In Italia aumenta il numero di suicidi. E anche il consumo di antidepressivi. Nel 2015 continua a salire il trend relativo alla prescrizione di questo tipo di farmaci. Se ne utilizzano di più in Toscana, nella provincia autonoma di Bolzano, in Liguria e in Umbria, mentre sono le regioni del Sud e le Isole, con l’eccezione della Sardegna, che presentano i valori più bassi di consumo. In particolare Basilicata, Campania, Puglia, Molise e Sicilia. È uno degli aspetti che emerge dal Rapporto Osservasalute 2016 sullo stato di salute della popolazione e sull’assistenza sanitaria nelle regioni italiane, pubblicato dall’Osservatorio nazionale dell’Università Cattolica di Roma. Nel quale si ricorda che per l’Organizzazione mondiale della Sanità la salute non è solo ‘assenza di malattia’, ma capacità “di sviluppare il proprio potenziale con ricadute positive sul contesto sociale”.
L’attuale congiuntura economica, con l’aumento della disoccupazione e la riduzione degli investimenti pubblici, insieme al processo di invecchiamento della popolazione, rende dunque necessario focalizzare l’attenzione sul benessere da mantenere in tutto l’arco della vita. E anche sulla salute mentale. Lo dimostrano anche i risultati del report dell’Osservatorio nazionale in merito ai suicidi: in Italia ci sono alcune ‘aree critiche’ e altre nelle quali (nonostante una situazione negativa per altri aspetti legati all’assistenza sanitaria) gli indicatori in questione hanno valori estremamente bassi.
I CRITERI DI ANALISI – Nel settembre 2015 i Paesi membri delle Nazioni Unite hanno approvato la nuova Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile e i relativi Sustainable Development Goals da raggiungere entro il 2030. Tra questi obiettivi vi è quello di “garantire una vita sana e promuovere il benessere per tutti a tutte le età”, da raggiungere anche attraverso “la promozione della salute mentale e del benessere”. E il tasso di suicidio è stato individuato come indicatore target per promuovere il raggiungimento di questo obiettivo. Ecco perché nel rapporto Osservasalute 2016 sono stati utilizzati tre criteri per analizzare la questione della salute mentale: il numero di soggetti dimessi nel corso dell’anno con una diagnosi di ‘disturbo mentale’, il consumo di farmaci antidepressivi e il numero di suicidi. La diminuzione dei ricoveri per disturbi psichici, rilevano gli autori del rapporto, rientra in una gestione diversa dell’assistenza per la salute mentale, ma è significativo che la variabilità regionale dei tassi di ricovero coincida con quanto emerge sul consumo di antidepressivi e suicidi, con alcune regioni che presentano valori superiori alla media nazionale.
L’USO DI DEPRESSIVI – Nel 2015 il consumo registrato per gli antidepressivi è stato pari a 39,60 dosi definite giornaliere per mille abitanti. Il trend relativo alle prescrizioni, dopo l’incremento costante registrato nel decennio precedente, sembrava aver raggiunto una fase di stabilità nel periodo 2011-2012, ma nel triennio successivo si è registrato un nuovo aumento. Nel 2015 i consumi più elevati ci sono stati in Toscana, nella provincia autonoma di Bolzano, in Liguria e in Umbria. Il fenomeno, in costante aumento su scala nazionale nel corso degli ultimi anni, può attribuirsi a numerose cause. Secondo l’Osservatorio sicuramente a “un diverso approccio culturale e a una maggiore sensibilità della società nei confronti della patologia depressiva, una maggiore attenzione dei medici generici nei confronti della patologia” e anche all’arrivo sul mercato farmaceutico “di nuovi principi attivi utilizzati anche per il controllo di disturbi psichiatrici non strettamente depressivi (come i disturbi di ansia)”.
SUICIDI: I DATI – Continua ad aumentare anche il numero di persone che si toglie la vita. Nel biennio 2012-2013, il tasso di mortalità per suicidio è stato pari a 8,06 per 100mila residenti di età maggiore o uguale a 15 anni. Si riscontra un leggero aumento rispetto agli anni precedenti. In termini assoluti, tra i residenti in Italia over 15 anni, nel 2012-2013 si sono tolte la vita 8.310 persone e, tra queste, gli uomini rappresentano il 77,6%. Per entrambi i generi, la mortalità per suicidio cresce con l’età ma, mentre per le donne raggiunge un plateau nella terza età, per gli uomini si registra un aumento esponenziale proprio in coincidenza con l’età al pensionamento “che, frequentemente – si spiega nel rapporto – coincide anche con il distacco dei figli dalla famiglia di origine”. Un’età accompagnata da eventi che spesso comportano “una riduzione dei ruoli sociali e un restringimento dell’ampiezza e densità delle reti di relazione”. Eppure, dal confronto con il biennio 2006-2007 precedente alla crisi del 2008 che ha dato avvio alla attuale congiuntura economica, si evidenzia negli ultimi dati disponibili un marcato aumento di suicidi anche tra gli uomini tra i 35 e i 64 anni, ossia in età lavorativa. Il rapporto, inoltre, sottolinea anche un’incidenza geografica con tassi, in generale, più elevati nelle regioni del Centro-Nord. I valori più alti? In Valle d’Aosta e Sardegna. Dal lato opposto i livelli più bassi si riscontrano in Campania e in Molise. La Valle d’Aosta registra una mortalità per suicidio pari a 3,4 volte quella di Molise e Campania e la Sardegna pari a 2,5 volte quelle delle due regioni. Ma se la provincia autonoma di Bolzano, la Valle d’Aosta e la Sardegna (solo per gli uomini) presentano un alto tasso di suicidi, è così anche per quel che riguarda i soggetti ricoverati per disturbi psichici e per disturbi correlati all’abuso di alcol. Nella provincia di Bolzano anche i valori tra i più elevati legati al consumo di farmaci antidepressivi. All’estremo opposto la Campania e la Calabria.
LA STRADA DA PERCORRERE – È attivo, presso l’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, un ‘Servizio per la prevenzione del suicidio’ che ha l’obiettivo di offrire sostegno alle persone che vogliono tentare, o hanno tentato in passato, di togliersi la vita, ma anche a quanti hanno perso una persona cara in questo modo. “Come indicato anche dall’Oms – spiega il rapporto – la malattia psichiatrica non è l’unico fattore di rischio per il suicidio, che va visto come la risultante di molti fattori di tipo genetico, psicosociale, biologico, individuale, culturale e ambientale. Depressione, abuso di alcol, disoccupazione, indebitamento e disuguaglianze sociali sono tutti fattori di rischio e sono tutti strettamente correlati tra loro. Basti pensare all’aumento di suicidi a partire dal 2008 tra gli uomini in età lavorativa di molti Paesi europei. Un fenomeno che ancora non si è arrestato e che è legato all’aumento della disoccupazione e l’insicurezza generata dalla paura di perdere il lavoro. “Ne consegue – concludono gli autori – che le politiche di prevenzione, per essere efficaci, non possano essere confinate al solo ambito sanitario, ma debbano prevedere un approccio multisettoriale che tenga conto dei potenziali fattori di pericolo a livello di contesto sociale, economico e relazionale.