Donne

Depressione, il delicato momento del “post partum” nella vita di una donna

di Federica Rastelli* 

Cos’è il post partum, o meglio cosa rappresenta nella vita di una donna? Cercando sui motori di ricerca, i risultati che emergono fanno riferimento quasi esclusivamente al tema della depressione, condizione che viene portata spesso alla ribalta da drammatici fatti di cronaca che vedono come protagoniste donne che compiono gesti estremi. Per capire meglio come si intreccino queste due dimensioni, vorrei partire da un’esperienza personale.

Pochi mesi dopo il parto ho frequentato un’associazione di ostetriche che, tra le varie iniziative, organizzava uno “spazio mamme” gratuito in cui principalmente le neo mamme, ma anche chi era in procinto di diventarlo, potevano incontrarsi per parlare di problemi, dubbi, difficoltà. Entrare in rapporto con queste esperienze mi ha spinto ad avviare una riflessione sui vissuti e le emozioni che circolavano in questo spazio di confronto e condivisione.

Queste donne parlavano di ritmi di vita completamente stravolti, a completa disposizione del neonato, di giornate cadenzate dalle innumerevoli poppate, di un’assenza di tempo per prepararsi da mangiare o prendersi cura di sé, di preoccupazioni continue rispetto alla crescita più o meno “normale” del proprio figlio. Il rapporto con il neonato non era l’unico ad essere nominato: si parlava anche di rapporti familiari, soprattutto quelli con le parenti donne (nonne, zie, sorelle, ecc), tutti focalizzati su direttive concernenti il come, quanto e dove: come bisognerebbe allattare e per quanto tempo, quanto dovrebbe dormire, quanto dovrebbe mangiare, dove sarebbe il caso che dormisse, quanto dovrebbe pesare, ecc.

Quelli che venivano spacciati per consigli, assumevano piuttosto la forma di regole, le migliori e più giuste, perché proposte da chi aveva una maggiore esperienza sul campo.

In questi rapporti non sembrava esserci spazio per i desideri e i vissuti delle madri: ogni questione in famiglia si riduceva a un “è così che si fa, te lo dico io da esperta”.

Nello “spazio mamme” le emozioni circolavano, eccome: quello di cui parlavano era un vissuto di inadeguatezza e di solitudine, di grande implicazione e allo stesso tempo di paura e annullamento dentro un rapporto di dipendenza completamente nuovo.

Quando entrano in gioco regole da rispettare in nome di comportamenti giusti normali, diventa difficile poter esprimere i propri stati d’animo, come ad esempio l’emozione di sentirsi vulnerabili e stravolte in una fase tanto complicata della propria vita: parlo di una donna, appena diventata madre, che potrebbe ritrovarsi a provare emozioni contraddittorie, faticose da condividere in una società che molto spesso prescrive il modo in cui andrebbero vissuti certi eventi.

Credo che lo spazio all’interno dell’associazione abbia svolto l’importante funzione di rispondere alla solitudine emozionale delle neomamme, mettendole in rete tra loro: faccio l’ipotesi che condividere le proprie difficoltà e i propri problemi avesse a che fare con il desiderio di parlare delle proprie emozioni e di sentirle accolte, sperimentando una vicinanza, piuttosto che con la richiesta di trovare soluzioni concrete.

Stare in rete ha significato abbandonare quelle fantasie di inadeguatezza: nello “spazio mamme” queste donne cercavano, nei racconti delle altre, esperienze simili, per potersi dire che non erano le uniche a sentirsi in quel modo. Era l’espressione e la condivisione dei vissuti a sortire effetti rassicuranti e rasserenanti.

L’associazione proponeva inoltre uno “spazio papà”: mi è sembrata molto interessante questa proposta, nel tentativo di non dare per scontato che il “post partum” rappresentasse una questione per sole donne, ma piuttosto una fase di vita che appartiene a chi vive l’esperienza della nascita di un figlio.

In questo senso, la proposta potrebbe essere quella di guardare al “post partum” non come un problema che appartiene al singolo, principalmente alla donna, ma piuttosto come un’esperienza di vita densa di emozioni e vissuti che è importante riconoscere e rileggere all’interno del proprio sistema di rapporti.

*Federica Rastelli è psicologa e psicoterapeuta