Aveva denunciato i suoi estorsori, gli esattori di Cosa nostra che andavano a chiedergli il pizzo. Poi, dopo gli arresti, si era costituito parte civile al processo. Solo che adesso il giudice ha assolto l’uomo da lui indicato come il suo aguzzino. E lo ha condannato a pagare le spese processuali. Succede a Palermo, dove il gup Omar Modica ha messo fine al processo nei confronti di 16 uomini indicati come continui ai clan mafiosi della provincia del capoluogo siciliano. Alla sbarra boss, gregari e taglieggiatori dei clan di Ficarazzi, Bagheria, Altavilla e Casteldaccia.
Per gli imputati la procura di Palermo aveva chiesto più di 150 anni di carcere. Il giudice, però, ne ha inflitti soltanto 35. Solo cinque le condanne emesse, mentre undici sono state le assoluzioni. Tra queste anche quella di Giovanni Mezzatesta, accusato di estorsione da Giuseppe Toia, un imprenditore edile che, vessato dalle richieste dei taglieggiatori, aveva deciso di rompere il muro di omertà e denunciare tutto agli investigatori. Solo che ora il gup ha assolto Mezzatesta, applicando anche il secondo comma dell’articolo 541 del codice di procedura penale. I figli di Toia – che nel frattempo è deceduto – sono stati dunque condannati a pagare le spese sostenute per il processo dall’imputato. Ai costi del procedimento dovranno partecipare anche le varie associazioni antiracket, che si erano costituite parte civile, e il comune di Ficarazzi.
Il processo in cui Mezzatesta è stato assolto era scaturito da un blitz che aveva portato a 31 fermi. Un’operazione investigativa che aveva avuto molto risalto: fondamentale per le indagini era stato infatti il contributo di 36 vittime del racket. Dopo anni di vessazioni avevano vinto le paure denunciando alle forze dell’ordine le pressioni degli estorsori. Tra loro c’era anche Toia.