rivedere le indennità di carica: i contributi, e di conseguenza i vitalizi, ne risulterebbero proporzionalmente ridotti. Per quanto riguarda invece i numeri riportati da Oscar Giannino sul quotidiano Il Mattino e ribaditi al programma televisivo l’Arena, è doveroso precisare che sono errati, e non di poco. I dati indicati da Giannino come le cifre spettanti secondo le norme oggi vigenti sono in realtà riferiti a vitalizi dovuti secondo le norme precedenti la riforma del 2012. Le cifre reali sono decisamente inferiori ed invero paragonabili a quelle percepite dagli omologhi francesi o tedeschi. Se consideriamo le cifre corrette, il sistema di calcolo vigente per i mandati successivi al 2012 non risulta sproporzionato.
Rivedere marginalmente le regole equiparandole del tutto a quelle vigenti per i lavoratori ordinari non comporterebbe risparmi significativi e sarebbe una conquista meramente simbolica. Anche se si applicasse pedissequamente la legge Fornero ai parlamentari in carica oggi – come proposto dal Movimento 5 Stelle – gli assegni rimarrebbero alti perché calcolati su indennità molto generose. La proposta non andrebbe inoltre a toccare la vera fonte di iniquità: i vitalizi spettanti ai parlamentari in carica prima della riforma contributiva, che graveranno sul bilancio dello Stato per molti decenni. Che sia per un principio di equità o per razionalizzare la spesa pubblica, è sui diritti acquisiti prima del 2012 che bisogna agire. Il Pd propone un contributo di solidarietà triennale fortemente progressivo. La proposta non distingue però tra il reddito maturato con metodo contributivo e quello ottenuto con le norme precedenti la riforma. Una soluzione più equa e probabilmente compatibile con le sentenze emesse dalla Consulta consisterebbe nell’applicare un’imposta duale che discrimini tra il reddito ottenuto secondo regole contributive e quello calcolato col vecchio sistema, tassando in maniera più incisiva il secondo, come proposto su lavoce.info da Antonio Massarutto.
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Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Il Milleproroghe è un provvedimento routinario, in teoria nell'esame tutto doveva andare liscio. Invece l'iter di questo provvedimento è stato un disastro, la maggioranza l'ha gestito in modo circense, dando prova di dilettantismo sconcertante". Lo ha detto la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S al Senato, nella dichiarazione di voto sul Milleproroghe.
"Già con l'arrivo degli emendamenti abbiamo visto il panico nel centrodestra. Poi è arrivata la serie di emendamenti dei relatori, o meglio del governo sotto mentite spoglie, a partire da quelli celebri sulla rottamazione delle cartelle. Ovviamente l'unica preoccupazione della maggioranza, a fronte di 100 miliardi di cartelle non pagate, è stata solo quella di aiutare chi non paga. Esattamente come hanno fatto a favore dei no vax, sbeffeggiando chi sotto il Covid ha rispettato le regole. In corso d'opera abbiamo capito che l'idea di mettere tre relatori, uno per ogni partito di maggioranza, serviva a consentire loro di marcarsi a vicenda, di bloccare gli uni gli sgambetti degli altri. Uno scenario surreale! Finale della farsa poi è stato il voto di un emendamento di maggioranza ignoto ai relatori e una ignobile gazzarra notturna scoppiata tra i partiti di maggioranza. Non avevamo mai visto tanto dilettantismo in Parlamento".
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Il decreto Milleproroghe rappresenta una sfida importante, un provvedimento cui abbiamo dato un significato politico, un’anima. L’azione di questo governo punta a mettere in campo riforme e norme strutturali ma esistono anche pilastri meno visibili che hanno comunque l’obiettivo finale della crescita delle imprese e della nostra economia, di sostenere il sistema Italia nel suo complesso. Ecco perché col decreto Milleproroghe abbiamo provveduto ad estendere o a sospendere l’efficacia di alcuni provvedimenti con lo scopo di semplificare e rendere più snella la nostra burocrazia, sempre con l’obiettivo dichiarato della crescita. Fra questi norme sulle Forze dell’ordine e sui Vigili del Fuoco, sostegno ai Comuni e all’edilizia, nel campo sociale e sanitario come in quello dell’industria e della pesca e sul contrasto all’evasione fiscale. Più di 300 emendamenti approvati, tra cui anche quelli dell’opposizione, al fine di perseguire, con questo esecutivo, la finalità di fornire alla nostra Nazione gli strumenti per crescere e per questo il voto di Fratelli d’Italia è convintamente a favore”. Lo dichiara in aula il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Dico al ministro Crosetto che l’aumento delle spese per armamenti, addirittura fino al 3%, ruba il futuro ai nostri figli. Ruba risorse alla sanità, alla scuola, ai trasporti. L’aumento delle spese per le armi non ci renderà più sicuri, ma alimenterà conflitti e guerre, come la storia dimostra”. Così Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, in merito alle dichiarazioni di Crosetto sull'aumento delle spese militari.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Il problema della situazione carceraria nel Paese è un problema che ogni giorno ci tocca da vicino, stiamo gia' predisponendo le dovute soluzioni. Abbiamo gia' definito il piano carceri e il commissario straordinario". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Criticità nel disegno di legge costituzionale non ve ne sono tali da alterare il testo, ma sarà seguito da una serie di leggi ordinarie. Per esempio, manca nella disegno di legge costituzionale la riserva per le quote cosiddette rosa, ma questo lo metteremo nelle leggi di attuazione che saranno leggi ordinarie. Anche il sistema del sorteggio potrà essere meglio definito. Ma una cosa e' certa: questa legge costituzionale non si modifica". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, parlando delle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che ieri, aveva parlato dei "punti di criticità della riforma del Csm" sui quali si e' appuntata anche l'attenzione della Commissione Ue, aveva sottolineato la necessita' di "un'approfondita riflessione.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato 'ma è legale?'. Se i magistrati vogliono fare lo sciopero che lo facciano, ma quello che è certo e che, senza alcun dubbio, noi andremo avanti perché e' un nostro impegno verso gli elettori". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo in vdieocollegamento di ritorno dalla Turchia alla Giornata dell'orgoglio dell'appartenenza degli avvocati a Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - La separazione delle carriere dei magistrati "è un dovere verso elettorato perché lo avevamo promesso nel nostro programma e questo faremo. Il nostro e' un vincolo politico verso l'elettorato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento, di ritorno dalla Turchia, alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo. "Io sto girando un po' dappertutto per redigere protocolli - ha proseguito il ministro -, e ogni qualvolta parliamo di separazione carriere ci guardano con un occhio perplesso perché in tutti gli ordinamenti del mondo questo è normale".