La ragazza a febbraio si era presentata all'ospedale San Matteo con contusioni multiple e aveva denunciato alla Squadra Mobile le presunte violenze subite dal padre e dal fratello. E' stata temporaneamente affidata a una comunità dal Tribunale dei Minori. La famiglia si è difesa dicendo che le punizioni erano per convincerla ad andare a scuola
Aveva modi e abbigliamento “troppo disinvolti”, e per questo veniva punita dai familiari, che la prendevano a cinghiate o la frustavano con il cavo del computer. Con queste accuse, come riportato da la Provincia Pavese, il Tribunale dei Minori di Milano ha deciso di togliere alla famiglia marocchina la figlia di 16 anni nata a Pavia e di affidarla a una comunità, in attesa di verificare i maltrattamenti che la giovane racconta di aver subito dai genitori e dal fratello. La ragazza ha detto di essere stata anche punita per le sue scelte nell’abbigliamento e per i ritardi nel rientrare a casa. La famiglia si è difesa dicendo che si trattava solo di “castighi” perché non voleva più andare a scuola.
Secondo le ricostruzioni del quotidiano, nei mesi scorsi la ragazza si è presentata al pronto soccorso dell’ospedale San Matteo con contusioni multiple, e il 16 febbraio ha denunciato tutto agli agenti della Squadra Mobile. “Mi dicevano: ‘Non sei come noi, se muori è meglio. Vuoi essere come le tue amiche italiane, solo le poco di buono si vestono come te'”, ha raccontato la ragazza, aggiungendo che le botte erano ormai “sistematiche” in famiglia. Ad essere accusati delle violenze sono il padre e il fratello 35enne, che sarebbero stati incoraggiati o semplicemente coperti dalla madre. La ragazza ha anche riportato di essere stata picchiata con un manico di scopa dal fratello perché era tornata tardi a casa.
Ma i genitori sono “sconcertati”. Tramite il loro legale, l’avvocato Pierluigi Vittadini, hanno precisato che contestavano i “comportamenti ribelli adolescenziali” della ragazza, “ma la religione o l’abbigliamento ‘alla occidentale’ non c’entrano nulla”. E inoltre “negano di averle mai dato cinghiate”. I giudici, in attesa di accertare i fatti, hanno deciso di affidare provvisoriamente la ragazza a una comunità, e hanno ordinato l’intervento di un mediatore culturale e una indagine psicosociale sul nucleo familiare, per decidere i passi successivi.