Società

Droghe, il consumo aumenta tra i giovanissimi. Ma gli allarmismi servono solo a rimandare la legge

In concomitanza con l’iter legislativo che mai come questa volta si è appropinquato alla reale possibilità di essere discusso, sui giornali e in televisione sono, con regolare frequenza, comparsi articoli allarmisti su tipologie di cannabis particolarmente potenti, droghe sintetiche o artigianali, intrugli magici che, parrebbero rappresentare la nuova frontiera di sballi, a basso costo, e dalle conseguenze particolarmente nefaste.

Andiamo per ordine: esistono notizie che si avvicinano più alle bufale doc che alla cronaca ordinaria di un mondo sommerso che assume sostanze proibite. Gli articoli terroristici sul Krokodil che avrebbe invaso Milano, riportati poche settimane fa da Il Corriere della Sera, è annoverabile tra esse: non perché non esistano produzioni artigianali di desomorfina ma semplicemente perché non è sufficiente un sequestro o una segnalazione per amplificare, quasi fosse la nuova droga del futuro, questa sostanza o altre.

Periodicamente, in merito alla cannabis, si parla di principi attivi altissimi, geneticamente modificati, ibridi mixati con altre sostanze di maggiore pericolosità quasi tali consumi fossero la norma e non l’eccezione.

Continuando ad andare con ordine: sicuramente è vero che si è abbassata l’età di primo approccio con le sostanze legali e illegali. Ma questo è un fenomeno che, nel silenzio generale, i servizi per le dipendenze denunciano da anni. Con altrettanta sicurezza possiamo affermare che il principio attivo presente in non pochi sequestri di cannabis, in relazione a 30 anni fa, è mediamente più alto. Possiamo anche affermare che tra i consumi dei giovanissimi vi sono sostanze ancor più pericolose e che la dimenticata eroina ( o meglio le sostanze oppioidi ) sta godendo una seconda giovinezza anche se con modalità di assunzione diverse da una volta.

Altresì, credo sia agevole affermare che le sostanze, dall’alcol a quelle psicostimolanti hanno picchi di consumo e di diffusione molto preoccupanti tra le fasce giovanili e che il sistema dei servizi per le dipendenze si trova completamente impreparato nell’affrontarle. L’età media dei suoi operatori ne fa un sistema composto da gente anziana, non aggiornata e non formata in merito all’evoluzione dei fenomeni di abuso che però, ripeto, non sono questione dell’ultimo anno, ma affondano le origini a partire dai primi anni 2000. Il costo delle sostanze illegali si è abbassato recando con sé la possibilità di forme di poliabuso alla portata di molte tasche.

La spettacolarizzazione degli interventi repressivi in termini di irruzioni nelle scuole con cani anti droga sono speculari all’assenza di pensiero che da 20 anni accompagnano questo Paese in termini di piani nazionali di prevenzione e di modernizzazione dei servizi di cura. Si è fatta una precisa scelta: abbandonare i presidi territoriali che sull’ascolto e sulla presa in cura (non solo del diretto interessato, ma anche della famiglia) a favore di politiche securitarie di ordine pubblico che non solo sono straordinariamente inefficaci, ma ottengono l’unico risultato di aumentare l’allarmismo nei cittadini senza che a questi allarmi segua una analisi severa (nella metodologia) di ciò che sta accadendo.

Il frutto di una costante burocratizzazione dei sistemi di intervento con osservatori disgiunti tra le diverse agenzie che di droga si occupano unitamente a una cultura dell’emergenza che non permette di pianificare una strategia sul lungo periodo hanno posto in secondo piano l’autentica vera rivoluzione che il mondo delle sostanze legali e illegali ha operato in questi 20 anni. Le droghe si sono normalizzate a tal punto da rendere la lettura legata al disagio sociale una lettura monca di una parte importantissima. Le sostanze vengono utilizzate per cavalcare i processi sociali di inclusione a differenza di un tempo quando con le sostanze, volontariamente, ci si condannava a un processo di esclusione sociale. Ci si droga per stare al centro no per uscirne.

Il mondo giovanile segue questo processo: aderisce, compatto, alle liturgie della partecipazione che richiedono prestazioni sempre all’altezza e l’allontanamento del vuoto da sé mettendo in pratica, con l’ausilio delle sostanze ciò che Guj Debord predicava una infinità di anni or sono: “Se le persone non trovano ciò che desiderano, si accontentano di desiderare ciò che trovano”.