In attesa della nuova rete a ricarica veloce, agli automobilisti che hanno scelto le quattro ruote elettriche non c’è altra scelta che armarsi di tanta pazienza. Ed evitare piccole noie quotidiane con qualche accorgimento in più. Eppure l’auto elettrica doveva essere una delle soluzioni per risparmiare e muoversi liberamente nei centri storici italiani. E Roma era destinata a diventare una vetrina d’eccellenza per il simbolo di una nuova mobilità eco-sostenibile. Alla prova dei fatti però le cose sono andate diversamente: le vetture verdi si stanno trasformando in un incubo per chi ha scelto di acquistarle. In Italia il numero di colonnine per la ricarica della batteria è al palo e la capitale non fa eccezione. In tutta la penisola gli impianti di rifornimento sono solo 1700. A Roma sono appena 200 e, come se non bastasse, la maggior parte sono stazioni a rifornimento lento.

Che cosa significa? Che sono necessarie almeno cinque ore per ricaricare interamente la batteria dell’auto. Troppo tempo rispetto a quelle con ricarica veloce da trenta minuti che consentirebbe un uso urbano dell’auto elettrica decisamente più agevole. Non solo. I proprietari di auto elettriche devono scontrarsi con una dura realtà: spesso nei centri urbani le aree dedicate alla ricarica sono occupate da altri veicoli in sosta. E, se si parcheggia sulle linee blu, può capitare di ritrovarsi una multa sul parabrezza nonostante sia prevista l’esenzione del pedaggio per le auto “verdi” registrate all’ufficio mobilità del comune. Il risultato è che il malcapitato è costretto alle contestazioni del caso per evitare il pagamento di un’ammenda non dovuta. Senza contare che la mobilità extraurbana è assai limitata. Oltre ai problemi legati alla ricarica e al numero di chilometri che l’auto riesce a fare a batteria piena, ci si mette anche la burocrazia: se per caso ci si sposta in un’altra città, l’automobilista “verde” deve nuovamente registrare l’auto all’agenzia della mobilità del centro urbano visitato. Solo così potrà infatti parcheggiare ed entrare gratuitamente nelle zone a traffico limitato. In caso contrario, la multa è dietro l’angolo. E in questo caso bisognerà anche pagarla.

Intanto per ridurre l’incidenza di sanzioni non dovute, converrà dotarsi di un adesivo da piazzare in bella vista sul parabrezza. E, nel caso di parcheggi per ricarica occupati abusivamente (magari anche da un auto elettrica oltre il periodo di ricarica), converrà avvisare i vigili ricordando che la sosta sulle aree riservate ai veicoli elettrici è vietata. Da quando? Dal 14 gennaio 2017 grazie ad una modifica all’articolo 158 del codice della strada introdotta all’articolo 17 del decreto legislativo numero 257 del 16 dicembre 2016. Nel caso poi si decida di fare una gita fuori porta, bisognerà ricordarsi di registrare il veicolo all’ufficio mobilità della città che si vuole visitare. E sperare che presto, come suggerito dalla Corte dei Conti, entri in vigore un registro unico nazionale che renda la vita più facile ai proprietari di auto elettriche.

Non c’è dubbio: la vita dell’automobilista “pulito” italiano è decisamente difficile. Ecco perché scendono anche le immatricolazioni di auto elettriche: nel 2016 sono appena 1403, -5,5% rispetto all’anno precedente. Una goccia nel mare rispetto a un milione e mezzo di nuove registrazioni. Per non parlare del fatto che, secondo i dati Unrae, ad oggi il segmento verde vale appena lo 0,1% del mercato italiano dell’auto contro il 2,4% della Svezia, il 9,7% dei Paesi Bassi e il record del 23% della Norvegia. Tutta colpa dello scarso sviluppo delle infrastrutture di rifornimento? In parte si, anche se sulle scelte dei consumatori incide notevolmente anche il prezzo d’acquisto della vettura. Secondo il primo rapporto sulla mobilità elettrica del Politecnico di Milano, comprare un’auto a benzina da 90 cavalli costa in media 15.500 euro. Per una elettrica bisogna sborsare più del doppio e il vantaggio sui consumi (circa un terzo inferiori per l’auto verde) non è sufficiente a motivarne l’acquisto. Così l’auto elettrica in Italia non decolla a differenza del resto d’Europa dove però sono presenti notevoli incentivi. Si va dai 20mila euro della Norvegia ai diecimila dell’Olanda per arrivare fino ai seimila della Francia e ai quattromila della Germania. In Italia gli unici vantaggi restano parcheggi e accessi gratuiti nei centri urbani che al massimo possono valere qualche migliaio di euro. Non a caso i costruttori chiedono da tempo una politica di incentivi all’acquisto di auto verdi.

Senza rete di rifornimento gli incentivi rischiano però di non funzionare. Ecco perché il governo ha promesso di recuperare il tempo perduto. Certo il track record non è dei migliori: alla fine dello scorso anno avrebbero dovuto essere già attive altre 450 colonnine di ricarica. Almeno questo prevedevano le previsioni del Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica. In realtà invece il piano non è stato mai realizzato e tutto è slittato di due anni. Per il biennio 2017-2018, l’esecutivo ha rilanciato promettendo l’allestimento di almeno altre 150 stazioni di rifornimento autostradale, 200 stradali e 200 presso poli attrattori di traffico. Fin qui l’intervento pubblico che può contare su una cinquantina di milioni di fondi statali. A latere, c’è poi l’impegno dei privati come l’Enel che investirà 300 milioni per realizzare una propria rete distributiva sulla base di un progetto di sviluppo realizzato con il contributo del Politecnico di Milano e dell’Università Bocconi. A Roma il gruppo guidato da Francesco Starace ha pianificato la creazione di 100 stazioni di ricarica, in aggiunta alle 120 già installate. Il progetto è in attesa dell’ok del comune per poter piazzare le prime 50 ricariche già prima dell’estate.

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