Per la prima volta i dirigenti sono pronti a bloccare gli istituti: tra le ragioni l’eccessiva burocratizzazione, la chiamata diretta fatta d’estate, il dover fare i reggenti su più istituti. E, in generale, gli strumenti inadeguati a svolgere le proprie funzioni. Così, a due anni dal varo de La Buona scuola, il malcontento dilaga anche ai livelli più alti degli istituti
La luna di miele tra dirigenti scolastici e Governo è finita. L’ex premier Matteo Renzi e l’ex ministro dell’Istruzione Stefania Giannini erano convinti di essersi accattivati almeno i dirigenti scolastici ma a quasi due anni dall’entrata in vigore della “Buona Scuola” i presidi non ne possono più dell’eccessiva burocratizzazione, della chiamata diretta fatta d’estate, di dover fare i reggenti su più istituti, di strumenti inadeguati a svolgere le proprie funzioni, di stipendi di 2300-2500 euro.
Per la prima volta dopo decenni sono pronti a bloccare gli istituti. A lanciare la battaglia è l’associazione nazionale presidi che su 7.500 capi d’istituto ha più di 3.600 iscritti. Nei giorni scorsi il presidente Giorgio Rembado ha proclamato lo stato di agitazione in tutt’Italia. Non capitava da parecchio tempo. La categoria dei dirigenti scolastici non è conosciuta per scioperi o proteste di piazza, ma stavolta promettono lotta dura. “Abbiamo fatto più di novanta assemblee in tutt’Italia a cui hanno partecipato – spiega il vice presidente Mario Rusconi – più di 2.500 colleghi. Sto ricevendo parecchie adesioni questo mi fa pensare che la protesta sarà massiccia”.
I presidi sono pronti ad opporsi alla valutazione che li riguarda rimandando al mittente la compilazione del portfolio. Quest’estate si rifiuteranno di stare in ufficio per adempiere alla funzione della chiamata diretta e non accetteranno più alcuna reggenza. Non solo. Il piano d’azione dell’Anp prevede il rifiuto o le dimissioni da incarichi non obbligatori affidati dall’amministrazione senza alcuna retribuzione. Infine, non forniranno al Miur alcun dato già in possesso ponendo un freno alle richieste immotivate di monitoraggio e di rivelazione.
Ed è proprio quest’ultimo punto che potrebbe creare problemi in vista del test Invalsi di maggio: ogni anno infatti vengono richiesti ai presidi dati che in realtà sono già in possesso dell’istituto nazionale di valutazione. “Ora basta con queste molestie burocratiche! Le incombenze che ci sono affidate oltre ad essere sproporzionate rispetto al nostro ruolo spesso ci costringono – racconta Rusconi – a fornire numeri al ministero che sono già in loro possesso”.
In merito alla valutazione il vice presidente dell’Anp chiarisce: “Noi non siamo mai stati contrari in maniera ideologica ma non vogliamo questo tipo di valutazione. Quali sono i parametri che vengono considerati? Il numero di alunni promossi? Non possono certo essere questi i criteri”. I dirigenti scolastici vogliono mandare un messaggio chiaro al Governo. Lo ha scritto anche Rembado nella missiva rivolta ai colleghi: “Da oggi comincia una stagione nuova. La misura è colma e il nostro senso di responsabilità, di cui a lungo si è abusato, non è più sufficiente ad arginare la collera”.
Parole pesanti che manifestano la rabbia dei presidi per una serie di insensibilità del Governo nei confronti dei loro confronti: dall’impossibilità di usufruire del bonus dei 500 euro previsti per gli insegnanti all’ingresso gratuito ai musei per i soli docenti deliberato proprio in questi giorni dal ministero dei Beni culturali.