A mettere a punto la scoperta, che promette di rivoluzionare l’approccio all'Alzheimer uno studio italiano pubblicato su Nature Communications, i cui risultati dimostrano anche che la depressione sarebbe una "spia" dell’Alzheimer, non viceversa
Continua senza sosta la ricerca sull’Alzheimer. E negli ultimi mesi sono state molte le notizie positive che hanno riguardato questa patologia che nel mondo colpisce 47 milioni di persone. I ricercatori italiani hanno individuato l’origine della malattia: secondo gli scienziati italiani non è nell’area del cervello associata alla memoria che va cercato il responsabile del morbo. Ma all’origine della malattia ci sarebbe, invece, la morte dei neuroni nell’area collegata anche ai disturbi d’umore. A mettere a punto la scoperta, che promette di rivoluzionare l’approccio all’Alzheimer uno studio italiano pubblicato su Nature Communications, i cui risultati dimostrano anche che la depressione sarebbe una “spia” dell’Alzheimer, non viceversa.
Solo in Italia, l’Alzheimer colpisce circa mezzo milione di persone e ben 47 milioni in tutto il mondo. La ricerca, coordinata da Marcello D’Amelio, professore associato di Fisiologia Umana e Neurofisiologia presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, getta ora una luce nuova su questa patologia. Finora si riteneva infatti che fosse dovuta a una degenerazione delle cellule dell’ippocampo, area cerebrale da cui dipendono i meccanismi del ricordo.
La nuova ricerca, condotta in collaborazione con la Fondazione IRCCS Santa Lucia e del CNR di Roma, punta invece l’attenzione sull’area tegmentale ventrale, dove viene prodotta la dopamina, neurotrasmettitore collegato anche ai disturbi d’umore. Come in un effetto domino, la morte di neuroni deputati alla produzione di dopamina provoca il mancato arrivo di questa sostanza nell’ippocampo, causandone il ‘tilt’ che genera la perdita dei ricordi. L’ipotesi è stata confermata in laboratorio, somministrando su modelli animali due diverse terapie mirate a ripristinare i livelli di dopamina. Si è così osservato che, in questo modo, si recuperava il ricordo, ma anche la motivazione. “L’area tegmentale ventrale – chiarisce D’Amelio – rilascia dopamina anche nell’area che controlla la gratificazione. Per cui, con la degenerazione dei neuroni dopaminergici, aumenta anche il rischio di perdita di iniziativa”. Questo spiega perché l’Alzheimer è accompagnato da un calo nell’interesse per le attività della vita, fino alla depressione. Tuttavia, sottolineano i ricercatori, i noti cambiamenti dell’umore associati all’Alzheimer, non sarebbero conseguenza della sua comparsa, ma un ‘campanello d’allarme’ dell’inizio della patologia. “Perdita di memoria e depressione – conclude D’Amelio – sono due facce della stessa medaglia”.