Nel Lazio la pillola abortiva Ru486 sarà distribuita per la prima volta anche nei consultori familiari. La giunta Zingaretti, dopo il concorso riservato ai soli medici non obiettori che già aveva sollevato numerose polemiche, ha dato il via libera a un progetto che consenta l’esecuzione dell’aborto chimico in regime ambulatoriale anche al di fuori degli ospedali. E’ la prima volta in Italia che viene prevista una simile opportunità.
Per la consigliera regionale ex Pd e ora Mdp Marta Bonafoni è un “passo avanti importante”: “Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione, ma anche a una sperimentazione fortemente voluta dall’amministrazione Zingaretti, che mira in primo luogo alla de-ospedalizzazione dell’aborto e che fa parte del piano di riorganizzazione della sanità del Lazio”. E ha aggiunto: “Si compie così una nuova svolta che allinea il Lazio agli altri paesi europei, dove l’aborto chimico è una pratica ambulatoriale. Una svolta attenta alle esigenze delle donne e all’efficienza della prestazione perché l’aborto farmacologico nei consultori sarà in grado di allentare la pressione sugli ospedali e potrà offrire alle donne un’assistenza multidisciplinare in un contesto che renderà l’accesso alla 194 meno gravoso”. Esultano anche i Radicali, che ritengono la scelta della giunta regionale “un’innovazione”: “E’ un importante passo in avanti nella tutela dei diritti delle donne, in una regione in cui il ricorso alla legge 194 viene ormai scientificamente sabotato da una strategia basata sull’adozione indiscriminata dell’obiezione di coscienza, che nel Lazio ha ormai superato la soglia critica dell’80 per cento”.
Tante le polemiche a livello politico. Per Olimpia Tarzia, presidente del gruppo Lista Storace, si tratta di “una sperimentazione illegittima”: “I consultori non possono essere assolutamente considerati poliambulatori pubblici, essendo istituiti dalla peculiare legge nazionale n. 405/75, che ne definisce le finalità e le funzioni”. L’aborto farmacologico mediante la somministrazione della Ru486 “necessita di maggiore assistenza rispetto all’aborto chirurgico, non potendosi conoscere con esattezza il momento esatto dell’espulsione. Motivo per cui, anche per esigenze di salute e sicurezza per la donna, le linee di indirizzo del ministero della Salute stabiliscono che l’aborto farmacologico può essere effettuato solo in ricovero ordinario”. La presidente del Forum Associazioni familiari del Lazio Emma Ciccarelli ha aggiunto che “sono altre le urgenze e gli interventi che attendono risposte organiche e strutturate nella Sanità”: “Abbiamo famiglie con malati psichici che non riescono ad avere risposte, mamme oramai anziane che non ce la fanno a gestire le disabilità dei loro figli, liste di attesa per i servizi domiciliari ancora lunghe, famiglie che si trovano sole ad affrontare un malato di Alzhaimer”.