Un parco archeologico di 120 ettari nel cuore della Roma popolare, trasformatosi da polmone verde a zona inquinata. Con tanto di incendi covanti dovuti alla combustione dei quintali di rifiuti sotterrati (copertoni, batterie di automobili ecc) misteriosamente a ridosso delle fungaie che attraversano il sottosuolo dell’area. L’ultimo episodio è avvenuto a cavallo fra gennaio e febbraio, e per ben 45 giorni ha preoccupato non poco le circa 200.000 persone che abitano nelle storiche borgate Centocelle, Quadraro, De Sanctis e Alessandrino. Ne è scaturita un’ordinanza firmata dalla sindaca Virginia Raggi, emessa il 10 febbraio 2017, che imponeva “entro 30 giorni” la “rimozione dei rifiuti posti in corrispondenza della rampa di accesso alla rete caveale” nonché la predisposizione di “un piano di bonifica complessiva del sottosuolo del Parco Archeologico di Centocelle e della rete delle cavità e dei cuniculi sottostanti che giungono fino alle civili abitazioni dei quartieri circostanti”. Ma tutto ciò ancora non è avvenuto, tanto da spingere i comitati locali e gli esponenti politici di opposizione a parlare di “ordinanza disattesa”. “Stiamo lavorando con puntualità e grande attenzione, e la prossima settimana si riunirà il tavolo tecnico per fare il punto e proseguire le attività propedeutiche alla bonifica”, si difende l’assessore capitolino all’Ambiente, Pinuccia Montanari; mentre fonti dell’assessorato spiegano: “E’ un lavoro troppo complesso per pretendere che venga fatto in 30 giorni”. Così, nel pomeriggio un nutrito gruppo di residenti – appartenenti al Coordinamento popolare Pac – ha protestato in piazza del Campidoglio e in Aula Giulio Cesare, per tentare di far sentire la propria voce e chiedere la “bonifica subito” di tutta l’area verde.

ROM, DEMOLITORI E LE BONIFICHE “SOSPETTE”
Fino al 1987 il parco faceva parte del “complesso aeroportuale di Centocelle”, poi ceduto gratuitamente al Comune di Roma dall’Aeronautica Militare, a cui seguì l’apposizione del vincolo storico-archeologico per via dei numerosi reperti e delle ville romane presenti. Fino al 2009, tuttavia, proprio nei 5 ettari “incriminati”, insisteva il ‘Casilino 900’, uno dei campi rom più grandi d’Europa con le sue 600 persone ospitate, creato nel lontano 1993 dall’amministrazione di Francesco Rutelli. L’area fu bonificata in seguito allo sgombero voluto dall’allora sindaco Gianni Alemanno: non è un mistero che i nomadi presenti nel campo usassero accumulare rifiuti e bruciarli o accatastarli in più parti. Tuttavia, anche secondo i residenti dei quartieri limitrofi, non è spiegabile come mai la bonifica effettuata allora non abbia permesso di smaltire l’immondizia, né come abbiano fatto gli stessi rom a “nascondere” quei rifiuti addirittura accumulandoli a profondità di 6-7 metri (nè ce ne sarebbe stato motivo). Non è tutto, perché una seconda bonifica dell’area è avvenuta nel 2015, quando un altro gruppo di nomadi aveva ricreato un insediamento abusivo, poi sgomberato: anche in quel caso, niente rifiuti. Lo stesso parco vincolato è preda da quasi 30 anni di decine di sfasciacarrozze, per i quali da almeno un decennio si sta cercando vanamente una soluzione per la delocalizzazione. Un iter che sembra infinito, mentre i cittadini da tempo denunciano pratiche poco ortodosse a livello ecologico da parte di alcuni di loro, fra oli esausti non smaltiti correttamente e ferraglia lasciata nel parco. A proposito di ciò, nel gennaio 2015 fu RomaToday.it a pubblicare le foto di una gigantesca buca in cui erano state gettate delle carcasse di automobili.

I DATI DELL’ARPA E LA PROTEZIONE CIVILE
Dopo l’ultimo episodio di incendi covanti, che ha portato alla scoperta dei rifiuti sotterrati e all’ordinanza di febbraio della sindaca Raggi, l’Arpa Lazio e l’Asl Roma 2 stanno ancora effettuando le analisi del sottosuolo e delle falde acquifere. Tuttavia, i primi dati che giungono non sono del tutto rassicuranti. I processi di combustione si sono estinti e l’inquinamento dell’aria non fa registrare concentrazioni superiori ai limiti per quanto riguarda Pm10, diossine e benzopirene. Tuttavia, “le analisi di laboratorio condotte sui campioni di falda prelevati da tre pozzi adiacenti all’area interessata hanno invece evidenziato il superamento dei limiti di legge per quanto riguarda i composti organo clorurati”. Va chiarito che l’acqua che arriva nei rubinetti dei romani fa capo ad Acea e all’acquedotto dell’Acqua Marcia, assolutamente sicura e controllata costantemente, “ma ci sono alcune attività nel parco, alcune frequentate da bambini – spiega Roberta Ricci, del comitato Pac – che attingono ai pozzi”. Non solo. La Protezione Civile ha tuttora reso inaccessibile i 5 ettari del parco dove sono stati ritrovati i rifiuti.

PREOCCUPAZIONE E DENUNCE
“Siamo qui per svegliare la sindaca e l’amministrazione comunale – afferma la portavoce del coordinamento durante la protesta in Campidoglio – perché dopo l’ordinanza non è seguita alcuna azione soddisfacente. Ora che i roghi si sono spenti, sono convinti che l’emergenza sia passata, in realtà quei fumi sono il sintomo, non il problema. I rifiuti sono sempre lì sotto e vanno rimossi. Noi vogliamo la bonifica immediata dell’area e pretendiamo che le istituzioni la finanzino adeguatamente”. Operazione che potrebbe arrivare a costare anche 10 milioni di euro. “Solo per l’area del cosiddetto ‘Canalone’, si stimano 1,2 milioni”, aggiunge Ricci. Al fianco dei cittadini l’ex capogruppo di Sel, oggi in area Mdp, Gianluca Peciola, che attacca: “L’ordinanza è stata disattesa, abbiamo già diffidato la sindaca e, senza risposte soddisfacenti partiranno le denunce”. In Procura, in realtà, ci è già andato Francesco Figliomeni, consigliere di Fratelli d’Italia: “Bisogna trovare subito nuove poste in bilancio, l’amministrazione deve operare subito”. A dispetto del comunicato rassicurante dell’assessore Montanari (“conosciamo bene la situazione del parco archeologico che da più di venti anni non ha visto interventi da parte dell’Amministrazione”), arriva anche una sollecitazione interna, con il presidente della Commissione Ambiente, Daniele Diaco, che dichiara: “Il Parco Archeologico di Centocelle è la terra dei fuochi romana. La prossima settimana proporremo la costituzione di un tavolo interistituzionale con Regione Lazio e Ministero dell’Ambiente”.

I TIMORI PER IL “PENTAGONO ITALIANO”
L’emergenza “terra dei fuochi” nella zona arriva pochi giorni dopo le dichiarazioni rilasciate a Repubblica dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che ha parlato del progetto di un “pentagono italiano” proprio nell’area dell’ex Aeroporto di Centocelle. Un “obiettivo sensibile nel cuore di Roma”, secondo i residenti, che chiedono a Virginia Raggi di opporsi anche a questo piano governativo. “Parliamo di un progetto folle – insiste ancora Peciola – che andrebbe a collocarsi proprio accanto al già presente Comando Operativo di Vertice Interforze chiedendo l’occupazione di un ulteriore porzione di 5 ettari del Parco Archeologico”. “Trovo ancora più incredibile e deludente – attacca l’ex capogruppo di Sel – che di fronte a questo piano terrificante gli amministratori locali non solo non riferiscano direttamente ai cittadini con trasparenza e tempestività quanto sta accadendo, ma se ne rendano complici effettuando sopralluoghi tecnici con i referenti preposti”.

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