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Trasparenza, il Foia all’italiana è ignorato: “Il 73% delle amministrazioni non risponde alla richiesta di documenti”

L'associazione Diritto di Sapere ha testato la nuova legge e monitorato i risultati di 800 domande. Illegittimo un rifiuto su tre. Tra i più reticenti ospedali e ministeri. Il project manager dell'ong Claudio Cesarano: “Viene reso impossibile il controllo civico su come è gestito un servizio pagato dai cittadini". Ma chi risponde dà informazioni soddisfacenti nel 63% dei casi

Gran parte delle pubbliche amministrazioni se ne frega di una legge dello Stato. E’ questo il primo dato che risulta dal monitoraggio condotto dalla ong Diritto di Sapere sul Freedom of information act (Foia), la legge sulla trasparenza entrata in vigore quattro mesi fa per consentire a qualsiasi cittadino di richiedere l’accesso ai documenti detenuti da un comune, una regione, un ministero o qualsiasi altro ente pubblico. Delle 800 domande inviate da 56 volontari che hanno partecipato al progetto, ben sette su dieci non hanno ottenuto alcuna risposta entro i 30 giorni previsti dalla norma. E quando le risposte sono arrivate, ma con un rifiuto, in un caso su tre tale rifiuto era illegittimo. Ma c’è anche un aspetto positivo che viene sottolineato nel report che verrà presentato sabato mattina al Festival internazionale del giornalismo di Perugia: quando gli uffici pubblici hanno rispettato la nuova legge, ai richiedenti sono state messe a disposizione informazioni utili. Come nel caso della documentazione relativa al concorso per una cattedra all’università del Molise, che ha consentito alla giornalista del Fatto Quotidiano Elena Ciccarello di scoprire come il deputato del Pd Francesco Boccia avesse incluso nel suo curriculum una pubblicazione plagiata. In generale, tra le richieste che hanno ricevuto risposta, questa è risultata soddisfacente nel 63% dei casi.

“Ignoranza di Stato” – E’ questo il titolo che Diritto di sapere ha scelto per il rapporto, visto che nel 73% dei casi le amministrazioni pubbliche hanno ignorato l’introduzione del Foia, non degnandosi nemmeno di rispondere. E anche concedendo loro un po’ più di tempo, dopo 45 giorni la percentuale delle domande senza risposta è ancora al 53%. Particolarmente reticenti sono risultati gli ospedali (90% di richieste ignorate), le Asl (70%) e i ministeri (60%). “Un atteggiamento grave – sottolinea l’ong – soprattutto perché il Foia ha reso il silenzio amministrativo illegittimo”. Ma ignoranza, anche perché molte delle scuse accampate per negare le informazioni non tengono conto della legge, che prevede solo alcune eccezioni (come i casi di segreto di Stato o di violazione della privacy) al diritto dei cittadini di avere a disposizione qualsiasi documento senza dovere motivare la richiesta. Ignoranza, infine, perché alcuni dei volontari (tra di loro 18 giornalisti, 23 attivisti di associazioni come Greenpeace e Arcigay, oltre che 15 semplici cittadini) si sono trovati di fronte addirittura all’inconsapevolezza di cosa sia il Foia: “Scusi, è una società?”, ha per esempio chiesto al telefono un carabiniere che cercava di capire come gestire l’istanza.

Una pubblica amministrazione schizofrenica – C’è poi un altro aspetto che salta fuori dalle pagine del report. Anche di fronte a richieste simili, le amministrazioni non si comportano tutte allo stesso modo. E’ il caso delle richieste di accesso inviate dalla stessa Diritto di sapere per ottenere da alcune aziende di trasporto pubblico i reclami degli utenti con le relative risposte. Così, se la Gtt di Torino e l’Anm di Napoli hanno soddisfatto senza problemi la domanda, nessuna risposta è arrivata dall’Atac di Roma. Mentre l’Atm di Milano si è rifiutata di consegnare la documentazione sostenendo che ciò avrebbe causato “un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi economici e commerciali dell’azienda”, in quanto le risposte agli utenti contenevano elementi che “costituiscono il know how aziendale”. Un’argomentazione che non convince Claudio Cesarano, project manager della ong: “Così viene vietata la possibilità di esercitare un controllo civico su come è gestito un servizio pagato dai cittadini, esattamente ciò per cui è nato il Foia”.

 

Le raccomandazioni  Per tutti questi motivi, “quella testata negli ultimi mesi – si legge nel report – è certamente una legge migliorabile e non deve spaventare il pensiero di dover mettere mano a una norma relativamente recente”. Diritto di sapere chiede per esempio di introdurre un sistema di sanzioni per gli enti che non rispettano il Foia, mentre il governo dovrebbe richiamare tutti i funzionari pubblici al rispetto degli obblighi di legge e assicurare loro una formazione adeguata. Non mancano i suggerimenti nemmeno all’Anac di Raffaele Cantone, invitata a revisionare le sue linee guida sul Foia in modo da fornire alle pubbliche amministrazioni istruzioni più chiare sull’applicazione delle eccezioni.

I casi positivi  Di strada da fare sulla via della trasparenza, dunque, ce n’è ancora molta. Ma il monitoraggio sul Foia una buona notizia la dà, visto che alcune amministrazioni hanno fornito informazioni che in passato erano state negate, a fronte del classico accesso agli atti previsto dalla legge 241 del 1990. Così questa volta i volontari sono riusciti a recuperare gli scontrini delle spese di trasferta di alcuni presidenti regionali. Oppure, grazie a una richiesta a cui ha collaborato ilfattoquotidiano.it, le ricevute dei sindaci di Milano, Verona e Parma, in precedenza rifiutate. Così come all’associazione Antigone sono arrivate i documenti sulle ispezioni sanitarie realizzate dalle Asl lombarde in alcune carceri.

@gigi_gno