Quando la politica riacquista centralità e senso? Quando pensa. Quando si ferma e prende appunti utili per elaborare ciò che diventerà tesi o programma. Quello che sabato 8 aprile è successo a Ivrea è ciò che la politica ha smesso di fare da tempo: andare oltre il suo – diciamo così… – spazio di consumo solito, cioè le istituzioni. Nelle istituzioni si va con la dote di ciò che si ha, cioè si concretizza politicamente ciò che si è prima pensato politicamente.
Sabato a Ivrea non è stata solo l’occasione per dimostrare all’esterno che ciò che gravita attorno al Movimento Cinque Stelle ha una sua solidità (quanta propaganda nel confinare nel macchiettismo una forza politica vitale e autenticamente popolare, immune dallo snobismo) ma ha rappresentato l’occasione per sbirciare cosa c’è oltre la propria convinzione. Un esercizio di critica che, se proseguito, farà molto bene al Movimento stesso. I politici si logorano nelle loro convinzioni, se non presunzioni; mettersi in discussione è dunque una ripartenza tonificante. A maggior ragione per coloro che cercano un ricambio della rappresentanza.
“Non so cosa riusciremo a fare, dove arriveremo, come riusciremo a cambiare le cose”, più volte al termine della giornata Beppe Grillo ha usato queste parole. Lo ha fatto con gente che conosceva bene: forse solo io ero lo sconosciuto. Quindi non doveva né convincere nessuno, né spiegare oltre: si trovava con amici. Di questa domanda, di questo dubbio, io mi fido perché nella incertezza intellettuale c’è il senso e anche il tormento della politica che si interroga sulla società in costante trasformazione. Il tormento di dover prevedere, di dover anticipare, di dover essere attrezzato.
Non ho conosciuto Gianroberto Casaleggio e sabato ho incontrato per la prima volta il figlio, Davide. Anche in lui c’è lo stesso seme del dubbio di Grillo, ecco perché – ho capito – quei due caratteri apparentemente diversi non sono distanti. Non smorzare il dubbio non significa non significa girare a vuoto. Per quel poco che ho avuto modo di frequentare sia Grillo che Davide Casaleggio ho capito che sono attratti dalla contaminazione, dallo scambio. Altro che gente chiusa e fanatica delle loro idee. Hanno idee forti, sono pronti a metterle a disposizione accettando la sfida di governo, ma non pensano che le loro tesi siano il capolinea.
Dalla loro hanno questa grande fede nella tecnologia, nel miracolo del web. Io no. Per questo il mio trattino d’unione con costoro è l’antimodernità del sempre lucido Massimo Fini. E vi giuro che aver tirato tardi a parlare di grandi sfide è stato un fuori programma addirittura più interessante della già intensa giornata.