Alla somma dei due talk show del martedì, Carta Bianca e Dimartedì manca, nell’anno che corre, un quarto degli spettatori (cifra media) che Rai Tre e La7 si spartivano nelle scorse stagioni. I due programmi corrono paralleli, iniziando alle 21.15, e chiudendo bottega a mezzanotte. I due conduttori sono entrambi bravi e fanno equamente incazzare e compiacere i portavoce di partiti e non partiti, i twittaroli, tutto cerebro e concinnità, i facebookisti, prolissi e gattosi e financo i paparazzi dell’emozione, gli instagrammisti.
Secondo alcuni la causa del comune logorio di Carta Bianca e Dimartedì risiede nel formato stesso, e cioè in quella “chiacchiera” che, in tv, da teatro si fa “teatrino”, con battute, facce e birignao sempre uguali, proprio come nel baracchino delle marionette al Pincio o al Processo del Lunedì (che di tutti gli attuali talk show è la autentica matrice). Un destino – aggiungiamo noi – impossibile da evitare perché a quella serializzazione spinge l’intera essenza del broadcasting (la comunicazione da uno a molti) condannato a non deludere le attese nel pubblico piuttosto che a sorprenderle.
Ma, si dirà, se queste che abbiamo appena letto non sono sciocchezze, come si spiega che talk show politici concepiti e condotti non peggio di quelli di oggi riscuotessero appena ieri ascolti assai più cospicui? È risaputa la correlazione – evidente fin da Tangentopoli e dintorni – fra la fortuna delle chiacchiere in tv e le varie “catastrofi” nazionali: del modello istituzionale, della rappresentanza politica, dello stesso schema di divisione del lavoro e del reddito? Ma perché, mentre la catastrofe continua, l’ascolto tv oggi si ammoscia?
Forse, azzardiamo, perché internet ha spalmato il rapporto con le news, ma anche con i commenti, sulla intera giornata. Particolarmente, supponiamo, a pro (?) del pubblico elettivo dei talk show: in maggioranza maschile, un po’ più istruito – ma non troppo – della media, di varia condizione economica. Quelli che hanno fatto la fortuna auditel di Santoro, Lerner e Floris e che oggi giungono a sera avendo già metabolizzato notizie e riflessioni.
Se poi ancora qualcuno, giunto a casa, sintonizza il talk show, vuol dire che quel che gli interessa è proprio il lato agonistico del format, quello spettacolare. Qui però, a causa della serializzazione, la lotta libera volge rapidamente in wrestling col contributo degli applausi di cartapesta. E così la media degli spettatori si abbassa anche perché di quegli “spettacoli” ne basta e avanza meno di mezz’ora, rispetto ai 150 minuti dell’intera durata. Come statisticamente testimonia la “permanenza d’ascolto” di Floris, mentre quella di Bianca è anche inferiore. Forse perché risparmia sugli applausi.