Mondo

Madia, le analogie con il caso del ministro tedesco zu Guttenberg (che si dimise e patteggiò)

Nonostante la percentuale di parole "copiate" dal ministro della P.a. sia di molto inferiore, il caso italiano non è diverso da quello che nel 2011 portò l'esponente della Csu a lasciare: intere citazioni senza virgolettati e riferimenti, o frasi leggermente modificate omettendo la fonte. La differenza sostanziale è nelle conseguenze: zu Guttenberg fu costretto a rinunciare al ministero, al titolo di dottore e finì per patteggiare una ammenda

Se copiare è un vizio italiano, altri paesi non sono immuni. La storia di Marianna Madia, il ministro della pubblica amministrazione, è per molti versi simile a quella di Karl-Theodor zu Guttenberg, ex ministro della difesa Cdu nel governo Merkel, che rassegnò le dimissioni in seguito a un’accusa di plagio relativa alla tesi di dottorato. La storia italiana e quella tedesca intrecciano il proprio filo in diversi punti e se, per epilogo, al momento, sono diverse, i punti in comune sembrano molti. Al momento delle dimissioni del ministro tedesco, il numero di pagine in cui erano stati riscontrati passaggi plagiati nella sua tesi ammontava a 270 su 392, ossia il 68,8% circa. Attualmente, invece, al ministro Madia si contesta la presenza di plagi in 35 pagine su 94 (per una percentuale del 37,2%). La domanda è: la differenza tra le due percentuali giustifica la scelta del ministro della pubblica amministrazione di non dimettersi?

Le accuse – La tesi di dottorato “Verfassung und Verfassungsvertrag. Konstitutionelle Entwicklungsstufen in den USA und der EU” (Costituzione e trattati costituzionali – Passi costituzionali di sviluppo negli Stati Uniti e l’Unione Europea”) di Karl-Theodor zu Guttenberg fu uno scandalo vero in Germania, tanto che si portò dietro una scia di accuse ad altri accademici per presunti plagi, incluso l’attuale presidente della Repubblica Federale Frank-Walter Steinmeier. Allo scoppio del caso nel 2011, venne creata la piattaforma opensource GuttenPlag Wiki che servì ad analizzare in toto la tesi dell’ormai ex ministro e portò alla luce una situazione ben più grave di quella inizialmente descritta dal quotidiano Süddeutsche Zeitung. Nei mesi successivi al suo ritiro è addirittura emerso che quel 68% era una cifra provvisoria: oggi si sa che nel lavoro dell’ex ministro della difesa erano presenti casi di plagio nel 94,14% delle pagine, cioè 324 su 393 totali, e su 10421 righe (63,8%) prese da 135 fonti.

Le fonti – Nella tesi dell’ex ministro tedesco migliaia di parole risultavano identiche a quelle di altri testi apparsi in pubblicazioni scientifiche e in testi della Commissione Europea, del Bundestag e di diversi giornali tedeschi, oltre a discorsi di politologi e giuristi di fama internazionale. Il parlamentare Cdu si rese colpevole di aver plagiato intere parti di testo, a volte anche più lunghe di una pagina, omettendo le attribuzioni ai relativi autori, e di aver rimaneggiato alcune parti di testo con la cosiddetta tecnica Shake & Mix, ovvero riprendendo citazioni “verbatim” cambiando semplicemente alcune parole senza citare la fonte. Infine, in diversi passaggi, pur riportando la nota bibliografica, zu Guttenberg citava la fonte all’inizio del testo appropriandosi in seguito di altre parti, “dimenticando” di citare che fossero della stessa pubblicazione.

Le dimissioni – Mentre la vicenda italiana deriva da un’inchiesta giornalistica, quella dell’ex compagno di partito di Angela Merkel venne scoperta quasi per caso da un professore dell’università di Brema, Andreas Fischer-Lescano, che stava preparando una revisione della tesi di zu Guttenberg. Lescano scoprì che un articolo della Neue Zürcher Zeitung (NZZ), pubblicato nel 2003, era riportato nella tesi di dottorato senza citazione. La scoperta venne comunicata al quotidiano Süddeutsche Zeitung che inizio delle verifiche e si accorse di ulteriori passaggi plagiati. Le critiche non tardarono molto ad arrivare e sia la magistratura sia l’università di Bayreuth aprirono un’inchiesta. Di fatto il ministro della Difesa, dopo due settimane sotto il tiro degli avversari politici e dell’opinione pubblica, pur mantenendo la fiducia della cancelliera Merkel, fu costretto a dimettersi e a rinunciare al titolo di Dottore in Giurisprudenza, mentre il processo giudiziario si chiuse con un patteggiamento e un’ammenda da pagare. A ben guardare, il caso sembra del tutto omologo all’accusa mossa nei confronti di Marianna Madia, se non fosse per il fatto che, nel 2006, non esistevano ancora programmi studiati per evitare questo tipo di pratica e entrambi i tutor che seguivano zu Guttenberg nella sua tesi di laurea vennero scagionati da ogni accusa proprio per questo motivo.