Sono crollate come birilli, una dopo l’altra, Coopsette e Unieco. Eppure provate ad abbassare lo sguardo sul selciato di una strada, negli infissi di un ufficio pubblico, sui binari di una stazione. A Reggio Emilia tutto ancora parla di queste cooperative, che prima hanno costruito la città poi sono andate in giro per l’Italia a fare opere e grandi opere. Ora tutto è stato spazzato via: pochi anni e la crisi dell’edilizia si è mangiata soldi, oltre un miliardo di euro, e centinaia di posti di lavoro. Pochi giorni fa l’ultima frustata. Dopo 113 anni di storia è partita la procedura di liquidazione coatta amministrativa di Unieco. Per 340 dipendenti significa licenziamento immediato, anche se 170 di questi erano già stati licenziati a febbraio scorso, nel tentativo estremo di salvare la coop. Ma non c’è stato nulla da fare: rimangono 600 milioni di euro di debiti e diversi grandi cantieri che rischiano di bloccarsi in giro per l’Italia. Al commissario liquidatore che arriverà il compito di provare a salvare il salvabile: vendere i rami d’azienda in attivo e salvarne i lavoratori. E poi provare a salvare il prestito sociale che ammonta a una decina di milioni di euro. Si tratta delle quote che i soci lavoratori (ed ex lavoratori) hanno investito nella coop. In molti casi risparmi di una vita che ora rischiano di andare in fumo.

Una crisi che viene da lontano, quella di una delle coop rosse edili più importanti d’Italia. A metà degli anni 2000 Unieco arrivò a contare oltre 1000 dipendenti e poteva costruirsi una sua palazzina da 12 milioni di euro a due passi dal casello autostradale di Reggio Emilia. E godeva di notevole prestigio. Alle assemblee dei soci ancora nel 2009 potevi incontrare personaggi del calibro di Romano Prodi. Nel 2008 arrivavano i saluti di Pierluigi Bersani, allora ministro, e di Giuseppe Mussari, numero uno di Monte dei Paschi di Siena, ora a processo per falso in bilancio e aggiotaggio. Unieco era una delle grandi sorelle dell’edilizia italiana con fatturati che superavano senza problemi i 500 milioni di euro. Ancora nel 2012 l’allora presidente nazionale di Legacoop Giuliano Poletti, oggi ministro del Lavoro, consegnava premi a Unieco per i bilanci sociali e quelli contabili.

Nel suo portfolio ci sono lavori per l’Expo di Milano, la tangenziale est di Milano, l’area adiacente lo Juventus stadium di Torino, la tangenziale di Varese. E prima ancora la Tav e le stazioni dell’Alta velocità a Bologna e a Reggio Emilia. In diversi casi, come in quello della autostrada Brebemi, Unieco ha lavorato anche assieme alla sua coop ‘cugina’ reggiana, la Coopsette, che ha avuto stesso destino a fine 2015 quando è stata messa in liquidazione. Le due coop nel 2013 avevano anche provato a fondersi in un’unica grande coop rossa per superare la crisi. Ma la Unisette non era mai nata, visto che molti soci si erano opposti: e forse non sarebbe cambiato niente.

Perché nel frattempo tutto era andato bene fino a quando la crisi immobiliare e finanziaria della fine del decennio scorso non aveva eroso pian piano le basi di Unieco e nel 2013 il presidente Mauro Casoli aveva dovuto chiedere un concordato preventivo. I creditori avevano iniziato a presentarsi alle porte. Da lì, nonostante un cambio di dirigenza, il declino è stato inarrestabile. I fatturati hanno continuato la loro discesa, più che dimezzati in pochi anni, come il valore del patrimonio. E i debiti sono rimasti. Gran parte di questi, 100 milioni di euro, Unieco li deve proprio a Mps, l’istituto di credito più esposto nei confronti della coop reggiana. Tanto che Mps, ancora a gennaio 2017, aveva provato a salvare la coop senza riuscirci. Tra i cantieri ancora aperti dove Unieco lavora, e che ora potrebbero rischiare di fermarsi, ci sono la ex Manifattura Tabacchi di Lucca, gli ospedali di Genova, Monza, Fidenza e Guastalla. Dove l’azienda lavora con altre imprese, saranno queste ultime con tutta probabilità a rilevare la quota dei lavori e a evitare lo stop. Più complicata la questione nei cantieri gestiti direttamente da Unieco.

“Senza voler fare eccessive polemiche – ha commentato Maurizio Landini, segretario della Fiom e reggiano – con il fallimento di Unieco siamo all’atto conclusivo di una esperienza tragica per il movimento cooperativo”. Intanto proprio nei giorni della fine della coop, la procura della Repubblica di Reggio Emilia ha chiesto il rinvio a giudizio per 44 persone fra cui Mauro Casoli, ex numero uno di Unieco, all’interno di un’indagine su presunte false fatturazioni emesse da 43 artigiani nei confronti della stessa coop. A riportarlo è stata la Gazzetta di Reggio. Secondo l’accusa, le fatture sarebbero servite alla coop per pagare meno tasse a fine anno e i lavori sarebbero stati in parte inesistenti nella realtà. I fatti sono risalenti al 2008-2010 quando Casoli era anche legale rappresentante di Unieco. E tra gli artigiani indagati, che lavoravano in gran parte consorziati (le fatture contestate sono una decina per circa 1,7 milioni di euro) ce ne sono anche tre coinvolti alcuni anni dopo nell’inchiesta Aemilia sulla ‘ndrangheta a Reggio. Un processo ancora in corso, anche se – va chiarito – nell’inchiesta che vede indagato Casoli non ci sono contestazioni di mafia, né intrecci con l’inchiesta Aemilia.

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