Secondo una serie di inchieste della Novaya Gazeta, decine di persone omosessuali sono state fermate e portate in una "prigione segreta" (nella foto) dove subiscono sevizie di ogni tipo. Finora sono almeno 3 le vittime. L'Associazione Radicale Certi Diritti scrive a Mogherini e Alfano: "Fermateli". Il portavoce del presidente ceceno: "Qui i gay non esistono"
Decine di persone omosessuali arrestate e portate in una “prigione segreta“, dove poi vengono torturate. Secondo una serie di inchieste pubblicate dal settimanale Novaya Gazeta (di cui riportiamo le foto esclusive), non si ferma in Cecenia la persecuzione contro i gay: una campagna che va avanti da fine febbraio ed è considerata senza precedenti in una regione, dove l’omofobia è particolarmente grave. Finora sono almeno tre le morti accertate, come rivelato di recente dal settimanale citando le testimonianze di diverse vittime, alcune delle quali rilasciate solo dopo il pagamento di un riscatto elevato da parte dei familiari. Sono “veri e propri campi di prigionia destinati agli omosessuali, dove uomini e ragazzi sequestrati dai corpi paramilitari subiscono sevizie di ogni tipo. Si parla di oltre 100 persone deportate”, denuncia l’Associazione Radicale Certi Diritti, che ha interpellato Federica Mogherini e Angelino Alfano per fare in modo che la diplomazia europea non resti a guardare.
Lo schema della persecuzione, che sembra abbia preso il via dopo l’arresto di una persona per consumo di stupefacenti con materiale pornografico nel cellulare, è sempre lo stesso: viene fermato un sospetto omosessuale, gli sequestrano il telefonino dove fotografie e contatti vengono usate per perseguirne altri, così come le informazioni estorte durante la detenzione. Poi l’arresto e la deportazione nella prigione in una località non lontana da Grozny di Argun, dove avvengono le torture. La seconda recente ondata di arresti è avvenuta dopo che l’ong GayRussia.ru aveva inoltrato richieste per il gay pride alle autorità di diverse località del Caucaso. Un modo, accusano i ceceni, per costruire un caso contro Mosca alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il gruppo di attivisti russo di San Pietroburgo Rete LGBT a fine marzo ha attivato un numero di emergenza, in cui ha raccolto la richiesta di aiuto di oltre dieci persone che chiedono di poter lasciare la regione. Il ministero degli Interni ceceno, da parte sua, ha liquidato come “un pesce di aprile mal riuscito” l’inchiesta di Novaya Gazeta sulla prima ondata di fermi. La direttrice di Human Rights Watch per la Russia, Tanya Lokshina, ha denunciato l’assenza di qualsiasi reazione da parte del Cremlino per la situazione critica della regione. Il portavoce del presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha sottolineato che in Cecenia non ci sono omosessuali. Se ci fossero, non sarebbe necessario arrestarli dato “che i loro stessi familiari li invierebbero in posti da cui non potrebbero fare ritorno“. Nel frattempo, in Russia il ministero della giustizia ha inserito nell’elenco dei materiali banditi perché estremisti anche le immagini con la caricatura del presidente Vladimir Putin truccato da drag queen.
Di fronte a questo quadro, Leonardo Monaco e Yuri Guaiana, rispettivamente segretario e responsabile questioni transnazionali dell’Associazione Radicale Certi Diritti, chiedono al ministero degli Esteri italiano e all’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza “il massimo impegno delle istituzioni affinché venga individuata e punita ciascuna violazione dei diritti umani”. “In particolare – si legge nella loro lettera – facendo pressione sul governo russo affinché dia immediatamente luogo a un’inchiesta sulla detenzione illegale di sospetti omosessuali in Cecenia, attivando tutte le iniziative urgenti necessarie per l’invio di osservatori internazionali nella regione e concedendo immediatamente asilo ai sopravvissuti e alle vittime potenziali di questa follia”. E concludono: “La necessità di preservare gli equilibri geopolitici con la Russia non insabbi il ricorso storico messo in atto dalle autorità cecene”.