Grandi vittorie, grandi sconfitte: è la storia dell’Inter. Squadra “femmina, passionale e volubile”, come teorizzava Gianni Brera. O semplicemente “pazza”, come intona il suo inno. L’epica del Triplete di Mou, del campionato dei record di Trapattoni o della Grande Inter di Herrera. A fianco dei 17 anni senza scudetti, il 5 maggio, più in piccolo tutta una serie di figuracce memorabili, in Italia e in Europa: Mantova e Novara, Turun Pallousera, Lugano e Hapoel Beer Sheeva. Da ieri anche Crotone, una tappa in più negli annali delle figuracce nerazzurre.
L’ultimo lustro post Triplete, con l’addio di Mourinho, la lenta rifondazione (evidentemente ancora incompiuta) e il passaggio societario da Moratti ai cinesi passando per Thohir, è stato un vero e proprio calvario per i nerazzurri. Gasperini ha collezionato la prima sconfitta nella storia del campionato unico con una neopromossa (quell’incredibile 1-3 a Novara rimasto nella memoria dei tifosi); Stramaccioni ha stabilito il record di partite perse (16) nel dopo guerra; Mazzarri, e poi pure Mancini, hanno trasformato in realtà la celebre citazione di un film di Aldo, Giovanni e Giacomo (“Tu hai mai rischiato nella vita?” “Una volta: una volta ho messo due fisso a Inter-Cagliari”). Adesso anche Stefano Pioli è riuscito a entrare nella storia nerazzurra dal portone dei reietti. E così rischia di uscirne.
Crotone-Inter resterà nella memoria delle grandi figuracce nerazzurre, per forza di cose. Per la caratura delle due squadre, per la posizione in classifica (al fischio d’inizio c’erano 38 punti di differenza in graduatoria), per il valore delle formazioni in campo: a prescindere da come finisca la disperata rincorsa sull’Empoli (resa possibile solo dalla sconcertante stagione dei toscani, che in qualsiasi altro campionato sarebbero già retrocessi), dal punto di vista meramente tecnico i calabresi sono senza dubbio una delle compagini meno attrezzate viste in Serie A negli ultimi vent’anni. Vedere l’Inter di Icardi, del nazionale Candreva o di varie stelle internazionali come Perisic, Banega e Miranda, ha davvero dell’incredibile. Ma conferma, una volta di più, che nel calcio le motivazioni possono fare davvero la differenza. Quelle che aveva il piccolo Crotone, che ancora crede nel sogno salvezza. E che evidentemente non aveva l’Inter, che ha pagato il contraccolpo della sconfitta casalinga con la Samp, che ha di fatto messo fine alle speranze di qualificazioni in Champions dopo mesi di rimonta.
La partita dello Scida è tutta qui: inutile perdere tempo in disamine tattiche (l’assenza pesante di Gagliardini, la scelta di schierare Medel a centrocampo, il modulo con le due ali diventato alla lunga forse un po’ troppo prevedibile), perché a parità di condizioni mentali l’Inter avrebbe dovuto vincere pure con le riserve. Invece la sua instabilità, la sua follia, ha portato come già successo in passato ad un risultato storico. In negativo. Stavolta, però, il 2-1 di Crotone rischia di pesare non solo sul passato, ma anche sul futuro nerazzurro: può essere il crocevia negativo dell’avventura di Pioli. Ammettendo la mancata qualificazione in Champions, la sua conferma non era scontata ma rappresentava senz’altro un opzione credibile per la dirigenza. Senza nemmeno l’Europa League non lo sarebbe più: difficile tenere un allenatore dopo un settimo posto, un finale in calando, la disillusione e il malumore dei tifosi. Senza riscatto immediato (il derby pasquale sarà decisivo), il cambio sarà quasi obbligatorio. Con tutte le complicazioni del caso: buttar via quanto di buono costruito in questi primi (e ultimi?) cinque messi in nerazzurro; che sembrava essere poco, dopo l’inizio shock con De Boer. Ripartire ancora una volta da zero, senza alcuna certezza, nemmeno quella poco elettrizzante di Pioli. Una nuova rifondazione, sul campo e fuori, a livello tattico e mentale. L’ennesimo salto nel buio. Verso la prossima figuraccia nerazzurra, dopo quella di Crotone.