Napoli-Juve si può vedere in due modi. Il primo è sottolineare come il Napoli abbia fatto più della Juve. Vero, ma cosa c’è di nuovo? Il gioco collettivo-offensiva del Che Gue Sarri è sideralmente distante da quello sparagnino di Allegri. Ma la Juve è granitica anche quando si concede di essere brutta e passiva
Bentornati a Ten Talking Points, l’unica rubrica che a Magalli preferisce l’insalata e ad Adriana Volpe l’uva passa. Altre considerazioni.
1. Napoli-Juve si può vedere in due modi. Il primo è sottolineare come il Napoli abbia fatto più della Juve. Vero, ma cosa c’è di nuovo? Il gioco collettivo-offensivista del Che Gue Sarri è sideralmente distante da quello sparagnino di Allegri. Per questo preferisco questa chiave di lettura: per quanto il Napoli premesse, non ho mai – mai – avuto la sensazione che la Juve potesse perdere. Ed è anche questa la sua forza (in Italia): persino quando sembra che un meteorite stia per abbattersi sulla Terra, lei gioca con atarassia fischiettando Renga sotto la doccia. È granitica anche quando si concede di essere brutta e passiva. È come se la sua stessa presenza in campo calmierasse tempo e spazio: non rischia neanche quando rischia. Le è bastato un gol nei primi minuti per poi giochicchiare sbadigliando: gli altri si agitano, lei vince gli scudetti. Funziona così (in Italia).
2. Ho riletto da qualche parte che, con “soli” sei punti di distacco, la Roma ha chance di scudetto. Certo. E magari Orfini interpreterà il remake di Point Break nella parte di Patrick Swayze. Bevete di meno, ragazzi. La Juve ha già vinto lo scudetto ad agosto e pure la Coppa Italia è sua al 95%. Quanto alla Champions League, con il Barcellona parte alla pari (sì, alla pari) e nel mio personalissimo cartellino la accredito di un 35% di possibilità.
3. Ho scritto “35”, e non “33.3” come avrei dovuto fare, perché i numeri periodici mi sono sempre stati antipatici. Non hanno senso, sono pedanti e mi infastidiscono. I numeri periodici sono renziani, ascoltano Vecchioni e hanno il poster di Nardella in garage. È evidente.
4. Nonostante le vittorie, ad ogni conferenza stampa Spalletti trasuda una voglia di vivere davvero contagiosa. Ha detto che resterà alla Roma solo se vincerà almeno un trofeo. Quindi campionato o Coppa Italia. Quindi, a Trigoria, l’anno prossimo ci sarà un altro.
5. Lazio e Atalanta sono le sorprese più belle di questa serie A. La loro costanza è tale che, nonostante i continui trionfi di Pioli (compreso stasera con la Samp), l’Inter rischi di non arrivare quarta o quinta. Inzaghi e Gasp meritano l’Europa League e ci andranno, perché ogni tanto la vita è giusta. Persino il calcio.
6. Mi viene da ridere se ripenso agli insulti che arrivavano quando, con il Milan secondo o terzo, ripetevo che per i rossoneri sarebbe stato un miracolo arrivare sesti. E infatti. Milan orrendo a Pescara. Usare il palo di Romagnoli come alibi è assai miope. Donnarummma è un fenomeno, ma coi piedi fa spesso lo sborone e prima o poi qualcosa sarebbe accaduto. Nel primo tempo lo schema unico era “Datela a Deulofeu”, nella ripresa ho visto un piciernismo tecnico-tattico imbarazzante. Sosa ha un’autonomia di sei minuti, Mati Fernandez non pervenuto, Locatelli involuto, Kucka ha i piedi come due roncole e Pasalic continua a pettinarsi come Zanda. Bacca è inaccettabile, Lapadula si è perso e anch’io non mi sento tanto bene. Non è grave tanto l’addio definitivo al sesto posto (sticazzi), quanto l’assenza pressoché totale di un gioco. Di un progetto. Di una società. Poveri noi.
7. Mi sono intristito troppo. Devo pensare a qualcosa di buffo: L’Unità di Staino, Romano e Rondolino. Muahahahahahah. Bene, ora posso riprendere.
8. Continua lo sfavillante campionato dell’Empoli, che non vince dai tempi in cui gli uomini di Cro Magnon ascoltavano Nico Fidenco col grammofono, eppure resta quart’ultimo.
9. Nella mestizia imperante, segnalo due nomi: Belotti e Borja Valero. Essi regnano, talora signoreggiando con soverchia quasi lasciva. Vi è quindi innegabil grazia.
10. Ho scritto il punto “1” solo per dimostrare che conosco la parola “calmierare”. È uno di quei termini che non vuol dire niente, ma che suona bene. Tipo “armonizzare”, “periglioso”, “alfine” o “sussiegoso”. Usarli fa figo. Provateci: “Ero in una strada perigliosa, ma ho cercato di armonizzare la guida con approccio sussiegoso e ciò mi ha permesso alfine di calmierare il contesto”. Le donne vi cadranno ai piedi. O al massimo solo la Madia.