Le ore passano, ma Igor il Russo, sospettato per gli omicidi di Budrio e di Portomaggiore, non si trova. I pm di Ferrara e di Bologna che lo cercano da 10 giorni sperano di prenderlo sfiancato. Potrebbe essere ferito, viste le tracce di sangue trovate sul Fiorino usato nei primi giorni della fuga. E poi la zona dove gli investigatori sono certi che si trovi sembra sigillata: posti di blocco praticamente ogni chilometro, un elicottero che va avanti e indietro. Nelle ultime ore si è arrivati anche a un’altra certezza: neppure il nome è certo. Forse bisognerà chiamarlo Ezechiele il Serbo. E forse da domani potrebbe chiamarsi in un altro modo e venire da un altro Paese. Di certo c’è che è dell’est Europa. L’uomo che ha beffato per due anni dello Stato ha molti alias. Nel 2015, uscito dal carcere, aveva aperto un profilo Facebook pieno di sue fotografie, a nome di Ezechiele Norberto Feher. Un profilo tra i cui amici risultava anche un certo Patric Ruszo, un ventenne già condannato in primo grado per la morte di Pier Luigi Tartari, una rapina finita con la morte del rapito nel settembre 2015.
Facciamo un passo indietro. In galera Igor-Ezechiele era finito nel 2011 per alcune rapine nel Ferrarese, con il nome di Igor Vaclavic, sedicente russo. Uscito dal carcere viene portato al Cie di Bari per essere espulso. È il primo maggio 2015: la Questura fa domanda alla Russia perché si riprenda il suo cittadino, che dice peraltro di essere stato un militare. Da Mosca rispondono di no. Non conoscono alcun Igor Vaclavic. La Questura chiede anche ad altri stati dell’est, ma niente da fare. Nessuno sembra riconoscerlo. È a quel punto che, scaduto il termine di un mese per il trattenimento, il Questore gli dà un ordine di allontanamento dal territorio nazionale. Al quale l’interessato disubbidisce. Igor-Ezechiele torna nel Ferrarese e, secondo gli investigatori, si rimette a fare rapine con Ruszo e altri. Per la procura di Ferrara il ‘Russo’ partecipa almeno in una o due occasioni, anche se non partecipa alla rapina contro Tartari, finita con la morte della vittima. E così, mentre Ezechiele continua a pubblicare post sui social, contro il suo alias Igor viene spiccato un mandato di cattura europeo. Che serve a poco.
L’omicidio di Budrio riporta sulle cronache il suo nome. Da subito per gli investigatori di Bologna coordinati dal pm Marco Forte quel profilo facebook è stata una delle tante piste per risalire all’assassino di Davide Fabbri, il barista freddato il 1 aprile. Igor-Ezechiele poteva essere uno dei tanti sospettati. Sabato sera però è arrivata la svolta: nelle stesse ore in cui nelle campagne di Portomaggiore (nel Ferrarese) Igor-Ezechiele spara al volontario di Legambiente Valerio Verri e alla guardia provinciale Marco Ravaglia (uccidendo il primo e ferendo il secondo), in procura a Bologna due persone lo riconoscono dalle foto come l’uomo con un fucile in spalla visto bazzicare vicino al bar di Fabbri. L’uomo sarebbe stato riconosciuto anche per l’omicidio di Verri su cui indaga il pm ferrarese Ciro Alberto Savino. Ora dunque manca solo la prova del 9. Se le impronte digitali e il dna ritrovati dovessero combaciare, si potrà dare un nome a quello che per ora è solo un codice criminale. A Ferrara è indagato come Igor, a Bologna come Ezechiele. E almeno essere certi al 100% che dietro i due delitti c’è sempre e solo lui.
Il comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette, sostiene che il ricercato potrebbe essere indagato in Serbia anche per una rapina con violenza sessuale. Del Sette è arrivato lunedì sera nella caserma di Molinella per fare il punto sulle ricerche dell’uomo, che continuano a spron battuto, ma senza esito. La paura è che braccato, ma ancora armato, Igor possa tornare in azione per provare a uscire dal cerchio in cui è chiuso dai crabinieri. E così anche il suo ex cappellano in carcere si mobilita per chiedergli di costituirsi: “Ti supplichiamo: costituisciti e reintegrati in una compagnia ecclesiale piena di accoglienza e di perdono. Noi ti chiamiamo fratello, e per sempre, e ti chiediamo di consegnarti ed evitare altre irreparabili tragedie e scontri”, ha scritto in una lettera don Antonio Bentivoglio assieme ai catechisti del penitenziario. Fu don Bentivoglio, riporta l’Ansa, a battezzare il serbo nel carcere dell’Arginone. E proprio con il nome di Ezechiele.